Il giorno prima della pace
È un ossimoro. Termini contraddittori accostati, in forte antitesi tra loro. Eppure siamo così abituati a sentirlo, il binomio «guerra» unito all’aggettivo «civile», da non farci più caso. Non c’è nulla di civile nei cinquantadue anni di «guerra civile» in Colombia e nei suoi 8,5 milioni di vittime. Scoppiata nel 1964, col tempo è diventata a tal punto «normale» da sciogliere qualsiasi appeal mediatico, tanto da rendere poco interessante addirittura la sua conclusione, con la pace siglata il 24 novembre 2016.
A guidarci è Lucia Capuzzi, giornalista di «Avvenire» esperta di America Latina, con questo agile racconto polifonico al femminile nel quale tre donne – Laura, Natalia e Guadalupe – presentano il loro essere vive nonostante tutto. Nonostante gli anni vissuti nella guerriglia, da miliziane, nonostante la reclusione e le torture, i rapimenti, l’uccisione dei propri cari, le complicità, le nefandezze inenarrabili del conflitto… Quando tutti i tuoi ricordi sono inseriti in uno scenario di guerra, la normalità diventa quella. E la pace resta un duro orizzonte da conquistare, personale e di comunità. «Non c’è un cammino per la pace. La pace è il cammino» afferma Natalia.
Nel libro entra con forza una quarta voce, quella dell’autrice, che nel primo capitolo prende la parola per offrirci alcune coordinate sul Paese sudamericano. In realtà l’intento è duplice, perché anche qui al centro c’è qualcosa di «vivo nonostante tutto», ovvero la fede in un Dio molto concreto, reale, poco scontato, col quale battersi e scontrarsi come già san Paolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la fede» (2Tm 4,7).
Infine un augurio. Che la bella penna di Lucia Capuzzi possa offrirci, a breve, un testo simile per il Venezuela. Vorrà dire che anche lì saremo arrivati – è l’auspicio di tutti – al giorno prima della pace.