Assisi. Giovani in cammino
Sono undici quest’anno e sono pieni di allegria. Hanno sguardi vivaci, che lasciano trasparire un entusiasmo contagioso e una bella complicità. Stiamo parlando dei giovani in cammino per entrare nella famiglia dei frati minori conventuali, i novizi che trascorrono ad Assisi questo anno di formazione, sotto la guida del loro maestro, fra Francesco, e del vicemaestro, fra Graziano. Il 31 luglio scorso hanno ricevuto i cosiddetti «panni della prova»: la tonaca con il cappuccio e il cingolo, cioè la corda legata attorno alla vita, ancora privo però dei tre nodi che simbolizzano i tre voti di povertà, castità e obbedienza e che indosseranno solo dopo la «professione temporanea», alla fine del noviziato.
Li «incontriamo», in video, un mattino di aprile, radunati attorno a un grande tavolo in quella che per quest’anno è la loro casa, il Sacro Convento, proprio accanto alla Basilica che accoglie il corpo del Serafico Padre. E l’incontro è anche l’oggetto del nostro dialogo, per la precisione il loro personale incontro con Dio e con san Francesco, quello che ha rivoluzionato tutto: abitudini, amicizie, studi, lavoro, famiglia…
Un incontro avvenuto nella quotidianità anonima di vite normali. Come è accaduto a Charles Eric, 27 anni, di Cherbourg, Francia: «Ho sentito la vocazione sin da bambino. Ma c’è stato un momento preciso che mi ha cambiato lo sguardo: è accaduto quando ho capito che non ero io a dover seguire Gesù e a donare a Lui la mia vita, ma che è Lui che vuole fare qualcosa per me e darmi la sua vita. E questo sguardo non solo ha modificato la mia strada e ha gettato nuova luce sulla mia esistenza, ma mi ha anche permesso di conoscere meglio me stesso».
O come Clément, 22 anni, che viene da Clermont Ferrand, in Francia: cresciuto in una famiglia cristiana, viveva una fede legata a ciò che la sua famiglia gli aveva insegnato, finché, confidandosi un giorno con un sacerdote, non si sentì consigliare di chiedere al Signore di farsi più presente nella sua vita. «Così – racconta oggi –, di lì a poco, in seguito a una grossa lite con i miei, in lacrime mi rivolsi al Signore: “Io non vedo il tuo amore nella mia vita. Se davvero sei amore, come dicono, mostrati!”. E, appena pronunciata questa frase, ho sentito dentro di me una grande pace, come se il Signore mi stesse rispondendo: “Sono qui con te. Lasciati amare e basta”».
Michele, 27 anni, di Pesaro è stato, invece, affascinato prima da san Francesco. «I miei genitori mi hanno fatto conoscere Francesco sin da bambino, anche se è stato grazie agli scout che ne ho approfondito la figura. Oggi, guardandomi indietro, posso dire che la mia vita è stata come quel gioco in cui devi unire con delle linee i puntini numerati e ti appare una figura: tanti sono stati infatti gli incontri di cui è stata costellata la mia esistenza, ma solo di recente ho scoperto il disegno che essi nascondevano. Ed è avvenuto soprattutto grazie a due momenti ben precisi. Il primo, avvenuto ad Assisi, durante un incontro per giovani, quando un frate disse una cosa che mi ha scavato dentro giorno dopo giorno: “Tu vali il sangue di Gesù Cristo”. Il secondo, cinque anni fa, poco prima che mia nonna morisse. Un giorno, mentre lei stava già molto male e io la stavo aiutando a mangiare, a un tratto sentii una grande gioia, anche se quello non era per niente un momento felice. Era una gioia pura e semplice. Sono stati due episodi che mi hanno spinto a guardare indietro, a unire quei “puntini” e a vedere così il disegno nascosto».
