Quella comunione dei santi con i nostri cari
«Quando il cuore è ferito è difficile pregare, lo capisco. La tentazione è quella di chiuderci in noi stessi. Dobbiamo, invece, aprire insieme il nostro cuore al cuore misericordioso di Dio. Lui ci accoglierà, colmandoci del suo amore che trasforma».
Padre Oliviero Svanera è il Rettore della Basilica. Lo scorso aprile, nella domenica in Albis e della Divina Misericordia, ha promosso, per la prima volta, «Tuo figlio vive», celebrazione voluta per stare vicino alle famiglie che vivono l’esperienza della perdita.
Parole, e momento di preghiera, non nascono per caso. Padre Svanera ha ascoltato tante storie, ha condiviso la sofferenza di tante famiglie. Alla messa c’erano Associazione italiana familiari e vittime della strada, Comunità figli in cielo, De Leo Fund onlus e L’Isola che c’è (Hospice Pediatrico PD). La messa ha visto una supplica al Santo «che ha stretto tra le braccia il Bambino Gesù proprio come un padre e una madre i propri figli» e una speciale benedizione.
«Il vero problema per un genitore, un famigliare è quando cala la tensione, quando, soprattutto nelle persone che ci circondano, l’aspetto di coinvolgimento emozionale vien meno, com’è naturale o nell’ordine delle cose. Così capita che le persone si ritrovino da sole a fare i conti con ferite che continuano ad aver bisogno di essere curate. E qui la fede gioca un ruolo decisivo e terapeutico. Sta, in questo particolare momento, una dimensione di fede eccezionale – prosegue –. Mi spiego, lanciando una provocazione. Chiediamoci cosa avviene durante la celebrazione dei funerali: l’Eucaristia è davvero un’occasione per evangelizzare la morte e la speranza cristiana?
A volte tutto finisce per esaurirsi al solo ricordo, pur giusto e condivisibile, della persona scomparsa. Spesso non ci si rammenta del fondamentale e grande messaggio cristiano della risurrezione, della comunione dei santi con i nostri cari. È questo passaggio che permette di trasformare una tragedia, una ferita, come la perdita di un figlio, in una feritoia di luce e di speranza».
Ed è a questo punto che sono cominciati anche molti percorsi di fede imprevisti, inimmaginabili per le stesse persone coinvolte. «”Sa, padre – mi raccontano –, credevo di non farcela. Sapere che esiste una dimensione diversa, in cui la morte acquista un suo significato preciso, mi dà forza e speranza”».