Nuove mappe per educare

«Disegnare nuove mappe di speranza» è il titolo della Lettera apostolica di papa Leone XIV, diffusa il 28 ottobre scorso, in occasione del Giubileo del Mondo Educativo e dei 60 anni della Dichiarazione conciliare «Gravissimum educationis».
26 Novembre 2025 | di

Dal 27 ottobre al 1° novembre si è svolto il Giubileo del Mondo Educativo, un momento importante per la Chiesa, che da sempre nutre con parole e attenzioni buone la sua profonda vocazione educativa, vista come «trama stessa dell’evangelizzazione», «modo concreto con cui il Vangelo diventa gesto educativo, relazione, cultura» (Disegnare nuove mappe di speranza, 1.1). È stata anche l’occasione per celebrare il 60° anniversario della Dichiarazione sull’educazione cristiana del Concilio Vaticano II, Gravissimum educationis (28 ottobre 1965) e per dare vita a un vero e proprio congresso sul tema, dal titolo Costellazioni, educative. Un patto con il futuro – promosso il 30 ottobre dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione – oltre che un incontro (sempre il 30 ottobre) del Papa con gli studenti, in aula Paolo VI. Ma soprattutto, in quei giorni, per la precisione il 27 ottobre, papa Leone XIV ha firmato la Lettera apostolica Disegnare nuove mappe di speranza, diffusa poi il giorno seguente. Una Lettera che, oltre a riallacciarsi al documento conciliare, si inserisce nella linea di quel patto educativo globale già lanciato da papa Francesco al fine di «ravvivare l’impegno per e con le giovani generazioni, rinnovando la passione per un’educazione più aperta e inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione» (cfr. Messaggio del Santo Padre Francesco per il lancio del patto educativo, 12 settembre 2019). E, infatti, papa Leone così scrive, al punto 10.1 della sua Lettera: «Tra le stelle che orientano il cammino c’è il Patto Educativo Globale. Con gratitudine raccolgo questa eredità profetica affidataci da Papa Francesco. È un invito a fare alleanza e rete per educare alla fraternità universale. I suoi sette percorsi restano la nostra base: porre al centro la persona; ascoltare bambini e giovani; promuovere la dignità e la piena partecipazione delle donne; riconoscere la famiglia come prima educatrice; aprirsi all’accoglienza e all’inclusione; rinnovare l’economia e la politica al servizio dell’uomo; custodire la casa comune. Queste “stelle” hanno ispirato scuole, università e comunità educanti nel mondo, generando processi concreti di umanizzazione».

Ma ai sette punti indicati da papa Francesco, Leone XIV ha aggiunto nella sua Lettera «tre priorità. La prima riguarda la vita interiore: i giovani chiedono profondità; servono spazi di silenzio, discernimento, dialogo con la coscienza e con Dio. La seconda riguarda il digitale umano: formiamo all’uso sapiente delle tecnologie e dell’IA, mettendo la persona prima dell’algoritmo e armonizzando intelligenze tecnica, emotiva, sociale, spirituale ed ecologica. La terza riguarda la pace disarmata e disarmante: educhiamo a linguaggi non violenti, riconciliazione, ponti e non muri; “Beati gli operatori di pace” diventi metodo e contenuto dell’apprendere».

Il nuovo documento, 11 paragrafi molto densi, denuncia la povertà educativa ancora diffusissima nel mondo, con milioni di bambini e bambine che non hanno mai frequentato un’aula scolastica a causa di guerre, povertà, emigrazione, disuguaglianze. Un’ingiustizia inaccettabile, perché, come il Papa stesso aveva scritto nella sua recente Esortazione apostolica Dilexi te, «l’educazione è una delle espressioni più alte della carità cristiana», da cui non si può prescindere se vogliamo costruire un mondo più giusto, più attento agli ultimi e partecipare così alla creazione di una concreta speranza per il futuro. La Lettera cita numerosi esempi di cristiani che, nel corso dei secoli, hanno saputo dare il loro importante contributo in tal senso. Come san Giuseppe Calasanzio, il quale, nella Roma del Seicento decise di aprire «scuole gratuite per i poveri, intuendo che l’alfabetizzazione e il calcolo sono dignità prima ancora che competenza». E ricorda ancora come l’educazione abbia nel suo Dna una vocazione alla «coralità», perché «nessuno educa da solo. La comunità educante è un “noi” dove il docente, lo studente, la famiglia, il personale amministrativo e di servizio, i pastori e la società civile convergono per generare vita. Questo “noi” impedisce che l’acqua ristagni nella palude del “si è sempre fatto così” e la costringe a scorrere, a nutrire, a irrigare».

