San Francesco in Val d’Ossola

È aperta fino al 31 dicembre a Domodossola la mostra «Incanto e disincanto. La forza delle idee» con un’ampia sezione dedicata all’iconografia di san Francesco nella pittura del Seicento.
10 Dicembre 2021 | di

Avete presente le matrioske? Quelle bambole di legno della tradizione russa che si contengono l’una nell’altra? Non si tratta certo dell’unico caso in cui il contenitore anticipa il contenuto. Pensiamo ad esempio a Palazzo San Francesco, a Domodossola (VB), sede dei Musei Civici Gian Giacomo Galletti. Si dà il caso che al piano terra dell’edificio sia contenuta una chiesa duecentesca dedicata al Poverello d’Assisi. E che proprio quella chiesa, fino al 31 dicembre, ospiti la mostra «Incanto e disincanto. La forza delle idee», con un’ampia sezione dedicata all’iconografia di san Francesco nella pittura del Seicento.

Dall’Assisiate che abbraccia Cristo in croce mentre poggia un piede sul globo terrestre (opera di Bartolomé Esteban Murillo, prestata da una collezione privata e giunta per la prima volta in Italia), il percorso si snoda tra mani alzate e sguardi al cielo. C’è il san Francesco in preghiera davanti al crocifisso di Federico Barocci e quello che riceve le stimmate raffigurato sia dal Guercino (nella pala d’altare che risiede abitualmente nella Cattedrale di Novara), sia da Antonio d’Enrico, detto Tanzio da Varallo. «San Francesco è una figura trasversale nella storia e nella cultura. Abbraccia più religioni e incarna sentimenti civili – spiega Antonio D’Amico, curatore della mostra e direttore dei Musei Civici Gian Giacomo Galletti –. Nella sua semplicità disarmante ha dialogato con un lupo e con gli uccellini e ha cantato alla bellezza del sorgere del sole e del suo tramonto, definendo la natura sorella».

La mostra a Domodossola prosegue indagando le origini del Palazzo che la ospita: tra documenti e fotografie d’epoca, ritratti e onorificenze, emerge la figura di Gian Giacomo Galletti. Fu proprio questo piemontese ad acquistare l’edificio, a fine ’800, dalla famiglia Belli, che a sua volta lo aveva costruito a inizio secolo inglobando al suo interno la chiesetta francescana. Dopo aver fatto fortuna producendo ori, argenti e smalti, Galletti volle creare per i suoi concittadini un luogo di cultura, tradizione e identità: un Museo Civico. E così è stato.

Oggi, dopo cinque anni di restauro e riallestimento, il sogno di Galletti è finalmente realtà. Non un semplice museo, ma un hub che ne contiene diversi. «Palazzo San Francesco è l’insieme di molti musei che raccontano la storia di un territorio di frontiera, che da una parte guarda all’Italia e dall’altra ai Paesi limitrofi, in particolare Svizzera e Francia – continua Antonio D’Amico –. Entrare nel Palazzo San Francesco, soprattutto in questo preciso momento storico, vuol dire immergersi in un osservatorio privilegiato dove riscoprire la storia e l’identità culturale dell’Ossola, ma anche in un luogo che è una fucina di idee per costruire il futuro e guardare lontano».

Tanti musei in uno

In questo museo nel museo ogni piano corrisponde a una faccia della stessa medaglia. Una faccia distinta eppure complementare alle altre. A collegare il piano terra dedicato alle mostre temporanee (nello specifico: «Incanto e disincanto. La forza delle idee») e il primo piano, dove risiede invece il Museo di Scienze Naturali, troviamo ancora una volta la figura di san Francesco che si immerge nella natura. Una natura fatta di animali e piante, fratelli e sorelle dell’essere umano. Da qui l’allestimento di una sezione zoologica e di una botanica, con focus su entomologia, malacologia (rispettivamente lo studio degli insetti e dei molluschi) e anatomia comparata.

La natura incontra la cultura e la scienza lungo tutto il percorso dei Musei Civici Galletti. Compreso il secondo piano dell’edificio, dove abita la sezione archeologica che contiene opere provenienti dalla Preistoria e dall’Antico Egitto. Tra i reperti più preziosi: il corredo della tomba del guerriero ossolano Claro Fuenno, visibile per la prima volta e fresco di restauro. Completano la raccolta monete antiche (in molti casi donate ai Musei dagli abitanti di Domodossola), ma anche armi (spade e lance), coppe vitree e vasellame rinvenuti nella stessa area.

Al secondo piano di Palazzo San Francesco c’è posto anche per l’arte sacra, rappresentata da suppellettili liturgiche in tessuto, argento e oro, vetri dipinti, intagli e sculture lignee policrome di origine locale. L’ultima sezione dei Musei Civici Giacomo Galletti testimonia invece l’arte grafica e pittorica del territorio: sono trentatré i disegni datati dalla fine del ’500 all’inizio del ’900, che riprendono opere di Annibale Carracci, Domenichino, Ciro Ferri e Carlo Maratti, quasi a testimoniare la diffusione dell’arte romana e bolognese anche in Val d’Ossola. Pittura ossolanaDalla matita al pennello il passo è breve.

La Pinacoteca degli artisti vigezzini conclude il viaggio nell’edificio ossolano offrendo una ricca rassegna di tele e pale d’altare dalle tre scuole locali: quella di Craveggia, quella di Buttogno e la scuola Rossetti Valentini di Santa Maria Maggiore. Forse molti visitatori non avranno mai sentito parlare di Giuseppe Mattia Borgnis, Carlo Gaudenzio Lupetti, Antonio Maria Cotti e Giovanni Baratta.

Ma il bello dei Musei Civici Galletti è dato anche dallo stupore che essi sanno suscitare, mentre conducono in un viaggio alla scoperta della storia di un territorio e dei suoi abitanti. «Questo museo – aggiunge infine il direttore dei Musei Civici, Antonio D’Amico – è la testimonianza concreta della forza delle idee, da Francesco d’Assisi a Gian Giacomo Galletti, fino ad arrivare a tutti coloro che si sono spesi per avere i musei a Domodossola, immaginando che potessero servire alle nuove generazioni per avere una maggiore consapevolezza del luogo in cui viviamo».

 

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Data di aggiornamento: 16 Dicembre 2021
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