Nicaragua, la poesia è in lutto
Da quindici anni, a febbraio, un centinaio di poeti e migliaia di uomini e donne si ritrovavano in un piccolo Paese del Centroamerica. In Nicaragua, nella bella città di Granada, si riunivano poeti di mezzo mondo per uno dei più importanti festival di poesia del mondo.
Quest’anno non accadrà. Nessuno leggerà poesie in piazza Indipendenza, a fianco della grande chiesa, nessuno si fermerà ad ascoltare un poeta palestinese leggere le sue poesie a una piccola folla latinoamericana o una poeta filippina cantare i suoi versi. Nessun poeta agli angoli delle strade a far conoscere le sue pagine. La poesia ha scelto il silenzio. «Le poesia está en duelo», ha scritto Gioconda Belli, la più celebre fra le scrittrici del Nicaragua. La poesia è in lutto. Proprio in un Paese in cui la poesia è parte reale di una cultura popolare e frammento della vita di ogni giorno. A Managua, se vogliamo essere affettuosi, ci si saluta dicendoci: «Hola, poeta».
I poeti sono stati il canto della Rivoluzione che, quaranta anni fa, abbatté una feroce tirannia. Quest’anno taceranno. Non ci sarà il festival. Troppo dolore in Nicaragua, troppe vittime, troppi ragazzi in fuga, in esilio, troppi prigionieri. Troppi giornalisti perseguitati. Poco meno di un anno fa, il Paese è insorto contro la nuova tirannia, la dittatura dei vecchi rivoluzionari. La chiesa è stata a fianco delle ribellioni. Ha cercato mediazioni, è stata perseguitata. In questi mesi, la repressione è stata spietata: centinaia di morti e di esiliati. Non poteva esserci una nuova edizione del festival di Granada. Non si accenderanno i microfoni nella piazza di Granada. «Non può esserci poesia in un momento in cui il paese è sprofondato nella violenza», scrive Gioconda Belli.
Non c’è niente da festeggiare, dicono i poeti. Hanno ragione. Ma allo stesso tempo coltivano speranze e futuro, non smettono di scrivere, sono ancora in prima fila, accanto ai ragazzi. «Los de antes ya no somos necesarios. Se hereda el ardor contra los tiranos», scrive ancora Gioconda. «Quelli di prima non siamo necessari, si eredita l’ardore contro il tiranno». «No se diga que mi tiempo fue inutil», ha scritto nelle sue memorie la poeta Vidaluz Meneses: no, non verrà detto che fu una Rivoluzione «inutile». Ma è tristezza, il silenzio del festival, la poesia è un antidoto contro la violenza. Non si poteva fare altrimenti. E allora leggiamo noi i poeti del Nicaragua. Leggiamo i grandi vecchi (Ernesto Cardenal, Gioconda Belli, Carlos Martinez Rivas...), leggiamo i giovani (Marcel Jaentshcke, Enrique Delgadillo, Francisco Ruiz Udiel…). Leggiamo la poesia, perché arrivi in quella piazza vuota di Granada.
(nella foto: i poeti che lo scorso anno parteciparono al Festival di Granada si godono la bellezza del Lago Cocibolca)