La forza della vita
«Gli annunziarono: “tuo figlio vive” (Gv 4,51). Si dice vita da vigore, e vita vuol dire anche vim tenet, conserva la forza. La vita del corpo è l’anima, la vita dell’anima è Dio, il quale dà all’anima il vigore e la forza, il potere e il sapere, perché viva: e voglia il cielo che noi vi aggiungiamo il volere». (Sant’Antonio, XXI di Pentecoste).
Non perde un colpo Jacopo: un anno appena compiuto, dopo ogni fine mensa trotterella determinato al seguito dei frati verso la piccola chiesa in Comunità San Francesco per la preghiera di metà giornata e della sera; e con pari andamento Jacopo precede a fine preghiera il gruppo in uscita, spingendo con le sue manine la porta oltre la quale la sua mamma (con lui ospite in Comunità) lo sta aspettando.
Anche Licia, 4 anni, ha imparato a cantare le antifone mariane – e in latino – senza sbagliare note e parole, danzando sul grande tappeto davanti all’altare. Jacopo, Licia e tanti altri bambini non transitano davanti a quella porta senza voler entrarvi almeno per un attimo, trascinando gli adulti che sono con loro. Poi, si sa, crescendo faranno domande sulla fede, alle quali, per ignoranza e noia, noi adulti, tutti, daremo forse risposte non sempre rassicuranti; è il rischio grave di essere educatori disattenti, di non saper cogliere le domande della vita stessa, proprio oggi che i bambini diventano prestissimo dipendenti dalle «risposte» dei tablet.
Del resto, una vita in rodaggio è tutta una domanda: ogni gesto di un bimbo è una domanda; è la vita in presa diretta, nel qui e ora di ogni situazione semplice o complessa.
Non è casuale che il nostro sant’Antonio sia raffigurato con Gesù tra le braccia, per dire non solo la reciproca tenerezza, ma soprattutto lo stupito interesse per la vita (Vita!) che il Bambino sveglia e risveglia nel Santo e in noi. Antonio ammonisce poi che sarebbe priva di forza una vita umana che non avesse un’anima da Dio, le mancherebbe quell’essenziale supplemento di energia di cui abbiamo bisogno perché la vita sia vera vita.
Stimolante quel «tuo figlio vive» del Vangelo ricordatoci dal Santo, che ci scuote e dice: «Svegliati! La vita che fiorisce non chiede smartphone o altri surrogati sostitutivi. La sua richiesta è molto più esigente».
Ma la vita, se ascoltata e protetta – conclude il Santo –, ha «potere» cioè è in grado di espandersi; può «sapere», cioè può gustare la verità e il bello; ma deve anche «volere», cioè decidersi per un cammino di verità che sarà di tutta la vita. Un cammino di verità che è fantastico quando è «staminale», quando cioè appartiene alle radici dell’esistenza della persona, la quale capisce molto presto, quasi d’istinto, di essere unica e irrepetibile, e rimane affascinata dal sogno di crescere all’infinito.
Vedo così l’itinerario di Antonio, proprio come lui stesso vede nel Bambino Gesù l’inizio, l’andamento e l’approdo della Vita che vale. E noi siamo con Jacopo e company che, tra sorrisi e rapidi balzi, strapazzano le pagine dei nostri breviari e strozzano i poveri fiori a portata di mano. E così sia.
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