Il lavoro di «suor Amazon»
Venticinque chilometri tutti i giorni, ogni santo giorno. Avanti e indietro in un magazzino a dir poco immenso. In lungo e in largo attraverso decine di scomparti. Su e giù per altrettanti piani dove se ne stanno stipati milioni di prodotti da inviare in tutto il mondo.
E, sul più bello, quando credi di aver completato la commessa, ecco arrivare un sms che ti invita ad accelerare il passo e a ricominciare se possibile ancora più veloce di prima. Nessuna pedana mobile, nessun nastro trasportatore nemmeno un piccolo skate per far prima con qualche slalom tra i carrelli. Solo gambe, tante gambe e cuore come in questa storia.
Siamo a Peterborough, Gran Bretagna, in uno dei quartieri generali di Amazon in UK. Qui, nel colosso del commercio on line, ha lavorato per un anno suor Marialaura Gatti delle Suore operaie della Santa Casa di Nazareth. Nella cittadina di poco meno di 200 mila abitanti nell’East of England la congregazione, fondata da sant’Arcangelo Tadini, ha una comunità dove suor Mari vive con altre consorelle.
Oltre 6 mila chilometri in un anno non sono stati un’impresa facile per suor Marialaura «bresciana doc, nata e cresciuta a Iseo». Ma suor Mari, o meglio Sister («questo il modo in cui i miei colleghi mi hanno conosciuta e accolta tra loro»), se l’è, in qualche modo, cercata.
«Sono entrata in Amazon due settimane dopo il mio arrivo in Inghilterra. Nel curriculum avevo segnalato le mie precedenti esperienze lavorative e la mia formazione, inclusa la laurea in Scienze motorie. Ho sempre avuto una grande passione per lo sport. Ho giocato a basket dai 6 ai 21 anni. Lo sport ti forgia, ti aiuta a misurare e a sopportare la fatica, è un allenamento continuo anche nel confrontarti con i compagni e con gli avversari, ti insegna a stare in squadra e a fare squadra. Quindi, avere gambe… sì, mi ha aiutato anche in questo anno di lavoro in Amazon».
Missionaria nel mondo del lavoro
Così, quando la suora varca per la prima volta la soglia del grande magazzino di Peterborough, è fatta. «Il mio lavoro, da subito, è stato quello di picker, cioè dovevo correre su e giù per una torre a tre piani con un carrello blu e giallo per prendere gli articoli nel più breve tempo possibile e metterli in linea. All’interno del magazzino ci sono vari tipi di lavoro: c’è chi riceve le merci, chi le sistema negli scaffali, chi controlla la qualità, chi ti controlla, chi sta negli uffici, chi pulisce gli ambienti e poi ciò che facevo insieme ad altri 300 giovani. È una mansione faticosa e selettiva».
Ogni picker è dotato di uno scanner che ne registra il target (vale a dire quanti articoli si recuperano nel giro di un’ora) e l’esatta posizione all’interno del magazzino. «Se stavi sopra i 100 articoli presi, tutto bene - prosegue sister Mari -. Se, invece, stavi sotto ai 100, un gentile impiegato dell’agenzia veniva a richiamarti chiedendoti di migliorare la tua prestazione. E non finisce qui: se ritardavi a ritornare al lavoro dopo la pausa, ritornava il gentile impiegato dell’agenzia. La povertà che toccavo ogni giorno era il non poter scegliere quando riposare, dove lavorare e con chi. Infatti, poteva succedere che, mentre ero in una sezione, mi inviassero un sms per chiedermi di cambiare piano o settore…magari per un solo articolo da prendere».
In Amazon sister Mari ha visto, toccato con mano e ascoltato le dure condizioni di lavoro di tanti operai, soprattutto giovani. «Nonostante le condizioni di lavoro, in tutte le persone che ho conosciuto, a partire dai giovani, ho sempre trovato talento, voglia di fare e costruire, speranza, uno sguardo rivolto al futuro nella consapevolezza che il mondo può davvero diventare migliore. Quanta umanità ho colto! Questo mi riempie il cuore, ancora oggi a esperienza finita. E mi fa ben sperare per il domani».
Concluso il contratto in Amazon, attualmente suor Mari lavora nello stabilimento di un altro colosso: Whirlpool. « Noi suore operaie abbiamo una peculiarità – conclude –: siamo missionarie nel mondo del lavoro, siamo in una traiettoria che ci porta al Cielo, siamo in una via che Dio traccia per noi e con noi lungo la nostra storia. Che spettacolo creativo e anticonformista! Dio è un grande solo per i piccoli! Questo è ciò che sto scoprendo in questa terra straniera: sapere e accogliere con gratitudine il fatto di non essere Dio! Solo se saremo davvero amanti appassionati di Dio, come diceva il nostro fondatore, potremmo diventare amanti appassionati dell’umanità».
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