Il mio «Marocco»

È sempre stato attratto dalla figura del Santo, dal suo spirito missionario. Tredici anni fa la decisione di fra Tullio Pastorelli, francescano conventuale, di partire per il Cile.
24 Settembre 2020 | di

I primi banchi erano suoi. Quando il piccolo Tullio varcava la soglia della chiesa del paese, Coredo, nell’alta Val di Non (Trento), andava a sedersi sempre davanti. Non mancava mai all’appuntamento con fra Gianbattista Brentari, cappuccino, giunto sin lassù a raccontare le sue imprese missionarie in Mozambico. In luoghi lontani, tra gente povera, dimenticata dal mondo ma così vicina a Dio. Il religioso portava storie di vita e sacrifici affrontati nell’annuncio del Vangelo. Ma anche opere realizzate in nome della dignità e della giustizia.

Quando tornava a casa, il piccolo Tullio confidava a mamma Bruna le storie raccontate da quel frate. Lo stesso faceva con papà Eugenio quando, salito sul trattore, lo accompagnava in malga. «Mi impressionava tutta la situazione politica del Mozambico di fine anni Settanta – spiega ora fra Tullio Pastorelli, francescano conventuale, da tredici anni missionario in Cile –. Una realtà drammatica: guerriglie nei villaggi, famiglie senza un lavoro ridotte alla fame. Gli ospedali erano dei semplici consultori». Racconti entrati nella sua mente e nel suo cuore, accrescendo il desiderio di poter fare qualcosa. Da qui, ormai adolescente, il suo impegno nel gruppo missionario della parrocchia, con l’invio di vestiario e beni di prima necessità. E poi la costante opera di sensibilizzazione verso i Paesi segnati da guerre e ingiustizie sociali.

Ma è in piena giovinezza che matura la scelta di farsi frate francescano conventuale. La decisione scaturisce da un evento doloroso: la morte improvvisa di un carissimo amico, Stefano Erlicher, giovane frate con la missione nel cuore. La scomparsa prematura fa nascere in Tullio alcune domande: che vuoi fare della tua vita? Vuoi lasciare qualcosa di buono dietro di te? Le stesse che si poneva da bambino dopo aver ascoltato i racconti del missionario.

«Fu chiaro in me in quel momento che la vita è breve ed era bene scegliere (avevo 24 anni) quello che mi avrebbe reso felice». Da qui, attratto dalle figure e dall’insegnamento di Francesco d’Assisi e sant’Antonio, la scelta di entrare nell’Ordine dei francescani conventuali. Dopo il periodo di noviziato e gli studi teologici, giunge alla professione religiosa e al sacerdozio.

Per i primi cinque anni svolge il suo servizio in Basilica del Santo nella pastorale giovanile. «Un tempo intenso – confida –, dove la formazione è continuata conoscendo la bellezza, la forza e la saggezza del messaggio che ci ha lasciato sant’Antonio. I giovani che ho conosciuto in quel periodo, oggi sono sposati. Belle famiglie, con valori profondi come la bellezza della fraternità, l’importanza della preghiera, l’impegno per un mondo equo e solidale».

Il desiderio missionario di fra Tullio, sempre presente dal momento della sua scelta religiosa, si è realizzato nel 2007, con la partenza per il Cile. Destinazione: Copiapò. Un sogno e una sfida. «Quando una persona sogna un futuro che non conosce – spiega –, le aspettative sono sempre belle. Ma la realtà che ho incontrato era lontana dai miei sogni. Sono arrivato a gennaio in questa terra, nel deserto d’Atacama, il più arido del mondo. Un luogo totalmente diverso dalla mia amata Val di Non, con rigogliosi prati, bei laghi, immensi boschi. Conoscevo poco la lingua cilena (una sorta di castigliano) e mi confrontavo con una cultura totalmente diversa da quella italiana. I primi mesi – aggiunge – sono stati come un rinascere, ricominciare a riprogettarmi, un “morire per rinascere”». Una rinascita che è fonte della missione. In qualsiasi parte del mondo. «Perché essere missionario significa stare con i poveri condividendo dolori, angosce e speranze».

Dopo alcuni anni trascorsi nella comunità missionaria di Copiapò, oggi fra Tullio vive e opera con altri tre frati italiani e due giovani postulanti cileni a Curicò, città a sud della capitale Santiago. Nel 2010, una vasta zona è stata colpita da un devastante terremoto che ha segnato pesantemente la vita delle persone. A questo si è aggiunta la pandemia del covid-19 che ha messo molte famiglie in gravi difficoltà in un Cile già duramente provato da una forte crisi economica e dalla corruzione.

«Come francescani cerchiamo di stare accanto a quanti desiderano vivere in un Paese migliore, più giusto, pacifico, fraterno e ugualitario. Ci preoccupiamo in primo luogo di ascoltare i problemi delle persone. E poi interveniamo con aiuti concreti attraverso la fornitura di viveri, carbone per il riscaldamento, vestiario e quanto può essere utile per una vita dignitosa». La comunità missionaria garantisce anche alcune borse di studio per giovani universitari.

«Sono pieni di entusiasmo, semplici e attenti al sociale – aggiunge fra Tullio –. Desiderosi di cambiare una società opulenta e segnata dal profitto e dal guadagno facile. Contribuiamo, perciò, alla loro formazione affinché possano essere i protagonisti di un cambiamento. Per creare una mentalità e uno stile di vita nuovo, dove l’azione sanitaria sia gratuita, gli anziani ricevano un’assistenza adeguata e il lavoro non equivalga allo sfruttamento dei poveri». Una missione che coinvolge tutti: religiosi e laici. «Per ben quattro anni una famiglia ha prestato il suo servizio nella nostra comunità: Salvatore e Angela Macca, con i loro due bambini José e Soave.

La vocazione francescana e poi la missione. Quella intrapresa da sant’Antonio, con la scelta di partire per il Marocco. E quella di tanti confratelli che nei secoli hanno deciso di portare la loro testimonianza nei luoghi più disperati del mondo. «Penso a sant’Antonio e a una prima raccomandazione che farebbe a tutti noi: essere “Vangelo vivo”. Non dimenticarsi della relazione con Dio e stare sempre accanto agli ultimi. E poi, non entrare in giochi di corruzione, d’interesse con i potenti. Vivere nel rispetto dell’altro. Cercare sempre libertà e giustizia».

Fra Tullio ama ricordare il Santo con le parole di un film che ne ripercorre la vita: Antonio guerriero di Dio (Belluco, 2006). E dalla missione di Curicò rivolge una preghiera: «Sant’Antonio, tu che sei stato missionario, voce forte e mano delicata, che hai lottato in difesa dei più deboli, dei poveri e degli oppressi, aiuta anche noi frati in Cile a essere sempre veri missionari, vicini a Dio e a ogni uomo e donna, che sogna, ama e spera».

 

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Data di aggiornamento: 24 Settembre 2020
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