17 Dicembre 2020

Mariya Gabriel, l’Europa dopo il Covid

La commissaria europea per l’Innovazione, la Ricerca, la Cultura, l’Educazione e i Giovani illustra le strategie dell’Ue per affrontare la fase post-pandemica.
Mariya Gabriel, commissaria europea per l’Innovazione, la Ricerca, la Cultura, l’Educazione e i Giovani.
Mariya Gabriel, commissaria europea per l’Innovazione, la Ricerca, la Cultura, l’Educazione e i Giovani.
© Claudio Centonze / eu

La pandemia causata dal virus SARS-CoV-2 ha inferto al mondo ferite paragonabili a quelle di una guerra mondiale. Ma, confidando su nuovi farmaci e vaccini, va maturando anche l’aspettativa di una ripresa della normalità dopo mesi vissuti in emergenza. Il Coronavirus ha rimesso in discussione i programmi di Stati e governi. E anche l’Europa inizia a guardare al futuro con priorità diverse. Abbiamo sentito in proposito Mariya Gabriel, commissaria europea per l’Innovazione, la Ricerca, la Cultura, l’Educazione e i Giovani.

Msa. L’emergenza sanitaria del Covid-19 ha evidenziato molte criticità in Europa: musei, teatri e cinema spesso chiusi; attività culturali, artistiche e musicali in crisi; restrizioni sulle attività sportive. Questi settori come possono essere rilanciati?
Gabriel. L’Unione europea si è assicurata che il settore della cultura potesse beneficiare di aiuti specifici: il «Temporary Framework» per gli aiuti di stato, la «Coronavirus Response Investment Initiative», e il «Supporto temporaneo per mitigare il rischio di disoccupazione durante l’emergenza» (SURE). Abbiamo creato una piattaforma per condividere informazioni e best practice. Spero che questo diventi uno strumento consuetudinario. Abbiamo adottato anche alcune misure settoriali, in particolare attraverso i programmi «Europa creativa» ed «Erasmus+». Abbiamo lanciato diversi inviti a sostenere la circolazione transfrontaliera e la distribuzione digitale delle opere delle arti dello spettacolo, nonché un «partenariato per la creatività» per collegare l’istruzione, la formazione, i giovani e il settore culturale e creativo. Ci siamo preoccupati di integrare la cultura in altre iniziative prese dalla Commissione europea, in particolare per il turismo. Il 40 per cento del turismo nell’Ue proviene dal settore culturale. Sui social media ho sostenuto la campagna «La cultura europea vicino a te», per promuovere i tesori culturali e naturali del continente. Ho sostenuto anche la creazione della piattaforma «Creatives Unite» che offre uno spazio dedicato per co-creare e caricare contenuti e contributi. Abbiamo proposto un piano di ripresa composto da un nuovo strumento: «Next Generation EU», e da un budget a lungo termine rinnovato per i prossimi sette anni. Con questo pacchetto, l’Ue investe nei giovani e nel futuro dell’Unione, incanalando più fondi per l’istruzione, la cultura, i giovani, la solidarietà, e nelle competenze digitali. Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Ue hanno concordato il prossimo quadro finanziario pluriennale («Multiannual Financial Framework 2021-2027») con un rafforzamento dei programmi prioritari. Tra questi figurano «Erasmus+» ed «Europa Creativa». Il sostegno al settore culturale e creativo sarà disponibile anche tramite programmi e fondi ovvero «REACT EU», la nuova politica di coesione 2021-2027, «InvestEU» e il programma «Digital Europe». Ma potrebbe anche essere sostenuto dal «Recovery and Resilience Facility»: uno strumento che fornirà sovvenzioni e prestiti agli Stati membri sulla base dei loro piani nazionali di ripresa, che definirà un’agenda di riforme e investimenti per il periodo 2021-2023. 
Il Parlamento europeo, attraverso la risoluzione «Cultural Recovery of Europe», ha invitato a destinare ai settori e alle industrie culturali e creative almeno il 2 per cento del «Recovery and Resilience Facility». Ora è importante che gli Stati membri diano priorità a questi settori nei loro piani di ripresa. Infine, nuove opportunità emergeranno anche da «Horizon Europe»: il programma quadro di ricerca e innovazione. All’interno della stessa iniziativa abbiamo anche proposto una nuova «Knowledge and Innovation Community» (KIC) sulle industrie culturali e creative sotto l’Istituto Europeo per l’Innovazione e la Tecnologia, con l’obiettivo di collegare i vari soggetti istituzionali e individuali, facilitare l’accesso ai finanziamenti, riqualificare e migliorare le competenze dei settori della cultura e della creatività. Per quanto riguarda lo sport, vengono applicate le stesse misure di sostegno. Abbiamo creato una piattaforma per consentire agli Stati membri di scambiare informazioni e best practice. Abbiamo applicato la flessibilità al nostro programma «Erasmus», e questo ha portato a un aumento del 50 per cento delle domande per il nostro ultimo bando. La «Settimana europea dello sport» è stata un successo nonostante la pandemia. Nel futuro programma «Erasmus», la componente dello sport sarà rafforzata sia finanziariamente sia per i contenuti. Sto anche lavorando all’iniziativa «Healthylifestyle4All» focalizzata sul legame tra sport e salute.

