Quando il lavoro è degno: alla ricerca delle buone pratiche
La seconda giornata della 48sima Settimana sociale si è aperta con un’interessante riflessione biblica dell’economista Luigino Bruni, il quale, tra le moltissime cose sottolineate, ha ricordato che «la ricchezza che non può essere condivisa non sazia, non appaga il nostro cuore. Alimenta soltanto la fame di vento, e produce il grande auto-inganno che la ricchezza in sé o l’aumento del patrimonio potranno domani saziare l’indigenza di oggi». e ha sottolineato come nel mondo di oggi ci sia un paradosso, un contrasto tra chi il lavoro non ce l’ha (moltissimi giovani, per esempio) e chi ha trasformato il lavoro nella propria vita, facendone un idolo.
Al termine della riflessione di Bruni, sul palco sono saliti il gesuita padre Francesco Occhetta(membro del comitato preparatore) e il cardinale Peter Turkson, prefetto del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. Occhetta, dopo aver sottolineato alcuni dati che fotografano la realtà italiana del lavoro (23 milioni di lavoratori, 10 milioni dei quali sono part time; ogni 10 lavoratori ci sono 3 pensionati – con quello che ciò significa a livello di impatto sul sistema previdenziale–, lo scorso anno il sistema non ha potuto assorbire 258 mila persone per mancanza di competenze; la disoccupazione giovanile si attesta attorno al 40%) ha sollecitato il cardinale Turkson con una serie di domande.
«Il lavoro umano non è una maledizione – ha ricordato l’alto prelato – fa parte dell’uomo sin dall’inizio della creazione, quando è stato chiamato da Dio ad aver cura del Creato. L’uomo quindi è co-creastore con Dio, perché con Dio collabora nella conservazione e nella cura del Creato».
«Purtroppo, però, non sempre il lavoro umano è degno – ha detto ancora Turkson –. Ci sono alcune caratteristiche ben precise che lo rendono tale: se è giusto, contribuisce al bene dell’umanità e si svolge in condizioni degne. Di certo alcuni lavori (al di là delle condizioni in cui si svolgono) non sono degni di per sé: il fabbricare armi, per esempio, la tratta delle persone o la pornografia».
«Nella Laudato si’ – ha proseguito Turkson – il lavoro viene definito questione ambientale, in una visione olistica. Perché? Innanzitutto perché è nel la natura che si esercita il primo lavoro, quello di cura, il preservare, come appena detto, la natura come un giardino, non farne un deserto. Se si sottrae qualcosa all’ambiente bisogna poi restituirglielo perché non resti sterile. Il legame tra lavoro e ambiente è dunque stretto».
« Per la Chiesa– ha ricordato padre Occhetta – il lavoro è il lavoratore e la dottrina sociale della Chiesa è nata proprio per difendere gli sfruttati, le donne, i bambini, gli operai che lavoravano in condizioni disumane..».
«L’uomo non può vivere senza lavoro – gli ha fatto eco il cardinale Turkson –, perché è nato per lavorare. L’uomo è “uomo che lavora”: tutte le encicliche sociali, dalla Rerum novarum in poi, sono partite da questo presupposto. Ma la Chiesa deve anche mettere in guardia dalla ricerca del profitto fine a se stesso, che porta a sacrificare l’essere umano (la ricerca del costo del lavoro a prezzi bassi). È il desiderio di guadagnare sempre di più che ci porta a compromettere la dignità umana. Qui a Cagliari si parlerà di sfide: intelligenza artificiale nel campo del lavoro, giovani che non riescono a entrare nel mondo del lavoro. Da quando sono arrivato a Roma ho sempre sentito sempre parlare di giovani senza lavoro: se c’è questa dimensione “difettosa” dobbiamo rivederla, anche sul modello di Paesi vicini che hanno risolto questioni analoghe (per esempio, la Germania ha saputo creare percorsi professionali per i giovani che non passano attraverso gli studi universitari). Ora poi c’è la grande sfida dell’intelligenza artificiale: se i roboto fanno meglio e in meno tempo il lavoro dell’uomo, non dobbiamo entrare in competizione con essi, ma cercare alternative valide di lavoro, quelle fatte per gli esseri umani, convivendo con le macchine».