Il coraggio del Malawi
Tutte le sentenze che prevedevano la pena capitale saranno sottoposte a revisione. È stato deciso a fine aprile in Malawi, uno dei Paesi più poveri dell’Africa. Il ricorso di un condannato ha convinto la Suprema Corte a pronunciarsi: la pena di morte è stata, così, dichiarata incostituzionale. Il Malawi è il ventiduesimo Paese dell’Africa subsahariana a schierarsi contro la pena di morte. È un successo delle campagne e delle pressioni della società civile malawiana e della Comunità di Sant’Egidio. La Freedom House, ong statunitense che si batte per i diritti umani, lo scorso anno aveva riconosciuto che il piccolo Paese dell’Africa meridionale aveva compiuto progressi importanti verso la democrazia.
Paese strano, il Malawi. Contradditorio. Dodici milioni di abitanti, 120 mila chilometri quadrati, senza sbocco al mare. Paese di contadini, di braccianti. Tre quarti della sua popolazione non arriva a guadagnare un dollaro e mezzo al giorno. I vaccini anti-covid non raggiungeranno la gente se non dopo la metà del 2022. Eppure in Malawi accadono storie importanti: nel 2012, la morte di un presidente, Bingu wa Mutharika, venne tenuta nascosta per due giorni, per preparare l’ascesa al potere del fratello, Peter Mutharika. Vi riuscì due anni più tardi e, nel 2019, provò a farsi rieleggere ancora. In maniera maldestra: secondo «The Economist», migliaia di schede elettorali furono manomesse.
Ancora una volta, è stata la Corte Costituzionale, forte dell’appoggio della popolazione, a resistere a ogni tentativo di corruzione: le elezioni presidenziali furono annullate e si votò nuovamente. E questa volta ha vinto Lazarus Chawkwera, figlio di contadini diventato teologo e presidente della chiesa pentecostale dell’Assemblies of God. Questo piccolo e lungo Paese ha un popolo capace di scalzare un presidente impresentabile, e giudici coraggiosi che sanno schierarsi. Avrà bisogno di tutta la sua forza per aggredire la povertà.
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