I nuovi volti della pastorale

«Audaci e creativi» è il titolo del volume curato da Gilberto Borghi e Chiara Gatti, da qualche settimana in libreria. Una panoramica su una Chiesa «in uscita» che non ha paura di sperimentare nuove strade e nuovi linguaggi.
29 Novembre 2017 | di

Un prete con un passato da dj che ha aperto una discoteca e una radio per insegnare ai ragazzi a «ballare senza sballarsi» e per parlare con loro di anoressia e cyber-bullismo. Una suora che ha messo a frutto la sua esperienza di ballerina e coreografa per proporre un corso di danza «che scommette sulla capacità del corpo di esprimere la relazione con Dio». Una coppia di sposi che organizza «weekend residenziali», per «fare il tagliando al matrimonio». Sono solo alcuni degli inediti volti di una nuova pastorale che si sta facendo strada nella Chiesa. Per rispondere, certo, all’appello di papa Francesco che, ai partecipanti al convegno ecclesiale di Firenze 2015 raccomandava di fare proprio «lo spirito dei grandi esploratori che sulle navi sono stati appassionati della navigazione in mare aperto e non spaventati dalle frontiere e dalle tempeste». Ma anche perché, se non si avrà il coraggio di sperimentare nuovi linguaggi, le chiese paiono destinate a svuotarsi. Del tema si occupano Gilberto Borghi e Chiara Gatti, nel loro recente volume Audaci e creativi. Esperienze di una nuova pastorale in Italia, da poche settimane in libreria. Un volume che si è avvalso della collaborazione fattiva di una ventina di studenti dell’Istituto di scienze religiose di Forlì, che «sono andati a caccia, sul territorio italiano, di esperienze pastorali innovative».

Msa. Perché presentare in un libro esperienze pastorali innovative? Borghi-Gatti. Al momento di curare l’edizione di questo libro e di fronte a una molteplicità davvero imponente di aspetti presenti, ci siamo chiesti se ci fosse (e quale fosse) il carattere «innovativo» di queste esperienze. Così, abbiamo subito notato l’emergere di un’idea di pastorale affiancata a quella di esperienza sul campo, come àmbito che è prima da conoscere e poi da vivere per potervi operare pastoralmente. Inoltre, recuperando un aspetto etimologico, il termine novus in latino non indica semplicemente la novità e la freschezza di un fenomeno, ma anche la sua particolarità e straordinarietà. Novità dunque anche per esperienze che, pur attive da anni, hanno una straordinaria capacità di impastarsi nel quotidiano.

Audaci e creativi: un titolo evocativo. Da dove arriva? L’espressione è tratta direttamente dal paragrafo 33 dell’Evangelii Gaudium: «La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità». L’espressione, come diade di significati, ritorna più volte nei discorsi di papa Francesco, che non smette di chiedere costantemente una sorta di fantasia pastorale che ci renda capaci di osare e che si traduca in creatività fuori dagli schemi, impedendo di «rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli» (E.G. 49).

Perché, secondo voi, è così urgente oggi la condivisione di esperienze innovative e positive di pastorale? C’è una sorta di «emergenza pastorale» che, a nostro parere, sale sempre più dalla Chiesa di oggi. Per tracciare un’analisi, forse un po’ semplicistica ma concreta, possiamo dire che, a fronte di un Papa vicinissimo alla gente di ogni ambiente e latitudine, corriamo il rischio di diventare «persone di Chiesa» che agiscono secondo una mentalità pastorale antiquata che non riesce più a dialogare con il mondo reale. E questo forse per colpa (anche ma non solo) di una sorta di linguaggio (verbale e non) obsoleto e avulso molto spesso dalla lettura del contesto a cui si rivolge. Inoltre, pur nella chiarezza dei ruoli (soprattutto quando ci si rivolge a categorie sociali specifiche, verso le quali è necessario un prendersi cura ben posizionato), è importante avvicinare gli altri sempre nell’ottica di «fratelli» e mai di «maestri» indiscussi.

Come può la Chiesa imparare a essere «audace e creativa»? Solo aprendosi sempre più al Vangelo, che è davvero un testo rivoluzionario da tutti i punti di vista. Una rivoluzione che, come dice papa Francesco quando parla di «rivoluzione della tenerezza», è basata soprattutto sull’ascolto, sul dialogo e su gesti semplici e quotidiani di pace e cura reciproci. E poi, seguendo serenamente la guida del nostro Papa, così tanto «avanti» nell’applicazione del Vangelo da rischiare di non essere capito sempre da tutti! Infine, essendo se stessi fino in fondo: si pensi all’intuizione dell’esperienza «HolyDance», una scuola di danza volta all’evangelizzazione, che trasforma in azione pastorale un personale talento (quello di suor Anna Nobili, la fondatrice), anche con un linguaggio apparentemente poco «ordinario» per trasmettere la fede.

Perché ascoltare l’altro, il suo linguaggio, è così importante? Perché il linguaggio è cosa viva e come tale in continua evoluzione, per cui si impara a parlare la lingua dell’altro solo stando vicini. Non per niente nell’introduzione del libro viene citata la bella espressione di sant’Agostino, ben teorizzata nel De rudibus catechizandis, in cui l’Ipponate esortava: «Ascoltali (i rudi) e poi parla loro con le loro parole». E si ricordi che Agostino chiedeva ai catechisti di andare a vivere tra la gente, per apprenderne il linguaggio, almeno due anni prima di iniziare l’opera di catechesi. La situazione di oggi non è differente: solo un attento ascolto dell’altro e una sensibile lettura del contesto possono portare a un linguaggio che sia traduzione rispettosa, capace di mettere «lingue a confronto» qualora ci si accorga che terminologie e contenuti – spesso imprescindibile bagaglio della tradizione della fede – non vengono più compresi dall’uomo di oggi. Da qui nasce anche il concetto di «nuova pastorale», che rimanda a quello di «nuova evangelizzazione», così diffuso come obiettivo programmatico di molti progetti in ambito cattolico.

 

L'intervista integrale si può leggere sul Messaggero di sant'Antonio  di novembre 2017 come pure nella versione digitale della rivista.

Data di aggiornamento: 30 Novembre 2017
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