«Il Cammino di Sant’Antonio»: pellegrini sui passi del Santo
«Il Cammino di Sant'Antonio» è uno degli itinerari di pellegrinaggio “a piedi” o “in bicicletta”(mountain-bike) più interessanti e ricchi di storia e spiritualità, oltre che di grande interesse naturalistico e paesaggistico, della nostra bella Italia. Ogni anno è percorso da tanti pellegrini e devoti, sia italiani sia stranieri che, zaino in spalla, ricalcano le orme del Santo, toccando alcuni luoghi segnati dal suo carismatico passaggio. Esso si presenta in due segmenti complementari ( detti “ultimo” e “lungo cammino”) uniti in un unico grande itinerario.
Un breve tratto iniziale di 24 Km ( «Ultimo Cammino») conduce, infatti, i pellegrini dai Santuari Antoniani di Camposampiero (Pd) fino alla meravigliosa Basilica in Padova rinnovando in tal modo i passi del Santo nell’ultimo giorno della sua vita terrena ( 13 giugno 1231).
Su questo percorso ritorna anche quest'anno, promosso da noi frati, il pellegrinaggio per i giovani e tutti i devoti che si svolgerà nella notte tra sabato 28 e domenica 29 maggio. Si partirà in tarda serata dai Santuari Antoniani di Camposampiero, (località facilmente raggiungibile in treno): qui Antonio ebbe le famose visioni del Bambino Gesù. Ormai all'alba, il cammino toccherà il Santuario dell'Arcella alla periferia di Padova dove Antonio andò incontro a sorella morte e quindi giungeremo alla meravigliosa Basilica che ne custodisce la tomba. (Per le iscrizioni e il programma aggiornato vedi il sito ufficiale).
Ma dalla Basilica, è possibile poi ancora proseguire («Lungo Cammino» in 21 tappe per un totale di 450 Km) verso la grande pianura in direzione Rovigo, Ferrara e Bologna e, attraversando l’appennino Tosco-Emiliano, giungere come meta finale al mistico Santuario della Verna (Ar) luogo di ripetuti soggiorni e passaggi del Santo.
Il cammino, metafora della vita
“Il Cammino di Sant’Antonio” si inserisce nella grande tradizione francescana dell’itineranza, dell’andare, dell’annunciare, testimoniata dal Poverello di Assisi e fatta propria dal Santo e, nei secoli successivi, dal pellegrinare “a piedi” di tanti frati e devoti accorrenti alla sua tomba e sui luoghi segnati dal suo passaggio. Si tratta di un gesto di devozione e di grande carica spirituale mai venuto meno, nonostante i mutamenti storici e il cambio delle sensibilità, riaffiorato prepotentemente in anni recenti anche grazie al forte richiamo di altri grandi itinerari come il Cammino di Santiago. Vi è però anche il desiderio dell’uomo contemporaneo di riappropriarsi del tempo con ritmi più lenti, di prestare ascolto ai richiami dell’anima, di gustare spazi e modalità di vivere in maggiore semplicità e libertà, di condividere esperienze di essenzialità e bellezza immersi nella natura, di sperimentare relazioni umane più vere e dirette.
Il pellegrinaggio “a piedi”, al riguardo, offre per intero tutti questi elementi di “vita buona”, spesso dimenticati nella frenesia e nell’artificiosità di una quotidianità tecnologica e frenetica che tutti un po’ ci opprime e isola. La strada, il cammino, il pellegrinare diventano allora anche metafora della vita, esprimendo a pieno il bisogno da sempre nascosto nel cuore dell’uomo di verità, libertà, bellezza e bontà e comunione: il bisogno di Dio... Compiere il cammino accanto alla figura del Santo, guidati e attratti da lui, è dunque regalarsi una profondissima e indimenticabile esperienza umana e spirituale.
Sant’Antonio compagno di strada
Se «Il cammino di Sant’Antonio» è, per il pellegrino, un percorso interiore, quasi a ritroso verso ciò che è davvero essenziale e necessario, per certi aspetti, questa “purificazione” avviene anche per la figura stessa di sant’Antonio. Infatti, dalla gloria e dallo splendore della Basilica patavina e dai titoli altisonanti a lui attribuiti (il Santo, taumaturgo, dottore, defensor civitatis), via via, passo dopo passo, è proprio lungo la strada che frate Antonio si fa conoscere al pellegrino in modo più autentico e vero.
Eccolo vicino e fratello nella comune fatica del camminare. Onnipresente nei tanti capitelli di campagna come quasi in ogni chiesa visitata, se ne invoca l’aiuto nei tratti di strada e di vita più difficili e duri. Lo si scorge nei muri delle città da lui attraversate (Monselice, Ferrara…) e segnate dai suoi miracoli; lo incontriamo a Bologna come dotto e umile insegnante di teologia ai frati; lo rivediamo a Forlì nella sua ardente predicazione; silenzioso e orante all’eremo di Montepaolo, tutto dedito al lavoro e alla contemplazione. Eccolo bussare alla porta dei monaci di Camaldoli chiedendo ospitalità dopo avere attraversato le foreste casentinesi; in ginocchio e in visione nella grotta delle stimmate alla Verna. Sant’Antonio, un autentico compagno e amico che sulla strada ama svelarsi e farsi prossimo!
