06 Giugno 2019

L’italiana che dirige il Sincrotone di Barcellona

L’intervista a Caterina Biscari, eccellenza italiana della fisica in Spagna. Ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), dirige il Sincrotrone ALBA di Barcellona.
il Sincrotrone ALBA di Barcellona
L'interno del Sincrotrone ALBA di Barcellona
JOSEP LAGO / AFP / Getty Images

Dal 2012 è direttore generale del Sincrotrone ALBA, la più grande e prestigiosa infrastruttura scientifica della penisola iberica, punto di incontro di fisici e scienziati provenienti da tutto il mondo. ALBA è un acceleratore con svariate applicazioni in molteplici campi, dall’industria alla medicina, dedicate a studiare il comportamento delle più minuscole particelle della materia. Esperimenti realizzati, appunto, utilizzando la luce di sincrotrone prodotta dagli elettroni accelerati. L’anno scorso ha ricevuto il premio «Scienziata dell’anno 2018» dalla Fondazione «Womans week». Nonostante il successo e i numerosi riconoscimenti in campo internazionale, Caterina Biscari ha conservato la sua semplicità, l’umiltà e la curiosità di chi lavora costantemente nel settore della ricerca. Laureata in fisica all’Università Complutense di Madrid, Caterina Biscari – padre siciliano e madre andalusa –, è nata a Modica, vicino a Ragusa. Nonostante sia vissuta diversi anni in Spagna, mantiene con l’Italia, e specialmente con la Sicilia, un legame affettivo molto forte.

MSA. Dottoressa Biscari, la sua passione per la scienza parte da lontano…Biscari. Dagli ultimi anni del liceo. Sentivo il desiderio di capire meglio le leggi fondamentali che governano la natura. Mi ponevo tante domande. E il mio libro di fisica, all’epoca, non era più sufficiente per soddisfare le mie curiosità.

Poi la decisione. Avevo particolare facilità di approccio alle materie scientifiche, alla matematica. Ho pensato che la fisica sarebbe stata il mio futuro.

Scelta azzeccata. Direi che è stata una scelta della quale sono sempre stata convinta, e che mi ha riservato molte gratificazioni. Spingendomi sempre oltre, con nuovi impegni, approfondendo la ricerca.

Oggi lei è direttrice di questo centro scientifico spagnolo conosciuto in tutto il mondo. Il Sincrotrone ALBA ha una vocazione internazionale: dà lavoro a oltre 200 persone provenienti da 15 Paesi del mondo. Sono migliaia, poi, i ricercatori che ogni anno passano per il nostro centro. Trovano nell’infrastruttura gli strumenti per poter avanzare nella conoscenza della materia di cui studiano proprietà e applicazioni.

La vostra è una ricerca multidisciplinare? Qui si va dai ricercatori che individuano un nuovo metodo di nanoparticelle per la cura del cancro a quelli che studiano un materiale biodegradabile per poter sostituire, in futuro, le bottiglie di plastica che stanno soffocando i nostri mari e oceani. Da quelli che sviluppano materiali per batterie di lunga durata a quelli che esaminano la composizione delle macchie di un affresco antico per capire come restaurarlo.

Per il suo impegno, ha ricevuto il premio «Scienziata dell’anno 2018». Che significato assume?  Un grande onore. Ma è il frutto di un lavoro di squadra. È il riconoscimento che quanto stiamo facendo ad ALBA è utile per la nostra società.

Una donna alla guida di un’importante realtà scientifica. Una vera conquista? Se fossi stata un uomo, forse il percorso sarebbe stato più veloce. Spesso si abbina la figura femminile a professioni di servizio come medico, insegnante… Meno al mondo della ricerca. Penso che oggi la Spagna sia più avanti dell’Italia. Le cose, comunque, stanno cambiando in tutto il mondo. Sempre più donne sono alla guida di realtà di primo piano.  

Sono anni, ormai, che lei lavora in questo settore, in Italia e all’estero. Prima di giungere ad ALBA per diventarne direttore, ho lavorato per molti anni nel campo della fisica di acceleratori ai laboratori nazionali dell’INFN di Frascati. Ho partecipato anche alla messa a punto del CNAO di Pavia, il centro di adroterapia che cura pazienti oncologici con fasci di ioni e protoni prodotti da un sincrotrone.

Un risultato importante. Ricordo ancora il giorno in cui il primo paziente è stato sottoposto alla terapia. È stata un’emozione unica, indimenticabile. 

Lei è un esempio dell’alta professionalità dei ricercatori italiani. Che cosa ci contraddistingue dagli altri Paesi? Il nostro livello di preparazione è eccellente. Considero che l’educazione delle nostre scuole offra un’ottima preparazione per qualunque carriera universitaria. Le università continuano a formare i giovani studenti in modo completo, con grande capacità analitica che permette loro di proporre soluzioni e di svilupparsi ulteriormente una volta all’interno di una struttura di ricerca.

Succede anche ad ALBA? Ad ALBA la comunità straniera più numerosa è quella italiana. Perché, molto spesso, quando pubblichiamo annunci di posti di lavoro, i candidati italiani dimostrano le più alte qualità.

Possibile che molti giovani, spesso plurilaureati, siano costretti a emigrare per trovare lavoro? Un Paese senza ricerca è senza futuro. L’Italia sta sbagliando in modo clamoroso la sua strategia. Ogni giovane che va via dal suo Paese, dopo che questo ha investito molto nella sua formazione, diventa una perdita non solo momentanea, ma anche a lungo termine. E perdere generazioni di ragazzi per la mancanza di investimenti seri nel mondo della ricerca, compromette la capacità del Paese di assicurare la qualità di vita che vorremmo per i nostri figli.

Data di aggiornamento: 06 Giugno 2019
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