La resilienza aiuta a vivere bene, nonostante i traumi, i dolori, i lutti. A colloquio con lo psichiatra e psicoterapeuta Antonio D’Ambrosio, autore del volume «Educare alla resilienza».
Riuscire a parlare di morte, parlando di vita. Non è facile, eppure lui ci riesce magnificamente. Il lui in questione è padre Guidalberto Bormolini, antropologo, tanatologo, nonché religioso dei Ricostruttori nella preghiera, un ordine relativamente recente (nato negli anni ’80 del secolo scorso, a opera del gesuita Gian Vittorio Cappelletto), che fa della «ricostruzione» (esteriore: casali e vecchie abbazie abbandonate; e interiore: l’unità tra corpo, mente e spirito) il suo specifico.
Il carcere si può frequentare per tanto tempo e, a un certo punto, si può pensare persino di conoscerlo. Non è così, non si capirà mai quel mondo, se non ci si è dentro.
Ci sono tanti modi di credere. E poi c’è quello che ci ha insegnato Gesù: il credere in un Dio che è amore, per tutti, anche per chi non amiamo e non ci ama. Un credere che è un volare sulla strada, liberi.
Molti dicono che Romena sia il posto degli umili. Io invece credo sia il posto degli umiliati. Di coloro che sono stati gettati a terra dalla vita e quella terra hanno deciso di lavorarla, per far rifiorire la propria esistenza. La parola umiltà deriva da humus, ed essere umili significa proprio questo: sentirsi responsabili della propria vita, senza aspettare che altri se ne facciano carico per noi.