Il fascino di camminare
Rinasce, ovunque, il gusto del camminare. Su sentieri antichi, percorsi da milioni di pellegrini, lungo itinerari consolidati, riscoperti. E ne nascono di nuovi, innovativi, di rilancio. Classico il ricordo, doveroso, a Compostela. Gente di ogni età, credenti e non credenti, giovani in ricerca. Sotto il sole. A piedi o in bici. E anche lungo la nostra bella penisola, ecco sorgere nuove iniziative di cammini, da un santuario a un altro, in una mirabile gara di emulazione.
La Via Francigena, oggi, torna a essere un gioiello di cultura e di storia. E così tante altre. Anche silenziose o non ufficiali, ma vere e faticose. Come tanti anni fa il mio pellegrinaggio, a piedi, verso il santuario di Polsi nel cuore dell’Aspromonte. Sentiero durissimo, che nasce da San Luca e si inerpica. Duro ma innovatore. Si riscopre la luce che scende diritta dal cielo. E quelle montagne sassose, che ben si possono definire «aspre» (se lette alla maniera latina), possono e debbono diventare «luminose» (se lette alla maniera greca, dove asper si fa aster). Che in fondo altro non è che rendere vero il celebre motto antico: «Per aspera, ad astra»!
Come mi piace camminare lungo questi antichi sentieri. Per riscoprire tre parole dense di luce e di vita che fanno il gusto dell’esistere, i tre segni del pellegrinaggio: meta, zaino, passo.
La meta è tutto nella vita. È il superamento del destino per un progetto. Invece si sente molto la logica del destino in diverse regioni del Sud, e in un luogo tremendo, il carcere. Senza meta. Senza un «perché» che veda l’oltre. Camminare non è fuggire, ma raggiungere, con passi silenziosi, il senso delle cose, i colori, gli spazi, l’infinito.
Lo zaino, poi, che per quanto lo vuoi rendere essenziale, ad alzarlo è sempre pesante. Ma lo si porta insieme, quando si vacilla! C’è sempre una mano che solleva, incoraggia, condivide. E fosse sempre così!
Il passo, infine, che si fa sollecito, premuroso. Come per Maria mentre da Nazaret «raggiunge in fretta» la casa di Elisabetta. Un cammino di oltre cento chilometri su strade impervie, verso la montagna. Forse in compagnia di Giuseppe! E il pensiero a Maria mi porta a ottobre, in cui si celebra il Giubileo mariano.
In concomitanza della supplica, nella domenica 9 ottobre, la Chiesa cammina con Maria, in viaggio nei suoi celebri cinque verbi della visitazione: si alzò in fretta; salutò; sussultò il bimbo in grembo; esclamò a gran voce e cantò il Magnificat.
Per questo anche noi, in Molise, abbiamo riscoperto un antico cammino, riconosciuto ora «cammino d’Europa», con tanto di logo ufficiale. Partiremo dal santuario di Cercemaggiore per raggiungere, in due giorni, dopo ben 58 chilometri, la Basilica di Castelpetroso. Dodici i paesi attraversati, tutti coinvolti, con il suono delle campane e il dono di una bevanda fresca. Brilleranno di luce i monti del Matese, che ci faranno corona. E i santi del tratturo, come san Nicola da San Giuliano, torneranno a parlare di ponti, tra Oriente e Occidente ieri, tra immigrati e residenti oggi.
Spero di potervi partecipare anch’io, con gioia, fratello tra i pellegrini. Per ridire al Molise la sua bellezza, delicata, sommessa, che il cammino a piedi ci permetterà di gustare. E si realizzerà anche qui il triplice dono che ogni cammino d’Europa possiede: rinascita spirituale fatta di purificazione ed emulazione, come per Maria; la dimensione culturale, che diventa accresciuto senso di appartenenza a una terra. Infine la crescita economica, che sgorga naturale lungo questi antichi cammini.
Mi auguro, pur se stanco, di poter cantare con cuore grato il nostro Magnificat, davanti all’Addolorata di Castelpetroso, per far mio il suo sguardo al cielo e rendere le mie mani di vescovo sempre più offerta di vita e gioia condivisa.