Nel corso della pandemia, i giovani di molti Paesi dell’Ue hanno dovuto studiare per lunghi periodi a casa, seguire le lezioni online, con conseguenze sulla qualità dell’apprendimento e della socializzazione. Lei ritiene necessario un ripensamento dei criteri di costruzione o ristrutturazione di edifici scolastici e universitari al fine di garantire, anche in caso di future epidemie, la fruibilità degli ambienti, oltre a una migliore organizzazione della mobilità e dei trasporti?
La pandemia ha avuto un impatto importante sui sistemi di istruzione e formazione in Europa. Ha esposto oltre 100 milioni di europei a nuovi modi di apprendere e insegnare. Non dobbiamo dimenticare che per gli studenti che vivono in contesti svantaggiati, le scuole svolgono anche il ruolo di rete di sicurezza sociale, sostegno scolastico e contatti sociali, a volte gli unici al di fuori della famiglia. È quindi di importanza strategica adattare le regole, migliorare la resilienza dei sistemi di istruzione e formazione, per renderli più inclusivi e digitalmente pronti per le sfide future, ma anche per l’era digitale in generale. Dobbiamo prestare particolare attenzione alle infrastrutture digitali, alla connettività e alle attrezzature, ma anche alle competenze digitali di insegnanti e studenti e ai nuovi sistemi educativi. È chiaro che l’apprendimento a distanza non può sostituire quello in presenza. Perciò la questione della costruzione o ristrutturazione di edifici scolastici e universitari è rilevante. Dobbiamo pensare a una migliore organizzazione dell’ambiente fisico di apprendimento, non solo quando adottiamo misure precauzionali per motivi di salute, ma soprattutto quando dobbiamo rispondere ai nuovi requisiti di uno spazio fisico di apprendimento compatibile con l’ambiente e la tecnologia. La necessità di tali investimenti nell’Ue era significativa anche prima della crisi del Covid-19, che ha semplicemente aggiunto un livello di complessità a una situazione già complicata. Dobbiamo usare la crisi come punto di svolta e cercare di dotare gli edifici scolastici degli strumenti necessari per affrontare le sfide future. Dobbiamo investire nella banda larga e su infrastrutture tecnologiche all’avanguardia, dobbiamo aumentare l’efficienza energetica degli edifici. Inoltre, le richieste di nuovi metodi di insegnamento e processi di apprendimento richiedono il rapido adattamento dell’ambiente fisico e digitale nelle scuole e nelle università ai requisiti delle nuove competenze e pedagogie, compreso l’apprendimento a distanza. Credo che occorrano sempre più investimenti in infrastrutture educative innovative, digitali e green. Per coordinare meglio le azioni degli Stati membri nel rafforzare la cooperazione e gli scambi, abbiamo proposto la creazione di un hub europeo dell’educazione digitale. Collegherà le iniziative e i soggetti dell’educazione digitale, nazionali e regionali, e fungerà da think tank, supportando lo sviluppo di politiche e azioni pratiche, e monitorando lo sviluppo dell’educazione digitale in Europa. Garantiremo così l’accesso a una piattaforma europea di contenuti di alta qualità per condividere online risorse educative certificate, e collegarci a piattaforme educative già esistenti. Sosterremo la creazione di 50 centri di eccellenza professionale nell’ambito del programma «Erasmus+». Diventeranno punti di riferimento sia per la formazione iniziale dei giovani che per il perfezionamento e la riqualificazione continua degli adulti. Un’altra iniziativa chiave è il lancio di «Education for Climate Coalition» per mobilitare scuole, università, studenti e insegnanti attraverso un rinnovato impegno contro il cambiamento climatico. Ho anche presentato il nuovo «Piano d’azione per l’educazione digitale» (2021-2027). I suoi principi fondamentali sono un’istruzione digitale di alta qualità, inclusiva e accessibile in Europa. Ecco perché viene proposta l’iniziativa «Connectivity 4 School» per sfruttare al meglio il sostegno dell’Ue per quanto riguarda la connettività digitale, l’accesso a Internet e l’acquisto di apparecchiature digitali, applicazioni e piattaforme di e-learning per le aree rurali o remote. La mia ambizione è quella di incoraggiare la partecipazione femminile. Ad esempio, con l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT) miriamo a fornire 40 mila corsi di formazione, il 45 per cento dei quali rivolti a ragazze e donne. È importante sviluppare anche le competenze digitali avanzate. In questo contesto, estenderemo i tirocini di «Digital Opportunity». Infine, dobbiamo lavorare su come affrontare la disinformazione e fornire a scuole, insegnanti e alunni strumenti di pensiero critico e creativo per favorire la realizzazione del loro potenziale.

