La classe degli asini
«Cara Franca, oggi ho proprio voglia di scriverti una bella lettera, anche se esattamente non so dove sei… Come canta Ligabue, una delle voci più rock dei nostri tempi: “Io non lo so / quanto tempo abbiamo / quanto ne rimane / io non lo so / che cosa ci può stare / io non lo so / chi c’è dall’altra parte / non lo so per certo / so che ogni nuvola è diversa / so che nessuna è come te… Sono sempre i sogni a dare forma al mondo / Sono sempre i sogni a fare la realtà / Sono sempre i sogni a dare forma al mondo / e sogna chi ti dice che non è così / e sogna chi non crede che sia tutto qui…”.
Sembra che queste parole gliele abbia insegnate tu, cara Franca, perché anche tu, nel lontano 1975, sei stata un po’ rock, dando vita, come ministro dell’Istruzione, a un documento controcorrente che ha permesso a tanti di realizzare proprio quei sogni. Sto parlando ovviamente del tuo Documento Falcucci, che aprì la strada alla successiva legge sull’Integrazione scolastica del 1977, la legge Falcucci per l’appunto, fiore all’occhiello del nostro Paese, che permise l’abolizione delle classi differenziali, dette allora “speciali”.
Sarei curioso di conoscere il tuo parere sull’ultima trovata della Rai, davvero una bella trovata questa volta, che ha scelto, lo scorso novembre, di trasmettere in prima serata una fiction dedicata proprio a quel periodo. La classe degli asini, questo il nome dello sceneggiato televisivo che è entrato nel cuore del cambiamento, un cambiamento reso possibile grazie all’impegno di una persona qualsiasi come Mirella Antonione Casale, torinese, insegnante di matematica e madre di Flavia, una bambina con disabilità grave. Mi chiedo se tu ti sia rivista o meno nelle lotte rappresentate, nate allora per esigenze non più rimandabili, per garantire, cioè, a tutti la possibilità di studiare indipendentemente dalle difficoltà o dalla classe sociale dei singoli alunni, e di farlo insieme, non chiusi in un riformatorio o lasciati “tranquilli” nell’angolo di un’aula. Solo cercando di fondare, con la creatività e la forza di un gruppo unito, uno spazio diverso, fu possibile creare anche un nuovo modello di scuola e, di conseguenza, di cultura, politica e società.
Inutile sottolineare quanto il tema dell’inclusione scolastica sia centrale nella mia vita, non solo dal punto di vista esperienziale (anch’io ho frequentato la classe degli asini) ma anche da quello professionale. Parlando con una mia amica, riflettevo su quanto fatto, quanto costruito in cinquant’anni. Cinquant’anni che sembrano tanti ma sono veramente poca cosa se pensiamo a quanto è cambiato. Ai tuoi tempi non c’erano le tecnologie multimediali, i social, non c’erano strumenti culturali né politici, eppure la rivoluzione l’abbiamo fatta, tant’è che, come vedi, ancora se ne parla.
Sarei curioso di sapere come agiresti ora nel clima attuale e quale sarà il futuro. D’altronde, come dice sempre il nostro Liga: “Io non lo so / che cosa viene dopo / Io non lo so / se ti tieni stretto / ogni tuo diritto / so che ogni attimo è diverso / so che nessuno è come te”. Una cosa però è certa, cara Franca, con il tuo impegno e il tuo spirito hai aperto la mente del mondo dell’educazione e hai contagiato il clima culturale che a sua volta ci ha contagiati e di cui portiamo le tracce. E allora quei diritti, tanto faticosamente conquistati, non lasciamoceli più scappare. Grazie Franca, salutami le nuvole!».
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