I cento anni di un poeta a San Francisco
C’è un poeta, nella città di San Francesco, sulla sponda dell’oceano più grande del mondo, che sta vivendo da cento anni. Il «piccolo ragazzo», figlio di un migrante di Brescia (ma non conoscerà il padre Carlo, ne rimarrà orfano prima di nascere) e di una portoghese, ebrea sefardita, ha vissuto un secolo. È nato il 24 marzo del 1919. La madre non poteva tenerlo con sé, il bambino venne adottato dalle zie.
Lawrence Ferlinghetti raccontò così l’incontro dei suoi genitori avvenuto nel luna park di Brooklin: «Guidando senza patente un'auto di cartone/al volgere del secolo/mio padre cozzò contro mia madre/su un autoscontro a Coney Island/dopo che si erano sbirciati mangiando/in una pensioncina francese lì nei pressi/E avendo seduta stante deciso/che era tutta per lui/la seguì nel/luna park di quella sera/dove l'incontro veemente/della loro effimera carne su ruote/li fece urtare per sempre». A Coney Island of the mind, pubblicato nel 1958, ha venduto oltre un milione di copie.
Lawrence è sopravvissuto allo sbarco in Normandia e alle radiazioni atomiche di Nagasaki (entrò nella città meno di due mesi dopo la bomba atomica): «Vidi l’inferno in Terra, in un attimo e per tutto il resto della mia vita divenni un pacifista».
Studiò giornalismo a New York, Flaubert a Parigi, al ritorno negli Stati Uniti andò a vivere nella città più lontana. A San Francisco dell’oceano. Amò gli anarchici italiani, aprì, assieme a un amico, con mille dollari, una libreria. E la chiamarono con il nome del film di Charlie Chaplin: «City Lights», Luci della Città. Era il 1953. Per fortuna, erano lontani i tempi dei consulenti finanziari: nessuno dissuase i due ragazzi da fondare una folle casa editrice.
La City Lights cominciò a pubblicare libri a basso costo, edizioni povere e belle. Poesie nella collana Pocket Poets Series. Lawrence andava in cerca di gente che era sempre in movimento, inquieta, sopra le righe, sgangherata. Oppure erano i poeti che si imbattevano in lui, attraversavano l’America, Highway 66, per raggiungerlo in California. Senza la City Lights non vi sarebbe stata la Beat Generation. Lawrence ha cambiato l’America. E un pezzo di mondo. Ha cambiato noi, che siamo arrivati una generazione dopo. Non avremmo letto William Borroughs e Jack Kerouac, non ci saremmo messi in cammino. Ferlinghetti finì in galera per aver pubblicato, quarto titolo della collana dei poeti, Howl, Urlo, di Allen Ginsberg. I saw the my best minds of my generations…
In quell’America si finiva in prigione per una poesia. Venne processato per oscenità. Si difese da solo e, sempre in quell’America, un giudice condannò una società perbenista e mandò libero quel poeta.
La sua libreria adesso ha tre piani, apre alle dieci del mattino, chiude a mezzanotte. È in 261, Colombus Avenue. Conservo, come una reliquia, il sacchetto di carta rosso mattone nel quale, alla City Lights, mi misero un libro comprato una mattina di molti anni fa.
Lawrence non ha mai smesso di scrivere. Leggete una sua poesia nei giorni che scorrono attorno al 24 di marzo. Leggetela, ricopiatela, mandatela agli amici.
(nella foto, un particolare di un murale della Coit Tower di San Francisco del 1933, con l’insegna del film di Chaplin al quale Ferlinghetti si ispirò)