La prossima felicità
Dodici ritratti, dodici storie di «prossima felicità», futura, ma anche e forse con maggior pregnanza di «felicità prossima», possibile, sostanzialmente vicina e raggiungibile, a patto che… Ecco, la differenza la fa quel «a patto che». Il sottotitolo ci indirizza quando associa a «felici» gli aggettivi «liberi» e «resistenti». Ma il libro non è un manuale di risposte, un prontuario di regolette premasticate: Giulia Calligaro ci porta in giro con lei in un’Italia minore (francescanamente minore) a conoscere dodici persone in carne e ossa che ispirano e inquietano, anche con i punti di domanda che suscitano.
Tra le diverse storie, tutte molto ben rese, non saprei scegliere. Mi ha colpito il capitolo dedicato a Simone Massi, le cui illustrazioni pregnanti avevo ammirato occupandomi di don Lorenzo Milani.Ho amato la vicenda di Vittoria Savio, nella quale ho ritrovato il fascino delle Ande peruviane. È anche la più anziana tra gli uomini e le donne descritti. Sono quasi tutti con i capelli bianchi, o grigi. Il luogo comune di associare la felicità alla giovinezza è ribaltato: felicità è frutto del cammino, non è pegno del futuro. «La felicità è una pratica di verità, che si porta avanti anche al prezzo di qualche cosa da pagare» scrive Giulia Calligaro. Chiunque abbia amato sa che è così.
Franco Arminio nell’introduzione ci avverte, questo libro «non è uno spettacolo fatto con le parole, è un pellegrinaggio a cui dovete rispondere. Altrimenti non cominciate neppure a leggere». La lettura è un rischio ben corso.