Artisti di Sicilia

L’arte siciliana degli ultimi cento anni è protagonista di una mostra a Noto fino al 30 ottobre. Oltre duecento dipinti, sculture e fotografie che testimoniano il grande contributo siculo alla cultura italiana.
05 Ottobre 2020 | di

Prendete una quarantina di gambi di sedano. Aggiungete una cassa di pomodori costoluti, qualche centinaio di uova, una ventina di finocchi. E ancora: calamari, astici, pesci azzurri d’ogni sorta, formaggi, carni e insaccati, olive, banane. Ah, naturalmente, agrumi a volontà! Siamo nel cuore di Palermo, in un luogo che più d’ogni altro rappresenta l’abbondanza e la diversità. Camminiamo tra le bancarelle della Vucciria, lo storico mercato del capoluogo siciliano. Davanti a noi una donna di spalle coi sacchetti della spesa ci guida dentro il caos tra cesti e cestini, cassette e tavolini. Alla sua sinistra, la testa mozzata di un pesce spada troneggia su quel bendiddio e ruba per un attimo la scena alla signora di bianco vestita. Sembra un estratto di vita reale. E invece stiamo osservando «solo» un olio su tela. Per l’esattezza una tela di 3 metri per 3, che tuttora figura tra le opere d’arte più importanti del Novecento italiano.

La Vucciria di Renato Guttuso (1974), però, è prima di tutto un’opera siciliana. L’artista di Bagheria la dipinse infatti in tarda età, rivangando gli anni in cui – liceale a Palermo – si perdeva ad ammirare l’opulenza del mercato locale. Per dipingerla, si fece spedire nello studio di Velate (VA) casse di frutta e verdura rigorosamente siciliane. E, pennellata dopo pennellata, riuscì a creare ordine nel disordine, a legare insieme tanti prodotti diversi, accomunati però da un dettaglio fondamentale: la «sicilitudine».

A quarantasei anni dalla geniale intuizione di Guttuso, l’opera del maestro lascia temporaneamente Palazzo Steri a Palermo, per approdare a Noto (Siracusa) nell’ambito della mostra «Novecento - Artisti di Sicilia. Da Pirandello a Guccione». Aperta fino al 30 ottobre al Convitto delle arti – Noto Museum –, l’esposizione, curata da Vittorio Sgarbi, raccoglie oltre duecento opere dei più grandi artisti siciliani dal ’900 a oggi. Si va dai ritratti ai paesaggi, dagli interni alle nature morte, per un totale di 120 dipinti, 40 sculture, 20 fotografie. Filo conduttore della mostra: il realismo più o meno figurativo, declinato in base alla personalità di ciascun artista. Perché, in fondo, la «sicilitudine» è anche questo: la capacità di distinguersi, di volare alto nel cielo della creatività, senza mai dimenticare le proprie radici.

Viaggio nella «sicilitudine»

Quello a Noto, in realtà, non è il primo tentativo di raccontare l’arte siciliana degli ultimi cento anni. Già nel 2014 la mostra «Artisti di Sicilia» – ospitata a Palermo, Catania e sull’isola di Favignana – si era posta lo stesso obiettivo, riscuotendo ottimi risultati: circa 60 mila visitatori totali in soli tre mesi di apertura. Numeri che fanno ben sperare per la nuova edizione, peraltro ampliata e arricchita. Il percorso espositivo al Convitto delle arti si snoda, infatti, dagli anni ’20 e ’30 del ’900, «partendo – come scrive Sgarbi nel catalogo della mostra – dai maestri più antichi che si muovono ancora nella sensibilità liberty, come Aleardo Terzi e Totò Gregorietti, presenti con opere di insuperabile eleganza, che non si può esitare a definire europee. Equivalenti siciliani di Bonnard e di Ertè». Il viaggio nella «sicilitudine» prosegue con un maestro della ritrattistica come Giovanni Nicolini, autore dell’«algida e malinconica principessa Ennia Lanza». 

Man mano che gli anni passano, gli artisti trovano nuove forme espressive, pur rimanendo perlopiù legati alla figurazione. Sperimentano, si spingono talvolta nell’astrazione rigorosa (tra questi: Giovanni Compagnino, Lorenzo Viviano, Luciana Anelli) e talvolta in un clima surreale (Antonio Sciacca, Salvo Russo, Salvatore Marrone, Elisa Anfuso…). C’è chi racconta la quotidianità di contadini e pescatori con piglio descrittivo e a tratti favolistico (Gianbecchina) e chi si affida agli arabeschi (Carla Accardi), chi – nella prima metà del ’900 – opta per un «realismo introspettivo, magico ed espressionistico» (Lia Pasqualino Noto, Giuseppe Migneco, Pina Calì…), e chi – nella seconda metà del secolo – si lega ad altri artisti, creando gruppi (come quello di Scicli) e sviluppando uno «spirito collettivo e una concorde visione della natura».

Tante generazioni, tanti modi di concepire l’arte. «Un secolo di arte siciliana vuol dire, in larga misura, un secolo di arte italiana – scrive ancora Vittorio Sgarbi –. Non è lo stesso per quasi nessun’altra regione (…). La Sicilia del Novecento, sia in letteratura sia nelle arti figurative, ha dato una quantità di artisti e scrittori che hanno contribuito in modo determinante a delineare l’identità prevalente della cultura italiana. Da Giovanni Gentile a Leo­nardo Sciascia, da Vitaliano Brancati a Tomasi di Lampedusa, da Federico De Roberto a Lucio Piccolo, da Gesualdo Bufalino a Manlio Sgalambro, con una intensità e una densità di proposte che non hanno paragone». In questo senso, ammirare e raccontare la mostra di Noto è un modo per ringraziare la Sicilia. Un’isola - per dirla con le parole di Sgarbi - «fuori dal mondo», ma allo stesso tempo al centro di esso.

 

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Data di aggiornamento: 05 Ottobre 2020
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