Religioni di pace

Si è svolto a Venezia, il 5 luglio scorso, il convegno «The challenges to the world peace today – Le sfide odierne alla pace nel mondo», organizzato dall'associazione «Missione Shahbaz Bhatti».
10 Luglio 2025 | di

«The challenges to the world peace today – Le sfide odierne alla pace nel mondo»: su questo tema di scottante attualità, sabato 5 luglio a Venezia, presso la Scuola Grande di San Teodoro (a pochi passi da Rialto), si è svolta un’intera giornata di intensa riflessione, che ha visto la partecipazione di numerosi e qualificati relatori, organizzata dall’associazione «Missione Shahbaz Bhatti» (MSB), la realtà fondata e presieduta da Paul Bhatti, ispirandosi al pensiero e all’impegno generoso di suo fratello Shahbaz Bhatti, Ministro federale delle Minoranze religiose e dell’Armonia nazionale del Pakistan dal 2008, assassinato il 2 marzo 2011».

Tre i focus attorno ai quali i relatori sono stati chiamati a esprimersi: «Strategie per costruire la pace: il ruolo delle religioni e della politica», «Il diritto internazionale: terreno comune per prevenire i conflitti» e infine, nel pomeriggio, «Rischi di guerra nucleare: tensione tra Pakistan e India».

Numerosi e di rilievo i relatori che hanno partecipato all’evento: il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, Massimiliano Tubani, direttore di «Aiuto alla Chiesa che soffre», il presidente della Conferenza episcopale del Pakistan Samson Shukerdin, l’imam della Royal Mosque and Chairman RHC, Mulana Khabir Azad, la professoressa Valeria Martano, coordinatrice per la Comunità di Sant’Egidio dell’area asiatica, il cardinale pakistano Joseph Couttes, Michele Tomasi, vescovo di Treviso. E poi Francesco D’Alfonso, direttore della Caritas di Belluno – Feltre, vicepresidente di MSB, Shahid Mobeen, docente di Filosofia all’Università Urbaniana di Roma, il vescovo di Piacenza-Bobbio, Adriano Cevolotto, Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale dell’Azione cattolica, Mirko Sossai, docente di Diritto Internazionale all'Università Roma Tre, Giuliano Brugnotto, vescovo di Vicenza, il vescovo della diocesi pakistana di Peshawar, Humphrey Peter, il ministro per le Minoranze del Punjab, Sardar Ramesh Singh Arora, l’onorevole Sardar Mohammad Yousaf, ministro federale degli affari religiosi in Pakistan, Antonio Silvio Calò, direttore della Fondazione Venezia per la Pace, e Syed Yousaf Raza Gilani, presidente del Senato pakistano, già Primo ministro tra il 2008 e il 2012.

Più di qualcuno, a partire da monsignor Moraglia, ha rilevato che la scelta della città lagunare, città di scambi, come sede dell’evento non è stata casuale. Mirko Sossai, in particolare, ha rilevato come «Venezia sia affacciata sul mar Mediterraneo, un mare, segnato da guerre e violenze, ma storicamente spazio di convivenza e dialogo».

Oggi, hanno sottolineato quasi all’unanimità i relatori, parlare di pace non basta: bisogna realizzare azioni concrete che garantiscano un’adeguata formazione per tutti, senza la quale non può esserci comprensione del mondo, azioni che costruiscano pace e dialogo, che favoriscano la conoscenza e l’incontro tra diverse culture e religioni. Perché, a ben guardare, il valore della pace è trasversale alle varie religioni, che però a volte non si capiscono tra di loro proprio a causa della mancata conoscenza reciproca. E bisogna continuare a credere nel diritto internazionale, il quale, nonostante stia continuamente subendo attacchi anche da parte dei più potenti Paesi del mondo, rimane l’unica possibilità per instaurare un dialogo costruttivo, basato su valori e principi universalmente condivisi. È anche assolutamente necessario, come è emerso più volte nel corso della giornata, che vengano costantemente perseguite verità e giustizia, strumenti fondamentali per spegnere o gestire le situazioni di conflitto che nel mondo potrebbero mettere a repentaglio la pace. E, ultimo ma non ultimo, avere il coraggio di chiamare la guerra con il proprio nome: troppe volte, infatti, sta accadendo che essa venga celata sotto parole che sembrano legittimarla, o, addirittura, si utilizza la parola pace per giustificare la guerra stessa. «Si vis pacem, para bellum» («se vuoi la pace, prepara la guerra») è un antico detto latino oggi completamente superato – è stato più volte sottolineato nel corso della giornata –, del quale si sono viste nel corso della Storia umana le drammatiche conseguenze. Per questo, oggi, esso deve essere sostituito dal più reale: «Si vis pacem, para pacem» («se vuoi la pace, prepara la pace»).

«Quello che sta avvenendo qui, in questa giornata – ha ribadito monsignor Tomasi a conclusione della prima sessione di lavori – è importante. Non abbiamo elaborato strategie. Ma abbiamo sperimentato, con molteplici convergenze, che esiste nel mondo una qualificata folla di persone che, anche in ruoli chiave della vita delle nazioni, parte scommettendo sulla possibilità della pace, non come ideale lontano, ma come reale necessità nell’oggi. Persone che scommettono che ci sia la possibilità, in questo nostro tempo, proprio attraverso la conoscenza e l’amicizia tra popoli e religioni, di costruire la pace».

A margine dell’incontro, abbiamo chiesto a monsignor Michele Tomasi, vescovo di Treviso, Massimiliano Tubani, direttore di «Aiuto alla Chiesa che soffre», e Yousaf Raza Gilani, presidente del Senato pakistano e Primo ministro tra il 2008 e il 2012, di spiegarci quale può essere oggi, a loro avviso, il ruolo delle religioni nella costruzione della pace.

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Data di aggiornamento: 10 Luglio 2025
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