Plastica, il resort salva barriera
Un diving-resort aperto non solo a turisti in cerca di relax, ma soprattutto a scienziati e studenti appassionati di barriere coralline. L’hanno fondato nel 2009 quattro giovani biologi marini, tra cui un milanese, Marco Segre Reinach, rimasto folgorato dalle bellezze di Bangka, nel Sulawesi Settentrionale, e deciso a combattere l’inquinamento da plastica sull’isola indonesiana. Inizialmente concepito come polo dove si scambiano idee e si sviluppano progetti, dal 2013 il Coral Eye Bangka (questo il nome del resort) ospita anche escursionisti che, attraverso il loro soggiorno, contribuiscono alla causa.
In dieci anni di attività l’obiettivo del resort non è cambiato. Ricerca scientifica e sensibilizzazione della popolazione locale al rispetto della cosiddetta Coral Triangle restano il modo più efficace per tutelare una delle aree con maggiore biodiversità marina al mondo: un ecosistema in cui confluiscono cinque dei maggiori fiumi asiatici responsabili della diffusione della plastica negli oceani. È proprio per contrastare questo flusso vizioso che, a fine luglio, il team di scienziati a capo del resort ha lanciato la No Trash Triangle Initiative. «Iniziammo a constatare la devastante estensione dell’inquinamento da plastica osservando quante spiagge tropicali quasi incontaminate venivano ricoperte da rifiuti galleggianti a ogni marea – spiegano gli organizzatori sul sito www.no-trashtriangle.org –. Così decidemmo di agire».
Detto fatto. Partendo dal presupposto che circa il 70 per cento dei rifiuti portati dalle onde sulle spiagge di Bangka è riciclabile e ha un valore economico, la No Trash Triangle Initiative prevede un programma di educazione ambientale rivolto alle scuole medie di Bangka e strutturato in lezioni teoriche e pratiche. Tra campi sulla spiaggia e incontri con esperti, l’iniziativa – supportata dalla ong indonesiana Seasoldier – punta in primo luogo a istruire le nuove generazioni. Qualora il format avesse successo, l’idea sarebbe di esportarlo da Bangka in altre realtà limitrofe, creando un modello di eco-sostenibilità intessuto di collaborazioni. «Un’educazione creativa è la chiave di quel modello sostenibile e replicabile che stiamo sviluppando insieme – si legge ancora sul sito del progetto –. Se le generazioni più giovani comprendono il loro ambiente naturale, l’impatto che le loro azioni producono e le possibili soluzioni, esse diventano una parte cruciale nel processo di implementazione di queste soluzioni e nella lotta all’inquinamento da plastica».
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