08 Maggio 2020

Sete di giustizia

Tratto da una storia vera, «Grazie a Dio» (Francia 2019) ripercorre un caso di pedofilia nella Lione degli anni '90. Riusciranno le vittime, a distanza di molti anni, a far prevalere la verità? A che prezzo?
Una scena tratta da «Grazie a Dio» (Francia 2019).
«Grazie a Dio» ha vinto il Gran premio della giuria al Berlino International Film Festival 2019.

Grazie a Dio porta sugli schermi un caso di pedofilia nella Chiesa francese. Lo spunto è una storia vera, il caso (ancora legalmente aperto) di Preynat-Barbarin, i cui fatti iniziano negli anni ’90 a Lione, quando un sacerdote abusa di tre bambini. I tre ragazzini, divenuti ormai adulti, decidono di denunciare, nel 2014, colui che si era macchiato di un tale crimine e che inspiegabilmente continua a esercitare compiti pastorali tra i bambini. Preynat è il sacerdote, poi destituito allo stato laicale. Barbarin è il vescovo, condannato in primo grado per omessa denuncia di maltrattamenti. In merito alla vicenda, il regista François Ozon è colpito dalla compresenza morale di fragilità e violenza in soggetti maschili. Raccoglie materiali, organizza interviste e abbozza un documentario in cui lascia soprattutto parlare i protagonisti e i loro familiari, che esprimono emozioni primarie: rabbia, dolore, paura, vergogna, compassione.

Sono proprio le associazioni anti-pedofilia (in particolare La Parole Libérée, il cui nome reca evidenti allusioni bibliche) che lo invitano a trarre, da questo materiale giornalistico, un vero e proprio film che scuota l’opinione pubblica, incarnando, attraverso attori professionisti e scelte di fiction, il tormento che tre ex boyscout patiscono a decenni di distanza dal trauma, soffrendolo in forme diverse a seconda della loro età, cultura, fede religiosa e classe sociale d’appartenenza. 
Ozon, più che all’esibizione di fatti, è interessato alle conseguenze a distanza, alle ripercussioni psicologiche (individuali e di gruppo), al ruolo (intransigente o premuroso o omertoso) delle famiglie, ai travagli spirituali (anche di tipo religioso) che ne scaturiscono

Questione di termini

La psichiatria cataloga il disturbo pedofilico fra le «parafilie», assieme a voyeurismo, masochismo, sadismo, esibizionismo. La pedofilia è «un’eccitazione sessuale ricorrente e intensa, manifestata attraverso fantasie, desideri e comportamenti, per un periodo di almeno sei mesi, verso minori». L’individuo (prosegue la definizione) ha messo in atto questi desideri sessuali, oppure tali fantasie causano marcato disagio o difficoltà interpersonali. 

Lo scandalo della pedofilia nella Chiesa ha scosso le coscienze di credenti e non e ha gettato una luce inquietante sulle istituzioni religiose, in particolare quelle deputate alla formazione di minori. Com’è stato possibile che un disturbo così grave, per quanto diffuso anche in ambienti secolari, abbia potuto devastare seminari e parrocchie, e ottenere protezioni e connivenze dalle autorità preposte? Com’è stato possibile che altri soggetti educativi, laici e consacrati, non abbiano denunciato per tempo il fenomeno? Com’è stato possibile che le famiglie abbiano a volte sottovalutato i segni del degrado e li abbiano persino tollerati, qualificandoli come dicerie o innocenti vezzi comportamentali?

A queste domande ha cercato di rispondere anche il cinema. La letteratura aiuta, infatti, la teologia morale cattolica a riconoscere alcuni difetti nella sua impostazione teorica. Gli affetti non accecano la ragione, ma aiutano a conoscere la verità dei propri desideri. Bisogna, però, essere educati a un attento discernimento e a elaborare le risonanze emotive legate alla scelta del celibato. La coscienza nutre riconoscenza verso i gesti di cura ricevuti, perciò è illusorio proporsi un ideale di perfezione solitaria e narcisistica, o di controllo dispotico delle persone e delle istituzioni.  

La vocazione cristiana esige una conversione dei sentimenti (Fil 2,5; Col 3,12). Gesù ha incarnato una delicata confidenza verso chi gli stava vicino, uomini e donne. E ha tutelato la preziosa dignità dei bambini. «Lasciate che i bambini vengano a me»! (Mc 10,14). I bambini, senza la pretesa di capire tutto, accolgono con gratitudine il dono di chi li prende tra le braccia per benedirli. Gesù non obbliga i bambini a camuffarsi da adulti e li difende dalla strumentalizzazione dei potenti. Anzi, ribalta il comune giudizio: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3).

 

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Data di aggiornamento: 08 Maggio 2020
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