Sul volto il sorriso di Dio
La sua quotidianità si svolge tra i giovani, un po’ per via della sua professione, un po’ per una scelta insolita di «predicazione». Dario Reda, 29 anni, è infatti insegnante di Scienze motorie all’istituto Marconi di Padova e all’Einstein di Piove di Sacco, sempre nel padovano. Suo padre è libanese e di credo musulmano, mentre la madre è padovana e cattolica. Soltanto in età adulta Dario ha deciso di cambiare vita, aprendosi al cristianesimo e chiedendo di ricevere il battesimo. Da quel momento ha cominciato un vero e proprio «itinerario di predicazione» in stile moderno, percorrendo migliaia di chilometri in bicicletta verso Capo Nord. Durante i suoi viaggi ha incontrato molti giovani, ai quali ha raccontato la sua esperienza di vita, lanciando loro un messaggio profondo e un segno di grande fede. In lui c’è un solo desiderio: poter divulgare quotidianamente la parola di Dio, dopo averla conosciuta e studiata lui per primo, utilizzando il gergo e i mezzi cari ai giovani d’oggi. Ha così non solo dato vita a un blog, ma ha anche utilizzato tutti i social, aprendo persino una pagina Facebook, Il Commendario, in cui è solito commentare il Vangelo ponendo domande agli utenti su «come “ospitare” Dio nella propria casa, per sentirsi amati da Lui e di conseguenza amare gli altri».
All’inizio fu san Paolo…
Dario è da sempre un grande appassionato di calcio e un ammiratore del giocatore Adriano. Nel 2005, a 11 anni, rimase colpito da un gesto insolito del suo beniamino, il quale, dopo aver segnato un goal decisivo, sollevò la maglia della squadra mostrando la scritta «Filippesi 4,13» impressa su una seconda maglietta. «Quelle parole mi sono rimaste in testa per molti anni, tanto da chiedere alla mia professoressa di religione di spiegarmele – racconta oggi –. Non solo. Trovai anche qualcosa sulla Bibbia regalatami da nonna Brunetta, che ha sempre cercato di avvicinarmi alla fede. Scoprii così che il rimando era a un versetto della Lettera ai Filippesi di san Paolo, che diceva: “Tutto posso in colui che mi dà forza”». Sembrava solo una semplice curiosità, e invece quella frase segnò profondamente il suo destino. Nel frattempo, a 16 anni, Dario si innamorò di una ragazza scout di nome Irene, insieme alla quale iniziò a frequentare la parrocchia e a partecipare regolarmente alla Messa. Eppure quella frase scritta sulla maglia del suo idolo continuava a ronzargli in testa, finché non accadde una cosa curiosa.
«Una domenica, a Messa, mi sedetti in fondo alla Chiesa e cominciai a guardare attentamente il Crocifisso. Mi sentivo bene, così portai a casa il foglietto delle Letture per rileggerlo con più attenzione da solo. E in quelle paginette ritrovai di nuovo quella Lettera di san Paolo, che avevo casualmente incontrato nel 2005. Mi appassionai talmente tanto a quella lettura che cominciai ad avvertire in me qualcosa che non riuscivo a trattenere». Da quel momento il versetto divenne per lui un faro che lo guidò nel cammino di conversione, sotto la guida preziosa del suo parroco, don Alberico. La notte di Pasqua del 2011, dopo un lungo periodo di catechesi, Dario ebbe la possibilità di ricevere proprio da lui il battesimo. «Quel giorno – ricorda – avvertivo un’irrefrenabile voglia di sorridere e ne compresi la ragione solo in seguito: i cristiani non possono essere tiepidi dopo aver conosciuto Gesù, poiché l’incontro con Lui è qualcosa che non permette di stare fermi e non fa smettere di sorridere» spiega oggi Dario.
Il supporto della famiglia
La famiglia non ha mai ostacolato la conversione di Dario. «A dire il vero all’inizio mio padre era un po’ freddo rispetto alla mia scelta – ricorda il giovane –, ma poi si è via via interessato al mio percorso. Ora ci confrontiamo serenamente. Anche mio fratello Daniele, tre anni più piccolo di me, è diventato cristiano e lo scorso anno, a Pasqua, papà ci ha accompagnati in Libano nei luoghi cari alla fede cristiana». La sua scelta, vissuta con grande consapevolezza, è stata dunque apportatrice di gioia per tutti i suoi cari. «Dopo il rito del battesimo, ricordo che Dario continuava ad abbracciare tutti e non riusciva a togliersi di dosso quel sorriso», rammenta ancora sua mamma Emanuela, felice per la scelta dei due figli. E papà Nair le fa eco: «Ho voluto accompagnarli nei luoghi di fede dei cattolici ed ero contento, perché li vedevo entusiasti di scoprire posti che per loro rappresentavano qualcosa di importante. Per me questa è la felicità di una famiglia».
Dopo il battesimo, Dario si è fatto una promessa: non solo avrebbe cercato di non perdere mai più il sorriso di quel giorno, ma avrebbe anche tentato di trasmettere la forza che avvertiva in sé a tutti coloro che avrebbe incontrato, specialmente i giovani, ai quali ancora oggi spiega con dovizia di particolari il suo percorso di maturazione. «Nei ragazzi noto grande curiosità e voglia di vedere un cristianesimo declinato nella pratica, con testimoni concreti e credibili del Signore e io condivido questa loro esigenza», spiega. A chi gli chiede che cosa pensi dell’islam, la fede di suo padre, Dario risponde: «I musulmani vivono la fede come una serie di regole imposte, mentre per noi cristiani la scelta è libera. Dovremmo apprendere dagli islamici l’attaccamento alla fede, mentre loro dovrebbero maturare una maggiore consapevolezza nella scelta della loro adesione all’islam e spesso anche nel rispetto degli altri».
Oggi Dario Reda viaggia in lungo e in largo in sella alla sua bicicletta, per godere della bellezza del Creato. E a chi gli domanda se metterebbe mai a rischio la propria vita per rimanere cristiano, lui risponde a gran voce di sì e lo fa con quella luce negli occhi capace di impressionare chiunque, anche lo stesso don Alberico che lo conosce da quando era bambino. «Un giorno la parrocchia organizzò una vacanza in Val Brembana per i ragazzi dell’oratorio – racconta il sacerdote –. Loro andarono in pullman e Dario in bicicletta. A un certo punto lui forò una gomma e, visto che aveva pochi soldi in tasca, chiese ai gestori di un ristorante lì vicino se avesse potuto lavare i piatti per pagarsi una gomma nuova. Stupiti, essi lo accolsero dandogli da dormire, da mangiare e i soldi per riparare la bici. La sua spontaneità, la generosità e la capacità di vivere anche gli episodi più faticosi della vita con grande abbandono alla Provvidenza sono le caratteristiche più belle di Dario. Anch’io ho imparato tanto da lui, soprattutto a vedere sempre negli altri il meglio che portano dentro di sé».
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