La pandemia ha prodotto uno tsunami economico in Europa. Con il rischio concreto di un ulteriore indebolimento dell’Ue rispetto al crescente strapotere della Cina. 
Le nostre relazioni con la Cina sono complesse e siamo realistici riguardo al suo crescente ruolo globale che comporta rischi e opportunità. Nel 2019 abbiamo adottato lo «EU-China Strategic Outlook» che descrive la Cina come un partner per la cooperazione sugli Obiettivi dello sviluppo sostenibile (SDG), come concorrente economico e rivale sistemico. Ricerca e innovazione sono aree significative in discussione con i partner cinesi. Questo dialogo è rilevante, poiché le tecnologie emergenti saranno fondamentali per plasmare la ripresa di oggi e per garantire la prosperità di domani, mentre, allo stesso tempo, se fossero utilizzate in modo improprio potrebbero essere dannose per i nostri sistemi democratici, sopprimere le opinioni individuali e violare i diritti umani. Allo stesso tempo, difenderemo i nostri interessi strategici, la sicurezza e la competitività. Inoltre, ci assicureremo di proteggere e trasmettere la nostra visione della centralità dell’essere umano e dei nostri valori basati sui diritti umani, sia in patria che all’estero. Sto attualmente negoziando un’agenda congiunta Ue-Cina per la futura cooperazione in materia di scienza, tecnologia e innovazione. Finora la cooperazione è avvenuta principalmente nell’interesse della Cina, con poca reciprocità. La Cina ha spesso utilizzato la cooperazione con l’Ue come uno strumento autonomo per migliorare le sue capacità tecnologiche. C’è quindi il bisogno urgente di riequilibrare questo rapporto. Inoltre c’è un dialogo politico per promuovere la cooperazione nei settori dell’istruzione, della cultura, della gioventù, dello sport e gender. Anche in questo caso vi è un chiaro squilibrio soprattutto nel campo dell’istruzione. Ad esempio, solo 4 ricercatori post-doc europei sono attualmente ospitati in Cina mentre quasi 400 post-doc cinesi sono ospitati in Europa. Il mio messaggio è chiaro: reciprocità e condizioni di parità. Per affrontare le sfide globali, l’Ue e la Cina possono collaborare per colmare le lacune legate alla connettività tra Europa e Asia. Tuttavia, l’impegno dovrebbe essere basato su regole di mercato, trasparenza, requisiti dell’Ue e internazionali, norme e standard, sostenibilità e condizioni di parità che servono a promuovere interessi e valori reciproci. 

La ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica sono i campi sui quali l’Europa può costruire un nuovo primato mondiale. Quali obiettivi intende raggiungere la Commissione europea nei prossimi anni?
Gli sforzi della Commissione europea vanno in tre direzioni principali: in primo luogo, dobbiamo diventare leader di alcune delle tecnologie future come la quantistica e l’intelligenza artificiale e ottenere autonomia tecnologica in aree chiave. In secondo luogo, ci sforziamo di costruire un’Unione europea in cui l’eccellenza possa essere trovata in qualsiasi Stato membro. Infine, dobbiamo garantire che i laureati di talento, così come i ricercatori, possano seguire percorsi chiari per trasformare il loro talento e i risultati della ricerca in prodotti e servizi innovativi a beneficio della società. 
Innanzitutto partendo dalla leadership tecnologica e dall’autonomia, «Horizon Europe» – il nuovo programma quadro dell’Ue per la ricerca e l’innovazione – insieme con le collaborazioni tra università europee, fornirà i mezzi per assicurare che l’Europa continui e rafforzi la nostra leadership in alcune delle tecnologie chiave per il futuro. I nostri sforzi garantiranno inoltre che l’Europa disponga di un’autonomia tecnologica in aree essenziali per mantenere il nostro stile di vita. Mi riferisco, ad esempio, alle tecnologie in ambito sanitario (vaccini, respiratori), ambiente, biodiversità, produzione alimentare o cyber-security. Per raggiungere questa leadership tecnologica e questa autonomia, «Horizon Europe» punterà su un nuovo approccio ai partenariati europei che assicureranno una cooperazione strategica a lungo termine tra soggetti pubblici e privati in aree critiche come l’energia, i trasporti, la biodiversità, la salute, l’alimentazione.
Il nostro secondo obiettivo è garantire un alto livello di innovazione in tutta Europa. Il principale divario economico in Europa non è nel PIL pro-capite o nell’indice di produttività, ma nella performance dell’innovazione. Un divario che in Europa è più grande che in qualsiasi altro indicatore economico. Il nuovo «Spazio europeo dell’istruzione» condurrà a un aumento dell’eccellenza dell’istruzione negli istituti superiori. Allo stesso modo, il rafforzamento della ricerca europea mira a sostenere tutti i ricercatori affinché abbiano accesso a strutture all’avanguardia. Inoltre per chiudere il triangolo della conoscenza (istruzione-ricerca-innovazione) dobbiamo creare un’area europea per l’innovazione in grado di offrire la diffusione dell’innovazione in tutte le regioni d’Europa. I nostri talenti devono poter disporre dei mezzi per creare imprese e start-up innovative, indipendentemente dal luogo di residenza. 
Il nostro terzo obiettivo è garantire che le idee e i risultati della ricerca vengano trasformati in soluzioni innovative per affrontare le sfide socio-economiche: la ripresa post Covid-19, il cambiamento climatico e la digitalizzazione, senza lasciare indietro nessuno. Vogliamo sostenere i processi di innovazione con il nuovo Consiglio europeo per l’innovazione (EIC) e l’Istituto europeo per l’innovazione e la tecnologia (EIT). L’EIC, da un lato, sosterrà i risultati della ricerca per trasformarli in innovazione attraverso l’EIC, e dall’altro sosterrà le start-up tecnologiche a diventare leader globali attraverso l’acceleratore EIC. Inoltre, l’EIT integrerà l’EIC, aggiungendo la dimensione regionale, e accompagnerà i laureati nei loro percorsi di innovazione.

Crede che lo smart working possa essere utile per lo sviluppo di un nuovo concetto di «lavoro digitale» per i prossimi decenni, anche al di là dell’attuale emergenza sanitaria?
I nostri posti di lavoro si stavano già «digitalizzando» in numero crescente, e la pandemia di Coronavirus ha solo accelerato questa tendenza. Un dato è sorprendente: secondo Eurofound, nell’aprile del 2020, il 37 per cento degli europei operava con il telelavoro, contro il 5 per cento del 2019. Il passaggio al lavoro online è stato rapido ed efficiente, e ha consentito a milioni di imprese di restare a galla. Tuttavia, dobbiamo comprenderne meglio le conseguenze poiché non tutti sono pronti a cambiamenti così rapidi nel mondo del lavoro. Per trarre il massimo da questo sviluppo, le giuste competenze sono essenziali. Ovviamente, il telelavoro va al di là del semplice aspetto tecnologico. Molti lavoratori incontrano difficoltà a mantenere un sano equilibrio tra lavoro e vita privata sebbene il lavoro online offra flessibilità. Dobbiamo intercettare le sfide associate al lavoro online, e trovare un equilibrio che possa essere una combinazione ibrida di organizzazione tra lavoro in presenza e telelavoro. Le persone continueranno con il telelavoro anche dopo la pandemia. Dobbiamo considerare questo sviluppo come un’opportunità senza escludere nessuno né dal punto di vista economico, relativo all’accesso alle infrastrutture, né dal punto di vista della conoscenza delle nuove tecnologie. 