Al centro della missione educativa, ricorda poi papa Leone, ci deve essere sempre la persona nella sua interezza, che va educata a maturare lo stesso «sguardo lungo di Abramo: far scoprire il senso della vita, la dignità inalienabile, la responsabilità verso gli altri. L’educazione non è solo trasmissione di contenuti, ma apprendistato di virtù. Si formano cittadini capaci di servire e credenti capaci di testimoniare, uomini e donne più liberi, non più soli».

Il Pontefice cita poi ripetutamente anche san John Henry Newman – che ha voluto dichiarare, in occasione del Giubileo del mondo educativo, co-patrono della missione educativa della Chiesa insieme a san Tommaso d’Aquino –, il quale ricordava come sia «la sincerità del cuor e non l’abbondanza delle parole» a toccare «il cuore degli uomini».

Al centro della Lettera, ovviamente, i richiami all’importante missione della scuola e dell’università cattoliche, ambienti «in cui fede, cultura e vita si intrecciano» e in cui «gli educatori sono chiamati a una responsabilità che va oltre il contratto di lavoro: la loro testimonianza vale quanto la loro lezione. Per questo, la formazione degli insegnanti – scientifica, pedagogica, culturale e spirituale – è decisiva». Così come non mancano richiami all’importanza di una corretta educazione ambientale, perché «quando la terra soffre, i poveri soffrono di più. L’educazione cattolica non può tacere: deve unire giustizia sociale e giustizia ambientale, promuovere sobrietà e stili di vita sostenibili, formare coscienze capaci di scegliere non solo il conveniente ma il giusto. Ogni piccolo gesto – evitare sprechi, scegliere con responsabilità, difendere il bene comune – è alfabetizzazione culturale e morale».

Fondamentale anche il passaggio dedicato al tema del digitale, molto caro al Pontefice: «Sessant’anni fa, la Gravissimum educationis ha aperto una stagione di fiducia: ha incoraggiato ad aggiornare metodi e linguaggi. Oggi questa fiducia si misura con l’ambiente digitale», scrive, ricordando però che «le tecnologie devono servire la persona, non sostituirla; devono arricchire il processo di apprendimento, non impoverire relazioni e comunità. Un’università e una scuola cattolica senza visione rischiano l’efficientismo senza anima, la standardizzazione del sapere, che diventa poi impoverimento spirituale», e che «nessun algoritmo potrà sostituire ciò che rende umana l’educazione: poesia, ironia, amore, arte, immaginazione, la gioia della scoperta e perfino, l’educazione all’errore come occasione di crescita». Per questo, sottolinea ancora il Papa, l’importante è l’uso che facciamo della tecnologia: «L’intelligenza artificiale e gli ambienti digitali vanno orientati alla tutela della dignità, della giustizia e del lavoro; vanno governati con criteri di etica pubblica e partecipazione; vanno accompagnati da una riflessione teologica e filosofica all’altezza. Le università cattoliche hanno un compito decisivo: offrire “diaconia della cultura”, meno cattedre e più tavole dove sedersi insieme, senza gerarchie inutili, per toccare le ferite della storia e cercare, nello Spirito, sapienze che nascano dalla vita dei popoli».

Infine, Leone XIV ribadisce che «le costellazioni educative cattoliche sono un’immagine ispiratrice di come tradizione e futuro possano intrecciarsi senza contraddizioni: una tradizione viva che si estende verso nuove forme di presenza e di servizio. Le costellazioni non si riducono a neutri e appiattiti concatenamenti delle diverse esperienze. Invece di catene, osiamo pensare alle costellazioni, al loro intreccio pieno di meraviglia e risvegli. In esse risiede quella capacità di navigare tra le sfide con speranza ma anche con una coraggiosa revisione, senza perdere la fedeltà al Vangelo. Siamo consapevoli delle fatiche: l’iper-digitalizzazione può frantumare l’attenzione; la crisi delle relazioni può ferire la psiche; l’insicurezza sociale e le disuguaglianze possono spegnere il desiderio. Eppure, proprio qui, l’educazione cattolica può essere faro: non rifugio nostalgico, ma laboratorio di discernimento, innovazione pedagogica e testimonianza profetica. Disegnare nuove mappe di speranza: è questa l’urgenza del mandato».

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Data di aggiornamento: 26 Novembre 2025
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