Avete presente il film Non ci resta che piangere (1984)? In particolare la scena in cui, all’avviso del sacerdote «Ricordati che devi morire», Massimo Troisi risponde: «Si, si, mo’ me lo segno»? Raramente una battuta sul tema è stata così azzeccata. Fin dall’antichità il memento mori ha sempre occupato la mente di studiosi e filosofi. Uno su tutti Platone, secondo cui tutta la filosofia consisteva nell’imparare a morire.
Possiamo comprare alcune felicità: la gioia di vivere no, è gratuità pura, ed è la più bella. Arriva spesso, quasi ogni giorno. Siamo noi che dobbiamo imparare a riconoscerla, a farle spazio.
Una buona parte della possibilità di essere felici in questo mondo si gioca sulla capacità di «lasciar andare» situazioni, cose, persone, come ha ricordato di recente un noto scrittore. Perché, allora, è così difficile farlo?
La pietà popolare è stata un immenso esercizio collettivo di sovversione, soprattutto di donne. Fu, a modo suo, un meraviglioso inno alla vita, la risposta popolare alle idee teologiche sbagliate.
Va affrontato con calma l’ultimo libro di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, con calma, come tutte le cose belle e importanti. Perché quest’ultima fatica dei due sociologi – entrambi insegnano sociologia all’Università Cattolica di Milano – è un libro complesso e denso di intelligenti riflessioni, che tutti, proprio tutti, dovrebbero leggere.
Come attraversiamo gli inciampi della vita? Come affrontiamo le fatiche del nostro cammino? Ci facciamo aiutare da un episodio biblico tratto dal libro dei numeri, individuando quattro passi fondamentali.