Fra cielo e terra
Il Cammino di sant’Antonio regala però anche altre fortissime emozioni agli occhi e al cuore del pellegrino. Ecco, alla partenza da Camposampiero la cella della Visione e il santuario del Noce; a Padova sono le “aeree cupole del Santo” (G. Carducci) ad accoglierci e condurci alla tomba di sant’Antonio, fra mirabili sculture rinascimentali (Sansovino, Lombardo), mentre dall’alto il Crocifisso bronzeo del Donatello ci rivolge il suo sguardo di amore e perdono. E poi via…a piedi veloci, seguendo le frecce onnipresenti e con la Credenziale alla mano dove apporre i fatidici timbri. I dolci Colli Euganei ci ricordano la poesia del Petrarca che qui soggiornò gli ultimi giorni della sua esistenza e ci introducono all’immenso orizzonte di campi, acqua e cielo che ci accompagnerà da qui almeno fino a Bologna. Borghi dispersi e piccoli paesi si alternano a quiete città come Rovigo e al suo antico santuario mariano (Santa Maria del Soccorso) insieme a perle d’arte come Ferrara, racchiusa gelosamente nella cerchia delle mura estensi. In questo primo tratto del cammino il vero protagonista è il grande fiume, il Po, che si costeggia a lungo sugli alti argini da cui lo sguardo si distende all’infinito verso la vasta pianura polesana. Giungere a Bologna è ritrovare il sapore della grande città, dopo giorni di cammino tra i campi, ma anche ammirarne il ricco patrimonio artistico e religioso: san Petronio, san Domenico, le sue famose torri e i suoi portici...
D’ora innanzi però il panorama cambia decisamente: l’Appennino sconosciuto e pressoché intatto nella sua natura incontaminata e selvaggia si offre al pellegrino non appena lasciata la città e ne costituirà l’ambiente quotidiano fino alla meta. Il Parco dei Gessi Bolognesi e dei calanchi dell’Abbadessa ne sono la prima tappa, ricca di forme erosive spettacolari e di cavità, rifugio per specie vegetali e animali di notevole interesse naturalistico. Alte colline mediterranee, altipiani, rupi rocciose si alternano a campi pianeggianti che trovano la loro estensione tra calanchi argillosi, i calanchi del Passo dell'Abbadessa, modellando così paesaggi di grande impatto e bellezza. Nel mezzo, paesini rurali e vecchi poderi diroccati ci riportano a riti e famiglie e tradizioni ormai finite, segnate da una fede forte e dal duro lavoro di salariati e mezzadri per avere un tozzo di pane. Ecco poi il Parco della Vena del Gesso Romagnola, che solca le colline romagnole dalla valle del Sillaro fino all’antico borgo di Brisighella: una spettacolare dorsale gessosa, grigio argentea, che interrompe bruscamente i dolci profili collinari conferendo un aspetto unico al paesaggio. Dal castello di Tossignano, la direzione è al Parco del Carnè, nei cui boschi solitari non è raro imbattersi in volpi, istrici e cinghiali, dove il guardiano racconta di passaggi notturni di lupi. Quando il pellegrino giunge a Montepaolo (FC), eremo in cui Sant’Antonio soggiorna per un anno appena giunto in Italia, non mancano le lacrime: ha già fatto molta strada, ma con il Santo al suo fianco è giunto in questo luogo benedetto! Resta ora da affrontare l’ultimo tratto (otto tappe) contrassegnato in gran parte dall’attraversamento del Parco delle Foreste Casentinesi, il Parco delle Foreste Sacre. Un territorio con centri abitati ricchi di storia e di testimonianze artistiche e architettoniche, che si offrono al pellegrino in una meravigliosa cornice naturale, ricca di flora e di fauna (cinghiale, capriolo, daino, cervo e muflone, lupo). È incredibile passare per gli splendidi boschi (di faggi e abeti) del parco prima di giungere all’Eremo di Camaldoli, gustare l’acqua fresca della fonte presso la porta del monastero e partecipare alla liturgia dei monaci.
La meta è ormai prossima: dal Passo dei Mandrioli (mt 1173) al Santuario della Verna il cammino si fa più svelto. All’arrivo, la rupe possente, il "Crudo sasso intra Tevero et Arno”(Dante Alighieri, Paradiso IX) sembra incombere minacciosa, ma subito il panorama si apre e si rasserena sul piazzale del santuario. Un’alta, semplice croce di legno si staglia fra il cielo e i monti lontani. Qui San Francesco ricevette le stimmate, il segno di Cristo, “l’ultimo sigillo” (Dante). Sant’Antonio vi soggiorna qualche mese (1230) rinnovando alla fonte il senso della sua vocazione francescana. Al rito quotidiano della processione dei frati alla cappella delle stimmate, dominata dalla splendida crocifissione di Andrea della Robbia, segue finalmente il rito dell’ultimo timbro da apporre sulla credenziale.
I giorni di bellezza e libertà sperimentati, ma pure le fatiche e i sudori e le vesciche e tormenti vissuti sono ormai avvolti nella gioia come nella nostalgia della meta raggiunta. “Il Cammino DI sant’Antonio” è così terminato, ma un altro, più interiore e ancora più affascinante si sta avviando :“Il Cammino CON sant’Antonio”.
Frate Alberto (fra.alberto@davide.it)
Per maggiori informazioni sul «Cammino» vedi il sito ufficiale ilcamminodisantantonio.org
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