Confidate nello Spirito che aleggia sul sinodo

Alla vigilia del sinodo sulla famiglia, il presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi risponde alle critiche sollevate dalla riforma per le cause di nullità e annuncia novità, nel rispetto dei princìpi ma nella vicinanza alle famiglie.
09 Ottobre 2015 | di

«Come mi avvicino al sinodo? Certamente con grande fiducia. E soprattutto pregando e invocando lo Spirito Santo. Sono sicuro che lo Spirito aleggia sul sinodo e tiene nelle sue mani le menti e i cuori di tutti i padri sinodali. Però è sempre meglio dirglielo apertamente: “Io confido in te!”».

Sorride il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi. Dalla finestra del suo studio si vedono sulla sinistra piazza San Pietro e sulla destra via della Conciliazione. A Roma fa ancora caldo e sono migliaia le persone che si muovono laggiù, provenienti da ogni angolo del mondo. Quasi una rappresentazione plastica della molteplicità delle situazioni umane: sogni, speranze, gioie, sofferenze, illusioni. Riuscirà il sinodo dei vescovi, riunito nella sua quattordicesima assemblea generale ordinaria, a tenere conto delle esigenze di tutti, a rispondere alle domande degli uomini e delle donne del nostro tempo?

Il cardinale Coccopalmerio, classe 1938, lombardo di San Giuliano Milanese, padre sinodale di diritto in quanto capo di un dicastero della Curia romana, ha una lunga esperienza e crede che il sinodo ce la farà.

«Non immagino cambiamenti nella dottrina o nei princìpi fondamentali, ma sento di poter dire che qualche provvedimento innovativo arriverà senz’altro, soprattutto per rispondere alle tante situazioni di sofferenza».

La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo: questo il titolo del sinodo ordinario (4-25 ottobre 2015) che arriva dopo quello, straordinario, convocato da papa Francesco un anno fa e dedicato alle sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. Da allora è stato fatto un lungo cammino, al quale la Chiesa ha partecipato con tutte le sue componenti. La Chiesa soprattutto si è messa in ascolto, anche attraverso domande rivolte alle varie realtà ecclesiali, e ora è arrivato il momento di tirare le fila. Le tensioni non sono mancate e la grande stampa le ha enfatizzate parlando di una Chiesa spaccata tra conservatori e progressisti. Un’immagine che è stata rilanciata dopo che papa Francesco ha promulgato le due lettere motu proprio datae (cioè volute per sua iniziativa) sulla riforma del processo canonico per le cause di nullità nel Codice di diritto canonico e nel Codice dei canoni delle Chiese orientali.

Msa. Lei, eminenza, ha presentato i provvedimenti papali ai giornalisti nella sala stampa della Santa Sede e sa che nel dibattito sui giornali qualcuno ha parlato addirittura di «divorzio cattolico» e di cedimento alla mentalità del tempo. Ma è davvero così?Coccopalmerio. Dunque, bisogna essere precisi. Prima di tutto i provvedimenti voluti da Francesco per le cause di nullità riguardano appunto la nullità dei matrimoni, non il loro scioglimento. Un matrimonio dichiarato nullo è un matrimonio che non è mai venuto a esistenza. Per questo non ha senso parlare di «divorzio cattolico». Occorre ripeterlo: un matrimonio nullo, invalido, è un matrimonio che non è mai esistito, perché era fondato su presupposti sbagliati, perché c’erano motivi che ne impedivano la validità. Per esempio, se io mi sposo dicendo che dal matrimonio non dovranno arrivare figli, oppure che starò insieme a mia moglie soltanto fino a quando troverò un’altra donna, siamo di fronte a motivi di invalidità, perché vengono meno due principi fondamentali del matrimonio cattolico quali l’apertura alla vita e l’indissolubilità. In tutti questi casi il Papa ha voluto venire incontro ai fedeli che si trovano in situazione di sofferenza e lo ha fatto rendendo più veloci i processi di nullità che si celebrano davanti ai tribunali della Chiesa.

Più veloci e anche meno costosi… Sì, ma anche qui occorre essere precisi. Già oggi in realtà i procedimenti per le dichiarazioni di nullità hanno costi molto controllati e ci sono tanti casi di gratuito patrocinio per le persone che non hanno possibilità economiche. Però se una persona ha i mezzi per pagare, trovo sia giusto che paghi, perché si tratta di un servizio che ha un costo.

