I volti del Salvatore
«“Oggi vi è nato il Salvatore”» (Lc 2,11). Se uno si trovasse in punto di morte o fosse condannato all’ergastolo, e gli venisse annunziato: ecco, è arrivato uno che ti salverà! Forse che non sorriderebbe, forse che non esulterebbe? Esultiamo dunque anche noi, perché oggi ci è nato il Salvatore, colui che ci salverà dalla schiavitù del diavolo e dall’ergastolo dell’inferno». (Sant’Antonio, Sermone di Natale).
Devo iniziare la celebrazione della Santa Messa, sto per entrare in chiesa mentre l’ultimo tocco di campana mi chiama a puntualità. Ma dalla strada prospiciente il sagrato scorgo, tra i vari e noti volti degli abitanti del quartiere, un personaggio nuovo, sbucato dalla stradina che viene dall’argine del fiume, e che guarda verso la chiesa e verso di me.
Non è raro, da queste parti, il transito di pellegrini e di tante persone che conoscono da secoli «la carità dei frati». Spero, quasi invoco, che quel signore non mi raggiunga, perché avrei pochissimo tempo a disposizione per lui, e anche perché è l’ora del giorno in cui un viandante cerca posto per la notte. Oggi, a distanza di alcuni mesi, forse non lo riconoscerei, ma quel giorno, quando me lo trovo di fianco, dignitosamente vestito, né vecchio né giovane, capelli raccolti sulla nuca, uno zainetto a spalla e un sorriso interlocutorio, mi chiedo: «Cosa vorrà?» Il soggetto, sempre sorridendo e come se chiedesse una semplice informazione, mi domanda se abbiamo qualche disponibilità di accoglienza.
Senza ostentazioni di povertà, senza pretese: «nobili si nasce», verrebbe da dire. Del resto, ha visto una chiesa, un frate, e ha fiducia. Sembra un pellegrino, non so cosa stia cercando di «esistenziale». È partito dalla Calabria, mi dice, non ostenta i segni dei pellegrini credenti, ma sorride in modo buono, e narra. Nei pochi minuti che mi restano, domando, ascolto, rimugino, per capire se sia affidabile, se puzzi di alcol, e se sia il caso di affidarlo a un parrocchiano esperto. Un paio di telefonate esplorative non danno risultato, ma non posso lasciarlo così e quindi gli dico di fermarsi a Messa e poi vedremo.
Il suo nome di battesimo è Angelo ed è in cammino perché il cuore lo precede e lo incalza. Vive di provvidenza, si duole per un bagaglio che ritiene eccessivo. Ma lui è pulito e in ordine, non chiede elemosina, anche se è «a secco», gli basterebbe un riparo per la notte, altrimenti cercherà in qualche cittadina più a sud. E io lo ascolto, e cerco di capire come posso aiutarlo, vergognandomi delle mie stesse incertezze. Ma lui si accomiata, salutandomi: «Fratello, sono felice di averti incontrato. La mia strada continua, la vita non ci tradisce, è già molto ciò che mi hai dato».
Nel sermone di Natale, sant'Antonio ci ricorda: «Ecco, è arrivato uno che ti salverà!», ma io credo che il Salvatore venga anche in quei tanti «Angeli» che ti sorprendono e che non se ne vanno senza averti in qualche modo «salvato»: basta fermarsi. Angelo, se mi leggi su un «Messaggero» lasciato in una foresteria, o su un treno, o ai giardinetti: grazie per questo incontro, sono in debito di un sorriso!