Di scontro più che di incontro parla invece Francesco, 21 anni, di Copertino (Lecce). «Vengo da una famiglia molto religiosa. Nella mia vita ho sempre cercato di svicolare da tutti i tipi di fede, perché per me essa rappresentava un insieme di norme volute da un Dio che vedevo come una sorta di giudice. Frequentavo la parrocchia, è vero, ma per stare con gli amici. Lo “scontro” è avvenuto circa quattro anni fa, quando, in ospedale, in attesa di essere sottoposto a un intervento, una domenica mattina ho fatto la comunione: beh, non so dire che cosa sia successo, so solo che da quel momento la mia vita è cambiata, così, all’improvviso. Uscito, sono andato a parlare con un frate e con lui ho capito che cosa avrei fatto del mio futuro. Ho scelto di diventare frate perché di san Francesco mi è sempre piaciuto un aspetto della vita da cui, forse, non molti sono colpiti: la sua ambizione, quel suo volere di più, quel non accontentarsi di vendere stoffe. Lui cercava cose grandi nella sua vita, proprio come me».
I racconti si susseguono uno dopo l’altro: Raphael, 23 anni, di Nantes, Francia, confida che ha incontrato san Francesco perché il primo libro letto da bambino, a 7 anni, era una sua biografia e di aver subito chiesto a sua mamma di portarlo dai frati, per conoscere meglio questo «strano» santo. Ante, dalla Croazia, 42 anni, ha incontrato la gioia dipinta sui volti dei frati della sua città e ha sentito il desiderio di poterla vivere anche lui; Pietro, 33, dalla Cina, lavorava nell’ambito commerciale, a Pechino, quando, dopo un incontro con alcuni frati, ha deciso di seguire Gesù sullo stile di san Francesco.
Poi c’è Mauro, 22 anni, di Malta, che è sempre stato un ragazzo allegro ed estroverso e, proprio per questo, molto ricercato sia in famiglia che dagli amici. Sin da piccolo sentiva dentro di sé il desiderio di seguire Cristo, ma si chiedeva se fosse una chiamata di Dio o un suo desiderio personale. Solo nel 2017 ha capito quale fosse la sua strada. È avvenuto durante un incontro vocazionale alla Santa Casa di Loreto: aperto a caso il Vangelo, lesse l’episodio della chiamata dei primi discepoli e anche lui si sentì inequivocabilmente appellato.
Gabriel, 27 anni, di Carcassonne, Francia, divide invece la sua vita in tre tappe fondamentali, ciascuna di esse caratterizzata da un incontro speciale. La prima, che corrisponde all’infanzia, contraddistinta da una forte religiosità e da una prima chiamata alla vita religiosa; la seconda, da adolescente, quando si allontanò un po’ dalla fede, incontrò una ragazza di cui si innamorò e con la quale pensò di volersi fare una famiglia; la terza, cominciata durante la Gmg del 2016, quando, prima di un concerto, un sacerdote annunciò ai ragazzi che proprio quel giorno a Rouen alcuni terroristi avevano ucciso padre Hamel mentre stava celebrando la Messa. «Quel prete ci disse – racconta ora Gabriel –: “Oggi questo sacerdote è stato ammazzato, ma io so che tra voi saranno in tanti a voler prendere il suo posto”. E io sentii forte in quel momento la chiamata, anzi, la risentii, comprendendo che la mia felicità non stava dove pensavo».
E infine Francesco, 32 anni, cinese: per lui, come fu anche per il santo di Assisi, gli incontri sono stati molti, nessuno dei quali però capace, da solo, di cambiare la direzione della sua esistenza. Ha dovuto leggerli alla luce dello Spirito Santo, uno dopo l’altro, per comprendere quale fosse la volontà del Signore, per provare a viverla quotidianamente e per far sì che, con l’aiuto di Dio e sull’esempio di san Francesco, la sua vita diventasse un luogo di conversione per sé e per chi avrebbe incontrato.
Mentre i ragazzi parlano, li ascolto attentamente: sono leggeri, ma ben consapevoli del cammino intrapreso. Mi dicono che ciò che più amano del Poverello è il suo coraggio, quel non aver avuto paura di percorrere strade nuove, di sperimentare percorsi mai battuti prima; apprezzano la sua fantasia e la creatività con cui ha saputo incarnare il messaggio evangelico. Mi parlano di orizzonti aperti, della necessità di guardare al mondo e non al proprio piccolo orticello. E penso che i loro «incontri», così diversi eppure così simili per certi versi, sono legati tutti da un fil rouge: la presenza di famiglie che hanno saputo posare nel loro cuore il seme della fede. Una cosa piccola, di cui forse non erano nemmeno ben consapevoli, ma che a un tratto è germogliata portando frutti inattesi, con la fantasia e l’allegria che caratterizza ogni vero incontro con il Signore.
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