Possiamo dire che siamo nella linea della misericordia sostenuta da papa Francesco e che le due lettere sui nuovi procedimenti per la nullità si inseriscono nel filone a cui è ispirato anche il sinodo? Diciamo che sicuramente sono atti di misericordia nel senso che esprimono amore e servizio. Se noi possiamo venire incontro con più velocità alle richieste di persone che soffrono, facciamo un atto di misericordia. Il che tuttavia non vuole assolutamente dire che introduciamo deroghe o cedimenti rispetto ai princìpi fondamentali. Nel sinodo dell’ottobre 2014 numerosi padri sinodali avevano già chiesto che si pensasse a meccanismi per rendere più semplici e veloci i processi di nullità: il Papa ha quindi deciso di venire incontro a un’esigenza emersa con chiarezza e ha dato una risposta puntuale.

Torniamo appunto al sinodo. Francesco lo ha voluto in due tappe e ha chiesto di parlare con parresìa, ovvero dicendosi tutto con chiarezza e coraggio, senza lasciarsi condizionare da questioni di opportunità. Ha poi coinvolto le varie realtà ecclesiali con questionari diffusi ovunque e ha sollecitato un dibattito sincero. Ora che cosa ci possiamo aspettare? La decisione di procedere in due tappe è stata molto importante, perché in questo tipo di cammino occorre conoscersi bene e confrontarsi. È un po’ come quando due persone si incontrano: la prima volta affrontano le questioni in generale, poi entrano più nei dettagli. Da questo punto di vista la prima tappa è stata utile per discutere e raggiungere alcuni punti di convergenza, ma adesso occorre procedere e specificare. La questione centrale resta quella del possibile accesso alla comunione eucaristica per i divorziati risposati e mi sembra che si sia raggiunta un’ampia convergenza sull’idea di ammettere alla comunione dopo un cammino penitenziale, il quale tuttavia resta da precisare. Ma naturalmente poi ci sono tante altre questioni da esaminare.

Per esempio? Beh, direi la famiglia in tutti i suoi aspetti. La famiglia rea­le, concreta, inserita in questo nostro mondo. Prima di tutto si tratta di riaffermare che per la Chiesa la famiglia è e resta quella fondata sul matrimonio religioso, contrassegnato da due caratteristiche precise e irrinunciabili: l’indissolubilità e l’apertura alla vita. Il sinodo dovrà illustrare la bellezza di questa famiglia e soprattutto invogliare i giovani ad amarla, contrastando quella che papa Francesco definisce la cultura del provvisorio, l’incapacità di assumersi responsabilità definitive. Poi, certamente, dovremo dire una parola di vicinanza a tutte le persone che per un motivo o per l’altro si trovano in situazione di sofferenza. La santa madre Chiesa non dimentica nessuno ed è particolarmente vicina a chi soffre.

Al sinodo partecipano persone che arrivano da ogni parte del mondo. Pensando ai luoghi più lontani dalla nostra Europa, che cosa l’ha colpita di più? In effetti una delle grandi ricchezze del sinodo è proprio questa possibilità di accostarsi alla realtà e ai problemi da punti di vista diversi, il che è sempre istruttivo perché da un lato ridimensiona alcuni problemi e dall’altro ci fa capire che abbiamo sempre da imparare. Io sono rimasto particolarmente colpito dal senso della famiglia presente tra gli africani e dall’importanza che loro attribuiscono, per la tenuta non solo della famiglia ma dell’intera società, al rapporto tra le diverse generazioni. È un punto sul quale papa Francesco insiste spesso, specialmente quando parla dei nonni, perché noi in Europa lo stiamo trascurando sempre di più.

È innegabile che sul sinodo dedicato alla famiglia, proprio in virtù dell’ampio dibattito voluto da Francesco e di alcune sue dichiarazioni nel segno della misericordia, ci siano molte attese. Lei pensa che arriveranno decisioni epocali? Epocali direi di no. Qualche provvedimento innovativo ci sarà senz’altro, soprattutto, come dicevo, per rispondere alle tante sofferenze, ma non ci saranno cambiamenti dottrinali. I principi fondamentali saranno ribaditi, ma in modo tale che potranno risultare più attraenti per le nuove generazioni che spesso ne hanno una visione distorta, anche a causa del modo in cui la Chiesa li ha presentati in passato.

Ma secondo lei il sinodo è uno strumento adeguato per affrontare situazioni così complesse? Penso di sì. Il sinodo, voluto da Paolo VI nel 1965 per mantenere vivo lo spirito e la prassi del Concilio, è uno strumento che funziona. Dirò di più: funziona anche in senso ecumenico, perché dimostra alle Chiese orientali che la sinodalità, per loro così importante, è un requisito che la Chiesa cattolica possiede ed è in grado di valorizzare.

Tra i padri sinodali nominati da papa Francesco ci sono anche due parroci, uno di Perugia e uno di Trieste. Perché? Francesco raccomanda sempre il realismo e la concretezza, e l’esperienza di due parroci sarà importante in questo senso, perché loro sono in prima linea.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017

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