Il messaggero corre veloce
Il movimento francescano in cui era inciampato quasi «casualmente» – ma comunque nel momento più giusto – aveva agito su Fernando/Antonio con la forza di uno tsunami.
E il tranquillo canonico agostiniano, che da adolescente aveva perfino ottenuto di poter mutare abbazia per sentirsi più protetto nella ricerca di sé e di Dio, si trasformerà in un velocista da record nello spirito e nelle gambe, un globetrotter di Gesù Cristo, con una punta di sano «iperattivismo» tipico del risveglio sociale economico e spirituale del dopo anno Mille.
Sant’Antonio è icona del «messaggero veloce» nelle precoci scelte di vita come anche nella puntuale esecuzione delle obbedienze assegnategli. Sempre veloce in ogni suo spostamento per il ministero della predicazione e della riconciliazione o per azioni di carità e di giustizia; sempre velocissimo nell’intercessione dal Cielo, talora prevenendo le stesse suppliche dei suoi devoti: «Ben lo sanno i padovani» recita un responsorio in suo onore, ma lo sa bene tutto il mondo.
Debitore verso un ambiente monastico/canonicale per il perfetto sapere teologico fondato sulla sacra scrittura e in grado di agire anche contro ogni deviazione ed eresia, il Nostro sente arrivato il momento di «scatenare», cioè di liberare, la Parola di vita dalle mura anguste di un chiostro per farne parte a «quelli di fuori», amici e nemici, con cui parlare con sincerità, cortesia e franchezza, in obbedienza e sottomissione a tutte le creature, proprio come san Francesco andava proponendo ai primi suoi compagni in Assisi.
Proprio da Assisi era partito un ritmo nuovo, assai veloce, di evangelizzazione. Portava in tutte le direzioni del mondo: ricordiamo la «fretta» di Francesco di annunciare Gesù Cristo all’islam, inviando i frati nel Marocco prima e andando poi lui stesso a incontrare il Sultano d’Egitto.
E ancora: le prime spedizioni missionarie in Germania, in Ungheria, in Inghilterra. Bisognava andare, una nuova comprensione del Vangelo lo esigeva. I frati erano sempre nel posto del bisogno, capaci di nuove soluzioni a nuovi problemi non solo strettamente religiosi, ma anche umani, nel senso più «cristiano» del termine, come quelli legati allo sviluppo di un’economia fraterna e solidale.
Antonio è di questi: da Coimbra al Marocco, da Capo Milazzo ad Assisi, da Padova fino a Gemona del Friuli, dove giunge prima o dopo il capitolo di Assisi del 1227, lasciandovi i segni di un benefico, benché rapido, passaggio.
Che il genere umano abbia qualcosa in comune con ogni creatura, con gli angeli, con gli animali, con le piante, con le pietre, con il fuoco e con l’acqua, con il caldo e con il freddo, con l’umido e con il secco, perché l’uomo è un microcosmo, cioè un piccolo mondo, resta per ogni generazione di francescani una consapevolezza che porta a un veloce, stupito, grato incontro con tutto l’esistente: Laudato si’ o mio Signore con tutte le tue creature continua a cantare Francesco, insieme ad Antonio e a tutti noi.
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