Pierino Di Tonno, il fotografo delle star
È uno dei più importanti e longevi fotografi di cinema e di attualità. Pierino Di Tonno ha 83 anni. La salute è un po’ malferma. Ma fino all’anno scorso faceva ogni giorno 10 chilometri di jogging. Eppure non ha ancora appeso al chiodo la sua macchina fotografica. Vanta ancora la tempra dell’indomito cacciatore di ritratti e di scoop. Nulla l’ha scalfita. Nemmeno lo sfratto incombente da cui l’ha salvato il tempestivo intervento del suo avvocato Ilario Antonio Gualtieri, nato nel 1959 a Santa Maria di Catanzaro, in Calabria. Da molti anni, Di Tonno vive in una casa-museo a Montréal. È un piccolo scrigno di tesori: centinaia di foto, molte di grandi dimensioni (un’intera galleria di cento immagini di Fellini) oltre a migliaia di negativi che raccontano, dagli anni Cinquanta ad oggi, non solo un pezzo di storia del Canada, ma anche quella del cinema e dei suoi divi, compresi quelli hollywoodiani come Al Pacino e Marlon Brando. Di Tonno ha lavorato anche con Rossano Brazzi, Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Gina Lollobrigida, Monica Vitti e Sophia Loren che volle per sé una foto che lui le aveva scattato.
La mia fotografia deve parlare
Originario di Montorio nei Frentani, in Molise, Di Tonno arrivò in Canada alla fine degli anni Cinquanta, con tre sorelle. Mamma e nonno avevano la cittadinanza americana. «La mia storia – ricorda – somiglia un po’ a quella di Salvatore: il ragazzino che ordina le bobine e taglia i fotogrammi nel film Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore. Dal cinema alla fotografia, il passo è stato breve, e lui non ci ha messo molto a dimostrare il suo talento. «Mi sono ispirato al grande Henri Cartier-Bresson. La mia fotografia deve parlare, deve essere in movimento. Io ho orrore delle fotografie statiche. Faccio l’inquadratura e l’immagine, poi dimentico la macchina fotografica, guardo la persona da fotografare, e infine scatto». Così ha lavorato per i giornali italiani, francesi e inglesi.
Hollywood, Cinecittà e Venezia
Tappe fisse della sua vita sono state Hollywood, Cinecittà e la Mostra del Cinema di Venezia, di cui è il decano dei fotografi. «Ricordo l’anno in cui ritrassi, per una giornata intera in giro per Venezia, il grande regista francese Robert Bresson con sua moglie. Era un po’ un lupo solitario. E quando l’indomani gli chiesi di posare sul red carpet della Mostra, insieme ad altri grandi cineasti di allora come René Clair, Marcel Carné e Jean Rouch, lui declinò l’invito dicendomi che li amava molto, ma sentiva di non avere nulla in comune con loro». La svolta professionale arrivò grazie all’incontro con i maestri del cinema italiano: Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Pietro Germi, Bernardo Bertolucci (con cui, ogni tanto, si sente ancora), e soprattutto Sergio Leone. «Con Sergio e il suo direttore della fotografia, Tonino Delli Colli, abbiamo cercato le location a Montréal dove è stato girato il film del 1984 C’era una volta in America. Allora parecchi film, anche di ambientazione statunitense, in realtà venivano realizzati qui in Canada. Rammento che fu un film complesso, difficile e molto costoso. E, secondo me, ebbe anche conseguenze sulla salute di Leone. Lui era molto arrabbiato per il fatto che, soprattutto in America, gli avessero tagliato la pellicola destinata alle proiezioni in sala».
L’amicizia con Fellini
Di Fellini e di sua moglie Giulietta Masina, Di Tonno ha un ricordo particolare: «Ho frequentato Fellini fin dagli anni Sessanta. Ero in ottimi rapporti anche con Giulietta». E il regista de La dolce vita gli fece anche un simpatico regalo: «Fellini era nato come disegnatore e fumettista. Eravamo al municipio di Montréal in attesa di incontrare il sindaco. D’un tratto, Federico prende carta e penna e mi fa una caricatura molto bella che conservo ancora oggi gelosamente». Di Tonno ha mantenuto i rapporti con l’Italia. Ogni anno passa un mese a Termoli, in provincia di Campobasso, dove vivono alcuni amici, e si diletta a ritrarre vecchietti e scorci di un mondo che sta scomparendo per sempre.