La chiesa dell’accoglienza
Capo Milazzo è uno sperone roccioso che divide il golfo di Milazzo (a ovest) dal golfo di Patti. Siamo nel territorio comunale di Milazzo, città metropolitana di Messina, arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela. Riconosciuto come uno tra i siti paesaggistici e naturalistici più suggestivi dell’intera regione, Capo Milazzo, collocato direttamente sul Tirreno in direzione delle Isole Eolie, offre ai suoi visitatori panorami mozzafiato che spaziano dal mare ai monti (dal Monte Trino, culmine del promontorio stesso del Capo, fino ai Nebrodi). Il tutto immerso in una natura rigogliosa, caratterizzata da una ricca vegetazione mediterranea, composta principalmente da lentisco, olivastro, euforbia e artemisia, che si estende fin quasi al mare. In questa perla naturalistica sorge uno dei luoghi più caratteristici legati alla devozione antoniana: si tratta di una piccola chiesetta rupestre, divenuta oggi un santuario al Santo intitolato.
La grotta dei pescatori
La chiesa, oltre che per la bellezza del sito in cui è immersa, è molto amata dai pellegrini perché sorge nel luogo che, secondo la tradizione, fu il primo rifugio in terra italiana di frate Antonio. La storia è nota: la nave su cui viaggiava il Santo, di ritorno dal Marocco, fu costretta da una tempesta ad approdare fortunosamente (o, secondo alcuni, addirittura fece naufragio) su questo tratto di costa. Antonio trovò immediato rifugio in una delle grotte che, numerose, punteggiano le pareti rocciose del promontorio. Si trattava di un riparo di fortuna, utilizzato dai pescatori dell’epoca come ricovero per le reti e gli attrezzi da lavoro. Da lì, poi, dopo qualche giorno il nostro giunse a Messina, dove trovò accoglienza in un convento di frati francescani e dove venne a conoscenza dell’imminente primo grande Capitolo che avrebbe riunito ad Assisi i frati alla presenza di Francesco. Ma qui si apre un altro capitolo della vicenda.
Torniamo, invece, alla nostra chiesetta. Per giungervi, dopo essere approdati al piazzale Sant’Antonio, dobbiamo scendere una rampa di scale (e ci sarebbe molto da dire su questo camminamento antoniano simbolicamente «in discesa», cioè verso il basso, l’umiltà...) e, più o meno a metà costa, incastonato nella roccia, ne troviamo l’ingresso. Il santuario è ricavato proprio all’interno della grotta che offrì rifugio a un frate Antonio naufrago e sconfitto, che aveva appena visto infrangersi il suo sogno di missionarietà e martirio. Fu un eremita che, stabilitosi successivamente (agli inizi del 1500) nel luogo, sistemò la grotta e vi collocò un’effigie del Santo trasformandola in luogo di culto. Da subito, l’affluenza di pellegrini al luogo fu talmente copiosa che, pochi decenni dopo (1575), una facoltosa famiglia di origini messinesi, i Guerra, volle darle la fisionomia di una vera e propria chiesa, cominciando col rivestirne le pareti di preziosi marmi.
Tra arte e devozione
Una volta varcato il portale d’ingresso in pietra (risalente al 1699), il fedele si trova in una suggestiva chiesetta a navata unica (il campanile esterno è a vela), con il tetto ancora scavato nella nuda roccia. Le pareti sono invece ricoperte di bassorilievi marmorei che narrano episodi della vita del Santo, opera dello scultore trapanese Federico Siracusa (1759-1837). Sul lato destro dell’altare centrale, in marmo intarsiato e che domina l’abside, troviamo una nicchia nella roccia che è il luogo più antico della chiesa: qui si ritiene che Antonio celebrò l’eucaristia durante la sua breve permanenza. Sopra un altare laterale è posta la copia (l’originale, purtroppo, fu trafugato negli anni ’90) di una tela antica raffigurante la Madonna della Provvidenza, che, secondo l’iconografia tradizionale, allarga il suo manto a protezione dei fedeli, circondata da quattro angeli rappresentati nell’atto di portare grano, pesce e frutta.
Ma l’opera che più attira l’attenzione dei devoti antoniani è senza dubbio la statua lignea del Santo (1704), attribuita allo scultore palermitano Noè Marullo, che sostituì l’originale cinquecentesca andata distrutta in un incendio. La statua è ora posta su un piedistallo di legno (2007) opera dell’ebanista locale Francesco Testa.
Dall’incantevole santuario, ancora oggi meta continua di pellegrinaggi, specialmente attorno al 13 giugno, prende avvio il Cammino di sant’Antonio, l’itinerario che vuole ripercorrere a piedi il viaggio compiuto dal Santo da questo luogo fino ad Assisi e poi a Padova.
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