L'Europa sta invecchiando rapidamente. Occorrono nuove politiche per favorire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro e per sviluppare le aree economicamente più arretrate del continente. 
La crisi del Coronavirus ha conseguenze negative soprattutto per le prospettive occupazionali dei giovani. Sono più facilmente licenziati rispetto ai lavoratori più anziani ed esperti, e i neodiplomati e neolaureati potrebbero avere più difficoltà a trovare il loro primo impiego. L’estate scorsa abbiamo lanciato una proposta ambiziosa per promuovere l’occupazione giovanile: «Bridge to Jobs – reinforcing the Youth Guarantee» («Ponte verso il lavoro - rafforzare la garanzia per i giovani»). Si basa sulla storia di successo che ha aiutato più di 3 milioni e mezzo di giovani, ogni anno, dal 2014 a trovare lavoro, istruzione continua, tirocini o apprendistato. Ora abbiamo proposto di rafforzare questa iniziativa per raggiungere un più ampio target di giovani, tra i 15 e i 29 anni, per venire incontro a milioni di giovani a rischio disoccupazione e in difficoltà ad accedere al mercato del lavoro. Tutto questo attraverso approcci personalizzati, fornendo ai giovani livelli adeguati di orientamento e aiutandoli a trovare corsi di formazione su misura se il miglioramento delle competenze si rivela necessario. Quello che non è cambiato è il forte impegno di offrire loro un lavoro, una formazione continua, un tirocinio o un apprendistato entro quattro mesi. Gli Stati membri dell’Ue hanno già accettato la nostra proposta a tempo di record, vista l’urgenza di agire, il che significa che presto vedremo i risultati.
Un’altra iniziativa che intendo proporre durante il mio mandato è un programma europeo per le «micro credenziali» (certificati di studio e acquisizione di specifiche competenze in determinati campi, ndr) per ampliare le opportunità dell’apprendimento permanente nell’istruzione superiore. Ciò non esclude che, in futuro, possa essere inclusa anche l’istruzione non formale: tutti sono a conoscenza delle capacità e delle competenze che si maturano attraverso il volontariato e lo sport. 
Infine, vorrei portare come esempio il programma «Erasmus+». Negli ultimi tre decenni, la partecipazione a «Erasmus» ha stimolato lo sviluppo personale, sociale e professionale di oltre 10 milioni di persone. Ora copre tutti i settori dell’istruzione: da quella scolastica a quella professionale, dall’istruzione superiore alla formazione per gli adulti. E promuove la partecipazione allo sport. I giovani coinvolti nelle iniziative «Erasmus+» hanno migliorato le loro possibilità lavorative, il loro carattere, le abilità linguistiche, la maturità e le competenze interculturali, consolidando al contempo amicizie internazionali. Ecco perché abbiamo proposto di raddoppiare il bilancio del programma «Erasmus+» rendendolo più inclusivo e più green. 

Crede che un partenariato più efficiente tra Unione europea e Stati africani, soprattutto nell’area sub-sahariana, possa favorire lo sviluppo dei Paesi da cui oggi partono i principali flussi migratori verso l’Europa? 
La questione migratoria deve essere vista concentrandosi sulle cause profonde del fenomeno, promuovendo una crescita economica inclusiva, uno sviluppo sostenibile, la creazione di posti di lavoro, l’istruzione e lo sviluppo delle competenze, ma allo stesso tempo sostenendo la pace, la sicurezza, il buon governo, difendendo i diritti umani e lo stato di diritto. Questo approccio si riflette nella nostra proposta di una strategia per l’Africa con cinque partnership: per una transizione verde e l’accesso all’energia, per una trasformazione digitale, per la crescita sostenibile e l’occupazione, per la pace e la sicurezza, per la migrazione e la mobilità. Al centro l’attenzione alle persone e allo sviluppo di un «continente della conoscenza» basato su ricerca, innovazione e istruzione. Esiste già una collaborazione di lunga durata con l’Africa nel campo della ricerca e dell’innovazione. I ricercatori africani lavorano insieme ai loro coetanei europei per trovare soluzioni in ambiti come il cambiamento climatico, la sicurezza alimentare e le malattie infettive. L’ambizione è quella di approfondire la nostra cooperazione attorno a quattro pilastri: sanità pubblica, transizione green, innovazione e tecnologia, e scienza. Uno degli esempi eccezionali della cooperazione in materia di ricerca e innovazione tra l’Ue e l’Unione africana è il partenariato per le sperimentazioni cliniche dei Paesi europei e di quelli in via di sviluppo (EDCTP): viene finanziata la ricerca clinica di strumenti medici per rilevare, trattare e prevenire le malattie infettive legate alla povertà nell’Africa sub-sahariana. Questa partnership è stata fondamentale nei primi mesi dell’epidemia di Covid-19. Qualche mese fa abbiamo presentato il «Nuovo Patto su migrazioni e asilo». L’obiettivo è quello di sviluppare percorsi migratori legali verso l’Europa, e di attrarre i talenti di cui abbiamo bisogno.

 

L'intervista sarà pubblicata nel numero di gennaio del «Messaggero di sant'Antonio» - Edizione italiana per l'estero.

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Data di aggiornamento: 17 Dicembre 2020
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