Sale, non miele
Amo i libri. Per lavoro e per passione ne apro molti. Alcuni li leggo in parte, altri affatto, altri ancora (meno di quelli che vorrei) dalla prima all'ultima parola. A volte me ne esco con un'idea in più: un libro per un concetto, un'intuizione. Un libro mi trasmette una storia, una sensazione, mi porta in viaggio con sé, mi consegna un lascito, un pensiero.
Alcuni libri piantano in me un seme (raramente nemmeno uno, ma succede), alcuni più d'uno. Sale, non miele mi ha offerto semi, sale, lievito, pressoché in ogni pagina. Quando capita – poche volte a dire il vero –, in genere subentrano un paio di controindicazioni: il testo è denso e quindi lo si prende a piccole dosi, col rischio poi di lasciare il libro in questione sul comodino a impolverarsi dopo una cinquantina di pagine... Oppure l'incedere risulta faticoso, tecnico, arduo, causando lo stesso effetto di sospensione della lettura. Non è questo il caso del libro in esame, divulgativo senza scadere nel banale, chiaro senza essere deteriormente semplificante. Si percepisce che l'autore – sacerdote della diocesi di L’Aquila, non ancora quarantenne – non è in cattedra, non sta «insegnando» ponendosi su un piedistallo. È invece per strada, insieme al lettore, sta camminando con lui, lo coinvolge nella sua ricerca di senso della vita, senza accontentarsi di risposte preconcette o del «miele» con il quale abbiamo impiastricciato il sacro, fino a rischiare di renderlo irriconoscibile.
Il testo presenta a suo modo le tre virtù teologali, fede, speranza e carità, e si conclude affrontando il tema dell’azione dello Spirito Santo. Sarebbe il quarto capitolo: in realtà è il quinto, perché il libro si apre con una sezione chiamata Prologo (il minimo sindacale) che – lo si dice sorridendo – è tutto tranne che un prologo! È un «minimo» di grande spessore, liberante, quaranta pagine che da sole valgono il tutto. Vi si legge: «L'essere in relazione con Cristo produce la purificazione dagli idoli, toglie un'immagine per ridare una presenza, ma anche di più: ci trasforma in maniera radicale». Nel segno della libertà e dell’autenticità.