I libri con le ruote
Fin dai tempi più antichi, la biblioteca – quella di Alessandria è probabilmente la più famosa – è stata vissuta come il luogo della cultura per eccellenza, l’archivio del sapere di ogni civiltà, la fonte della conoscenza e della memoria, toccando trasversalmente il mondo latino, quello islamico e l’Oriente.
Il ruolo sociale della biblioteca si è rafforzato a partire dall’Ottocento, grazie alla progressiva crescita della scolarizzazione, soprattutto in Occidente. Ma è nel Novecento che la biblioteca si è sdoganata da una vetusta connotazione elitaria per diventare finalmente la porta d’accesso universale al sapere. Si è compiuta così la «democratizzazione della cultura».
La digitalizzazione della gestione delle biblioteche, le ha trasformate in estensioni permanenti delle nostre sinapsi, insidiate solo dalla presunta onniscienza di internet che, tra semplificazioni e marchiani strafalcioni, è tutt’altro che la quintessenza del sapere. Forse per questo la biblioteca tradizionale ha saputo riconquistarsi un ruolo di autorevolezza. È uscita dal suo angusto e talvolta asfissiante perimetro ideologico e funzionale per cercare i propri lettori ovunque.
Le biblioteche itineranti, che in Italia sono diventate un vero e proprio fenomeno di tendenza, in realtà in altri Paesi del mondo sono diffuse da tempo: dalla Francia al Giappone, dall’India al Canada, dal Ghana alla Svezia. Secondo alcune fonti, la prima biblioteca mobile al mondo è nata in Gran Bretagna nel 1857 grazie al filantropo George Moore che portava i libri in giro con un carro tirato da un cavallo, tra i villaggi dell’Inghilterra Nord-occidentale.
Altre fonti attribuiscono questo primato alla Biblioteca ambulante di Warrington, allestita grazie a una raccolta fondi degli abitanti di questa città del Cheshire, e avviata il 15 novembre 1858. L’idea ebbe successo a tal punto che poi prese piede anche oltreoceano tra i «cugini» americani. Qui pare che la prima biblioteca mobile sia stata quella di Mary Titcomb che con un carro tirato da un cavallo, dal 1905 al 1910, consegnava i libri della Biblioteca pubblica di Washington DC nelle aree rurali del vicino Maryland.
A partire dagli anni Venti, alle isole Hawaii, non ancora entrate a far parte degli Stati Uniti come cinquantesimo membro della Federazione, operò un servizio di biblioteca mobile curato dalla Biblioteca delle Hawaii. Il primo veicolo prese servizio nell’isola di Maui nel 1926. In pochi anni la flotta dei mezzi si ampliò per coprire la crescente domanda degli abitanti.
La tradizione non si è mai interrotta negli States. A Portland, città dell’Oregon, sono nati di recente gli Street Books. Ogni settimana alcuni volontari, con le loro bici, distribuiscono i libri ai senzatetto. All’inizio gli immancabili critici non si capacitavano di come si potessero prestare dei libri a persone che non hanno un indirizzo a cui poter fare riferimento in caso di mancata restituzione. Ma il pragmatismo si è ben presto scontrato con la realtà. E gli abitanti di Portland hanno scoperto nei senzatetto una comunità di incalliti lettori che per avere un nuovo libro devono restituire il precedente.
In India, le biblioteche mobili appaiono fin dagli anni Trenta del secolo scorso. Il primo veicolo-biblioteca è un carro trainato dai buoi appositamente disegnato dall’ingegner Kanakasabhai Pillai per portare i libri nei villaggi remoti della municipalità di Mannargudi, nell’attuale Stato meridionale del Tamil Nadu. La scelta dei titoli non era casuale perché Pillai aveva intuito che nei periodi in cui i contadini non avevano molto lavoro nei campi, limitarsi a fornire loro – come avveniva – un’istruzione di base, non era sufficiente. Occorreva anche aggiornarli per migliorarne le competenze. Ecco allora che il carro-biblioteca di Pillai prestava libri che spiegavano come coltivare meglio orti e piantagioni, come allevare api, costruire capanni e case rurali, e come incrementare le entrate economiche.
In Iran, negli anni Settanta, Mohammad Bahman Beigi dedicò la sua vita all’educazione delle comunità nomadi dei Qashqai e, quando visitava i villaggi nel deserto, portava loro i libri con il suo fuoristrada.
A trovarsi isolati non erano solo i contadini indiani o i nomadi iraniani, ma anche le casalinghe della Nuova Zelanda. Così, negli anni Cinquanta del Novecento l’autobus-biblioteca Gertie iniziò a girare nella zona di Dunedin City. Ospitava fino a un migliaio di libri di cucina e di economia domestica, e tanti titoli per l’infanzia.
Le biblioteche viaggianti hanno conosciuto un successo strepitoso soprattutto in Scandinavia, a partire dagli anni Cinquanta. In Finlandia, per esempio, nella città di Oulu, con l’avvio del primo servizio di biblioteca mobile, si arrivarono a prestare, in pochi giorni, oltre 7.500 libri. Più di quelli della Biblioteca della città. Durante il primo anno di attività, grazie alla biblioteca mobile, furono prestati oltre 176 mila libri. Un record ancora oggi imbattuto.
In alcune regioni del mondo, la biblioteca viaggiante è l’unico mezzo che gli abitanti hanno per avvicinarsi al sapere. E chi sostiene che la cultura non si addice ai somari, dovrà ricredersi. Come nel caso del Biblioburro: burro in spagnolo significa «asino». Siamo in Colombia. Qui, fin dagli anni Novanta del secolo scorso, Luis Humberto Soriano Bohórquez, conosciuto da tutti come «el profesor», porta in zone sperdute, con i suoi quadrupedi Alfa e Beto, un bel po’ di libri.
In Italia le autolinee Curcio di Polla, nel salernitano, hanno avviato da tre anni, l’esperienza del «Bookbus». I passeggeri che viaggiano sulle tratte Campania-Roma e Campania-Toscana possono chiedere in prestito all’autista un libro. Hanno un’ampia scelta: da Dumas a Kafka, da Pirandello a Shakespeare. E lo restituiscono all’arrivo. Nel 2016 è stata lanciata con successo anche l’iniziativa «Viaggio d’autore»: uno scrittore ogni volta diverso viaggia con gli altri passeggeri parlando e discutendo del proprio libro.