Stati Uniti: a scuola con il Reggio Emilia Approach
C’è chi la considera la scuola del futuro, ma è già presente. Porta la firma «Reggio Emilia Approach» e trae le sue origini agli inizi degli anni Settanta, grazie a una formidabile idea di un insegnante, Loris Malaguzzi, con il sostegno di un gruppo di cittadini e amministratori del comune di Reggio Emilia. È il metodo di insegnamento tutto italiano che il mondo ci ammira. A cominciare dagli Stati Uniti.
In molti vedono una naturale evoluzione, in epoca moderna, delle intuizioni sviluppate a inizio Novecento da Maria Montessori, educatrice e neuropsichiatra infantile. «Reggio Emilia Approach» è una filosofia educativa che fonda le sue radici proprio sull’immagine di un bambino con forti potenzialità di sviluppo, che apprende e cresce nelle relazioni con gli altri.
I punti di forza sono la partecipazione delle famiglie, il lavoro di gruppo, la presenza dell’atelier e della figura dell’atelierista, della cucina interna, il coordinamento didattico. Con la consapevolezza di poter lavorare efficacemente su «i cento linguaggi» di cui l’essere umano è dotato e che il bambino può scoprire. Come? Nell’azione quotidiana, con diversi materiali, più linguaggi, più punti di vista. Tenendo attivi mani, pensiero ed emozione. Ma soprattutto valorizzando l’espressività e la creatività del singolo individuo in quanto tale, e allo stesso tempo membro della società. Le stesse tecnologie entrano così nelle scuole dell’infanzia, diventando uno dei cento linguaggi del bambino.
Un esempio concreto è l’atelier «Paesi digitali» ospitato al Centro Internazionale Loris Malaguzzi di Reggio Emilia, dove la manualità si intreccia con il digitale. Perché i «nativi digitali» non temono la tecnologia, anzi la adattano alla loro sensibilità espressiva. Un approccio spesso avventuroso: attraverso video, web cam, tavole grafiche e diversi oggetti si creano paesaggi immaginari, dove il bambino diventa protagonista. «Sul versante internazionale – spiega Claudia Giudici (nella foto), presidente di “Reggio Children” –, sono state nostre “ambasciatrici” le mostre “I cento linguaggi dei bambini” e “Lo stupore del conoscere” che per anni hanno girato il mondo diffondendo il Reggio Emilia Approach. Ad oggi – aggiunge – “Reggio Children”, che con l’istituzione “Scuole e Nidi d’infanzia” del comune di Reggio Emilia e “Fondazione Reggio Children” forma il sistema del “Reggio Emilia Approach”, conta relazioni con 142 Paesi del mondo, 35 dei quali costituiscono il network internazionale di “Reggio Children”».
Un approccio che ha preso piede più rapidamente all’estero, anche se «le richieste dall’Italia – precisa Giudici – sono significativamente aumentate: sia sotto forma di collaborazioni, sia come iniziative di formazione a Reggio e in diverse parti del nostro Paese. Gli Stati Uniti – ricorda – sono tra i Paesi che da moltissimi anni dialogano con noi sui temi dell’educazione. Grazie anche al “North America Reggio Emilia Alliance” che cura formazione, conferenze, seminari. Tra le iniziative, la mostra “Lo stupore del Conoscere” (esposta attualmente a Seattle e da giugno a Boston) e la diffusione di libri editi da Reggio Children sul “Reggio Emilia Approach”. Sono innumerevoli le scuole americane che si ispirano al nostro metodo: cito, come esempio, la Scuola italiana di San Francisco».
A distanza di anni, il metodo funziona e si allarga: «Le frontiere, non tanto del futuro ma del presente, sono Cina, India, tutta l’area dell’Asia (oltre i Paesi che già hanno una relazione consolidata con noi come Corea e Giappone) e l’Africa».