Natale a pane e rose
Avete già pensato con quali prelibatezze imbandire la vostra tavola al pranzo di Natale? Io sì e credo proprio che quest’anno accompagnerò la consueta pagnotta di pane appena sfornato con un bel piatto di rose rosse… Pane e rose? Ma come mai, vi chiederete, azzardare una scelta così romantica e soprattutto così dietetica proprio il giorno di Natale? Perché, signori, non di solo pane vive l’uomo… Ci vogliono anche le rose! A insegnarcelo fu ormai un secolo fa una nota suffragetta di nome Rose Schneiderman che, durante un comizio a Cleveland, negli Stati Uniti, affermò con convinzione: «Ciò che la donna che lavora vuole è il diritto di vivere, non semplicemente di esistere, il diritto alla vita, così come ce l’ha la donna ricca, al sole e alla musica e all’arte. Voi non avete niente che anche l’operaia più umile non abbia il diritto di avere. L’operaia deve avere il pane, ma deve avere anche le rose».
La sua fu una dichiarazione che fece storia: non solo perché promuoveva l’emancipazione femminile attraverso la lotta per il diritto di voto, ma anche perché esortava le donne a sentirsi uguali agli uomini e tra loro stesse, al di là della classe sociale. Differenze che si misuravano, come notò l’attivista, non sulle ricchezze materiali delle singole, ma sul loro diritto al «superfluo», a godere della bellezza di un fiore, per esempio, sul diritto di riceverlo e di donarlo indipendentemente dalla necessità.
Uno scarto e un avanzamento in termini di diritto davvero interessante, che molto ha a che fare anche con i concetti di piacere e benessere, su cui oggi fortemente puntiamo come educatori, soprattutto quando parliamo di disabilità e diversità. Perché, mi domando, un bambino con disabilità o un bambino immigrato non dovrebbero avere gli stessi diritti degli altri al pane e alle rose? La possibilità di giocare in un contesto inclusivo è una rosa, andare al mare è una rosa, fare merenda al bar è una rosa, ricevere fiducia, sentirsi amati e ascoltati sono tutti petali dello stesso fiore, così come un semplice sorriso o uno sguardo non giudicante.
Le rose, insomma, così come sottolinea la nostra suffragetta, rappresentano il diritto alla vita e, aggiungo io, alla spensieratezza e alla speranza, intesa come promessa di evoluzione, libertà e apertura. Ecco allora come anche le parole di papa Francesco, «non togliamo la speranza a nessuno», acquistano ancora una volta una valenza rivoluzionaria, mettendo tutti sullo stesso piano e oltrepassando una visione classista del diritto alla cura di sé.
Anche i libri e le altre forme di cultura in generale rappresentano questo tipo di diritto e, più di quanto si potrebbe immaginare, fanno capo alla cosiddetta «rosa del superfluo», soprattutto quando si parla di certe categorie che restano escluse dalla lettura per motivi fisici, ma anche per vissuti, contesti familiari o esclusioni a priori. Se non ho soldi per comprarmi il pane, per esempio, perché dovrei pensare di comprarmi delle rose? Su questo interrogativo e su altri più legati alle peculiarità di deficit motori, cognitivi e/o sensoriali si spendono oggi con un ruolo particolarmente attivo le biblioteche specializzate, rappresentando un vero avamposto d’inclusione.
Sarà per questo che Il pane e le rose è anche il titolo dell’ultima monografia della rivista «HP-Accaparlante», un bello studio da leggere sotto l’albero, frutto delle ricerche proprio di una biblioteca specializzata, quella del Centro Documentazione Handicap di Bologna, che ribadisce l’importanza della lettura per lo sviluppo della conoscenza, ma anche come piacere tout court. Che dire, allora? Libri, sorrisi, un bicchiere di vino… il modo sceglietelo voi, ma questo Natale non dimenticate di mettere delle rose sulle vostre tavole imbandite. Buon Natale a tutti! Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.