04 Dicembre 2019

Più dell’ideologia poté sant’Antonio

Dai campi di internamento in Albania, alla prigione per non diventare delatore, all’esodo in Italia: una vita intera attraversata con l’aiuto di sant’Antonio, incontrato nel santuario di Laç.
fedeli al santuario di Laç
fedeli al santuario di Laç
©ArchivioMsa/ASemplici

«Caro direttore, davvero in tanti passaggi della mia vita ho sentito su di me la mano benefica di sant’Antonio. Sono nato nel 1944 a Tirana, figlio di una coppia mista: mio padre albanese e musulmano, mia madre italiana e cattolica. Poco dopo la mia nascita, con la fine della guerra e l’avvento dei comunisti, iniziarono per la mia famiglia 47 anni di calvario, perseguitati dal regime insieme a decine di migliaia di famiglie che non si asservirono in mente e spirito alla tirannia. Mio padre fu condannato a 15 anni di lavori forzati e poi a 30 anni di confino, mia madre e mia nonna con me bambino furono obbligate a vivere nei campi di internamento. La vita religiosa era quasi inesistente. I sacerdoti, pur internati come noi, non potevano svolgere apertamente la loro missione. Festeggiavamo in segreto il Natale e la Pasqua, nel migliore dei casi ascoltando di nascosto alla radio il messaggio del Papa. Tempo dopo ho dovuto rispondere ai giudici per questo fatto, denunciato alla polizia da parte di un amico...

Nel 1974 mi sposai, dopo due anni nacque la prima figlia, cui seguì la seconda. Fu in quel periodo che la polizia politica, dopo un lungo “corteggiamento” per farmi diventare delatore, mi mise alle strette: o accettare o la prigione per dieci anni. Scelsi la seconda e fui arrestato.

In quel frangente, la moglie di mio zio paterno mi suggerì di pregare sant’Antonio, essendo lei devotissima. Sant’Antonio era molto conosciuto in Albania. Esisteva un’antica chiesa a Laç, frequentatissima persino da musulmani e ortodossi. Negli anni Settanta il governo la rase al suolo, per costruirci sopra un presidio militare, ma il progetto non fu mai realizzato. Nel silenzio della cella io pregavo ardentemente sant’Antonio di farmi uscire dall’istruttoria che precedeva il processo, senza tradire gli amici. Da quel giorno di aprile 1980 non ho mai smesso di pregarlo. Ed ecco che il miracolo del Santo si verificò: il giudice si mostrò cortese e comprensivo, e mi ottenne uno sconto di pena di due anni. Ero riuscito a non denunciare i miei compagni, a mantenermi onesto. Fui mandato a lavorare in miniera, nonostante soffrissi di ulcera duodenale. Sant’Antonio mi protesse sempre. La prigionia durò due anni e mezzo. Grazie a un’amnistia tornai nella mia famiglia, ma lo Stato si pentì presto di avermi graziato, e decretò di nuovo l’internamento.

Rientrato a casa, in me e mia moglie crebbe il desiderio di un nuovo figlio. Pensammo di rivolgerci a sant’Antonio per avere un maschio. Ci recammo a Laç, tra le rovine della chiesa e, in compagnia di migliaia di persone che salivano e scendevano la collina, pregammo il Santo. Era il 13 giugno 1983. Mio figlio nacque l’11 marzo successivo. Era il dono di sant’Antonio alla nostra famiglia.

Nel 1991, quando il regime comunista crollò, scrissi un articolo nel quale raccontavo come la chiesa di Sant’Antonio, pur distrutta, fosse rimasta luogo di preghiera e di miracoli, segno di speranza per tutti gli albanesi di tutte le religioni, che, numerosissimi, ogni 13 giugno, salivano a Laç, sfidando apertamente la paura e i divieti dello Stato ateo comunista. Era questo il grande miracolo di sant’Antonio. Giunto in Italia, nell’agosto 1991, quell’articolo l’ho tradotto e mandato al “Messaggero di sant’Antonio”, che l’ha pubblicato. È stato letto anche dal cardinale Biffi, e da lui è partita l’iniziativa di aiutare la ricostruzione della chiesa, la quale è stata eretta in due anni più bella e più maestosa di prima. All’amatissimo sant’Antonio continuo a chiedere la benedizione per me e per la mia famiglia, e per voi frati che servite il grande popolo del Santo».

Eugjen Merlika

 

Certe lettere meritano solo di essere pubblicate senza tanti commenti, unendosi al «grazie» per il bene di cui sant’Antonio non smette di farsi mediatore, nelle incertezze e nei passaggi bui della vita, come pure nella più spicciola quotidianità.

Incuriosito dal suo racconto, sono poi andato a cercare l’articolo che lei, caro lettore, mandò qui a Padova nel 1991. Uscì sul «Messaggero» di gennaio 1992 col titolo di Sant’Antonio: sfida a Hoxha (Enver Hoxha fu dittatore in Albania fino al 1985). Immagino di fare cosa gradita a lei e ai lettori riproponendo l’articolo integrale alla fruizione di tutti.

Data di aggiornamento: 04 Dicembre 2019
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