14 Luglio 2021

Per il bene della cosa pubblica

Lasciamo lo studio e la proposta di riforme e sistemi elettorali a chi si è preparato, facendosi carico di questo servizio alla comunità con passione.
Dedicarsi, responsabilmente, al bene della cosa pubblica

© smartboy10 / Getty Images

«Gentile direttore, da più parti e da autorevoli rappresentanti delle istituzioni – dalla politica alla finanza, fino al mondo delle imprese – in queste ore si fa sempre più pressante l’invito al dialogo, alla concordia tra le diverse sensibilità presenti nel nostro Paese, nella convinzione che l’uscita dal virus e dalle condizioni economiche sfavorevoli che ha generato, i cui effetti stiamo già sperimentando sulla nostra pelle, necessiti di un comune sforzo orientato alla progettualità e alla realizzazione di riforme ormai indifferibili. Una convinzione condivisibile e razionale, fondata su numeri impietosi che non lasciano molto spazio alla discussione. Eppure, nonostante l’evidenza, si assiste non all’avvio di una stagione condivisa di vere riforme […] ma a un riaccendersi di contrapposizioni che non possono che preoccupare tutti coloro i quali osservano con moderazione e prudenza l’evolversi della situazione. Come se gridare in piazza la pur legittima diversa opinione basti per decretare immediatamente un diverso stato di cose, che tuttavia vivrà più nell’immaginazione delle masse che in atti concreti capaci di incidere davvero sul prossimo futuro di questo Paese. […] Cosa occorrerebbe, dunque, a questo Paese per rilanciare un cammino comune all’altezza della propria storia e grandezza? Non credo, in tutta onestà, alle operazioni “spot” – mosse più da calcolo politico, per il ritorno di immagine e di consenso che ne deriva, che dalla reale capacità di incidere in modo concreto sulle nostre vite – di cui più o meno tutti gli attori politici sulla scena, sia pure in forme diverse, si stanno facendo abili promotori, quasi fossero le soluzioni definitive ai problemi endemici che ci affliggono da generazioni. Non credo ai comitati di saggi e di esperti, alle piazze urlanti e inferocite – dalle quali confido il Cielo voglia preservarci il più a lungo possibile – e alla “politica dei tweet” che immortala anche il più squallido rigurgito di umanità facendolo passare per moderna partecipazione alle sorti comuni di questa sfortunata nazione. Al contrario, sono fermamente convinto che l’Italia necessiti con urgenza di recuperare un patrimonio politico perduto, che si chiama “Popolarismo”, capace di far emergere quella larga fetta di cittadini – oggi silenti e convinti fautori del “non voto”, tra i quali ho l’onore di annoverarmi – ai quali affidare un progetto politico di vera rinascita, come accadde agli albori della Repubblica, orientato alla moderazione e al rispetto delle diversità di cui oggi si nota la vistosa assenza. Questa prospettiva potrebbe essere favorita oggi dai ragionamenti sul sistema elettorale Proporzionale in atto, ma allo stesso tempo ne verrebbe drammaticamente snaturata se ci si limitasse al solo impianto proporzionale senza prevedere importanti correzioni quali l’elezione diretta del capo dello Stato e un sistema parlamentare capace di orientare la caduta dei governi al modello tedesco della “sfiducia costruttiva”, vale a dire un’alternativa pronta per dimissionare un Esecutivo in Parlamento. Per quanto bizzarra, l’idea di prendere a prestito le più felici e riuscite esperienze di Francia e Germania – idea che lascio volentieri a costituzionalisti e politologi, nella fattibilità e nei dettagli – per farne il punto di svolta dal quale far ripartire le nostre istituzioni, potrebbe risultare utile a patto che la riforma di sistema comprenda anche una seria autocritica che le élite di questo Paese dovrebbero avviare per la colpevole perdita di un patrimonio politico di valori e testimonianza – il Popolarismo, appunto – la cui ricostruzione potrebbe essere tardiva e quasi impossibile e senza la quale qualsiasi riforma non avrebbe altro effetto che prolungare l’agonia di un malato terminale. Su questa idea di Repubblica, molto lontana da chi invoca elezioni quasi fossero la “panacea” di tutti i mali, sarebbe auspicabile convergessero tutte le forze politiche di orientamento moderato e allo stesso tempo sarebbe indispensabile gettare rapidamente le basi di un progetto di rinascita – come fecero i primi rappresentanti del Popolarismo nella gerarchia cattolica, da don Sturzo a papa Montini – per una credibile e unitaria presenza politica dei cristiani e democratici italiani. Senza più ambiguità e senza più camuffamenti dietro simboli anonimi o storie politiche e tradizioni spesso antitetiche alla nostra. Anche a costo di risultare minoritari, ma onestamente capaci di un coraggioso atto di testimonianza. Il richiamo alla responsabilità, civile e morale, al tempo del coronavirus costituisce un richiamo della storia che forse ci pentiremo amaramente di non aver saputo raccogliere, per noi stessi e per i nostri figli».
Pietro De Montis - Modena

 

Naturalmente, nel decidere di pubblicare questa lettera, è ben lungi da noi la pretesa di possedere una ricetta politica finalmente decisiva e risolutiva o di dare «indicazioni di voto» a chicchessia. Come sottolinea anche l’amico lettore, lasciamo a chi di dovere la ricerca, lo studio e la proposta di sistemi elettorali o riforme al sistema politiche ormai necessarie. «Chi di dovere», ma ci piacerebbe poter dire anche «chi ne è davvero preparato» e, molto di più, «chi si è fatto carico di questo servizio al bene dell’intera comunità, con passione e disinteresse personale», direi quasi come «responsabile vocazione». Perché tutto non si riduca, come sempre più ormai ci siamo abituati, a «teatrino della politica», buono perché fornisce un sacco di materiale ai nostri bravi comici, ma in tutti noi lascia solo il retrogusto di sentirci governati da irresponsabili e incapaci (il che non deve però assolutamente farci tornare la nostalgia dell’uomo «forte» di turno: Usa, Turchia, Russia, Cina, la Birmania di Aung San Suu Kyi e dei generali, tra gli altri, docet…).

Non saprei dire se la soluzione sia un altro partito dei cattolici, ma il Concilio Vaticano II lo aveva affermato chiaramente: «Si ricordino tutti i cittadini del diritto, che è anche dovere, di usare del proprio libero voto per la promozione del bene comune. La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l’opera di coloro che, per servire gli uomini, si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità» (Gaudium et spes 75). Da qui, elettori ed eletti, possiamo ripartire.

 

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Data di aggiornamento: 14 Luglio 2021
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