La danza di Caterina (sogno di una notte di mezza estate)
Vi sono volte in cui le foto si scattano da sole. Capita di rado, ma accade. Non guardi nel mirino, nemmeno nel display. Non controlli tempi o diaframmi. Non speri nemmeno che la macchina sia sull’automatico. E non sai se a scattare è davvero la tua macchina, il tuo dito o quello che stai vedendo. Semplicemente accade.
Ad Aliano, paese dei calanchi lucani, il paese del confino di Carlo Levi, di Cristo si è fermato a Eboli, quasi alla fine di agosto, quando l’estate è spossata e bellissima, si ritrova la gente del «Festival della Paesologia», gente che crede nell’Italia invisibile, nei mille Sud sconosciuti di questa terra, nei paesi dai quali si fugge.
Non si può raccontare quanto accade ad Aliano nei giorni di questa festa: la luna, anche quando non c’è (lo scorso anno la portarono i cartapestai pugliesi), danza sui calanchi. Ci sono i tamburelli e gli organetti. E allora Caterina si alza in piedi, cammina in punta di piedi, non ha scarpe, un abito nero e una sciarpa volante. I musicisti la osservano, l’accompagnano, afferrano il ritmo. Questa piazzetta di Aliano è un piccolo teatro: i gradoni sono una platea scoscesa, un piano è un palcoscenico di pietra. La piazzetta si chiama Pane e Vino. Caterina danza. I suoi piedi sono un saltapicchio felice, le braccia disegnano cerchi, la sciarpa leggera è un arco, il vestito nero balla con lei e vola, i capelli sono una cometa. Gli occhi si impigliano. Momento di grazia in una notte d’estate. La macchina fotografica fa da sola. Sceglie anche il bianco e nero.
(quest’anno il festival La luna e i calanchi ad Aliano è fra il 20 e il 25 di agosto).