Il cerchio del mate
Ha un nome scientifico, naturalmente. È l’Ilex paraguariensis. Ma, per me, il mate è l’Argentina (non me ne vogliano gli amici uruguagi). Non posso immaginare Lucio e Gladys senza la calabaza in mano e un thermos di acqua calda in braccio. E senza il tempo per berlo con un’espressione beata negli occhi. Il mate (piccole foglie sminuzzate ed essiccate, rametti, peduncoli) non è una semplice erba che, come il tè, si trasforma in una bevanda calda: è amicizia, cerchio di fratellanza, complicità, rallentamento dei ritmi della vita, filosofia, meditazione. Il mate è tutto. Una delle foto più celebri di Ernesto Che Guevara lo ritrae a torso nudo con la calavasa, la scorza di zucca diventata tazza, in mano e occhi severi, ma felici.
Ora è primavera nel Sud delle Americhe. Un passo dall’estate australe. E i ragazzi vanno al fiume (lo so, una volta sono andato con loro). I gauchos si prendono una pausa da tanto cavalcare. I passanti della città si fermano su una panchina al parco a godersi l’arrivo della buona stagione. Anche io ho fatto tutto questo. So che vi è bisogno di tempo per il mate.
Il mate non si serve, si «prepara». Carlos è il cebador. Colui che si prende la responsabilità della preparazione. Riempie la zucca di erba, la rigira perché esca la polvere e rimangano solo i frammenti delle foglie e i palos (i rametti, appunto: per rendere la bevanda più amara, più forte). Versa l’acqua calda solo su un punto, inclinando la calavasa. Una parte delle foglie deve rimanere asciutta. Carlos, attraverso una bombilla, una cannuccia di metallo, assaggia, aspira, con fragore di labbra. Aggiunge nuovamente acqua. Gli amici sono attorno a lui e il cerchio può cominciare. Il ragazzo passa la zucca a chi sta alla sua sinistra. Ognuno aspira il suo mate e lentamente il giro ritorna all’inizio, torna nelle mani del custode del thermos. Che aggiunge altra acqua. E si ricomincia. Molti giri, molta lentezza, molte chiacchiere, molti sorrisi.
Solo dopo un lungo tempo, il mate è «lavato». Non c’è più sapore. Allora si cambia l’erba. E ancora una volta il cerchio riprende il suo giro. Il tempo del mate è circolare, un tempo originario, ritorna sempre al punto di partenza. Uguale a se stesso. E sempre diverso. Come ogni sorso di mate.