Teologia per tutti
Era all’incirca la fine del 1223 quando Francesco d’Assisi scriveva al confratello Antonio: «Approvo che tu insegni teologia ai frati, purché, a motivo di tale studio, tu non smorzi lo spirito della santa orazione e devozione». Un rapporto di lunghissima data, dunque, quello che intercorre tra l’universo antoniano e la teologia. Rapporto che nel corso dei secoli ha trovato nuovo vigore grazie all’interesse del mondo laicale, un interesse che dapprima, nel periodo post-bellico, portò i frati minori conventuali di Padova (e di Firenze) a fondare un vero e proprio «studio teologico per laici» e, successivamente, nel 1980, a dare vita alla prima rivista di divulgazione teologica, «Credere oggi». La rivista, da pochi mesi e per la prima volta dalla sua fondazione (avvenuta grazie a un’intuizione di fra Giacomo Panteghini, fra Agostino Gardin e monsignor Luigi Sartori), ha alla direzione un laico: Simone Morandini. Laureato in fisica a Firenze, sua città natale, Morandini ha intrapreso gli studi teologici fino a conseguire il dottorato in teologia ecumenica. Membro della Fondazione Lanza di Padova e del gruppo Custodia del creato della CEI, è vicepreside dell’Istituto di Studi Ecumenici «San Bernardino» di Venezia e fa parte del Comitato Esecutivo del SAE (Segretariato Attività Ecumeniche). Tra le sue pubblicazioni più recenti: Cambiare rotta. Il futuro nell’Antropocéne (EDB, 2020) e Teologia dell’ecumenismo (EDB, 2018).
Msa. Morandini, lei è il primo laico in 40 anni chiamato a dirigere «Credere Oggi». Come ha vissuto questa nomina?
Morandini. Con enorme contentezza: sono davvero grato alle Edizioni Messaggero che mi hanno chiamato a questo compito. Ma anche con un grande senso di responsabilità. La rivista ha una storia importante e avverto tutto l’impegno di portarla avanti, con la collaborazione del segretario di redazione, Damiano Passarin, e di tutta la redazione che stiamo rinnovando e facendo crescere.
Un fisico con la passione per la teologia, strano connubio...
In effetti sono due discipline distanti. La fisica è la scienza sperimentale per eccellenza, la teologia parla di quella realtà che è al di là di ogni esperienza e a cui diamo il nome di Dio. La fisica descrive, la teologia ricerca i significati. Eppure un legame tra le due esiste. Io, infatti, avevo cominciato a studiare teologia al corso per laici a Firenze, mentre frequentavo i corsi di fisica, proprio perché sentivo l’esigenza di avere strumenti per interpretare alla luce della fede quello che apprendevo. Poi questo, diciamo così, studio secondario, è diventato una passione primaria che ha attraversato la mia vita. La laurea in fisica si è tradotta in un insegnamento di matematica e fisica nei licei, la teologia invece è diventata una passione che mi ha portato a insegnarla in diverse facoltà teologiche e a pubblicare dei volumi, tra i quali alcuni dedicati proprio al delicato rapporto tra scienza e fede e tra fisica e teologia.
È sempre stato, quindi, un suo desiderio quello di mettere in dialogo le due discipline...
Certamente. Forse proprio la duplice formazione mi ha portato a vivere l’intero percorso della riflessione teologica con un’attenzione forte per il dialogo: dal dialogo scienza-teologia a quello tra Scrittura ed ecologia, a quello tra chiese cristiane o tra religioni. Probabilmente questa mia formazione mi ha reso più «duttile» per affrontare le possibilità di incontro tra campi dell’esperienza umana anche profondamente diversi. Rimane la diversità, ma anche la necessità della connessione, come insegna la Laudato si’.
Quale rivista eredita e quale immagina per il futuro?
«Credere oggi» è nata 40 anni fa come strumento per offrire una formazione teologica di base rifacendo, per così dire, in pillole i manuali di teologia, in un orizzonte conciliare. Successivamente è diventata altro: una rivista che prova a esaminare con lo sguardo della fede alcune delle grandi tematiche della vita ecclesiale del nostro tempo. Penso, per esempio, a numeri che hanno avuto una particolare risonanza, come quello sulla Sinodalità o quello recente sulle Domande di salvezza, o anche a quello che uscirà a breve su Umano e post-umano. Tematiche monografiche, quindi, che si cerca di approfondire con il rigore di una buona riflessione teologica e al contempo un desiderio comunicativo per incontrare pubblici anche molto diversi. Il fatto di aver sempre seguito filoni differenti è stato uno dei punti di forza della rivista: muovendosi costantemente all’interno della realtà ecclesiale, ci sono stati numeri tipicamente da teologia fondamentale, altri più legati a tematiche bibliche, altri ancora hanno avuto uno sguardo più teso alla lettura dei segni dei tempi, per usare un’espressione di Gaudium et Spes. E tutto questo rimarrà. Personalmente, certo, porterò nella rivista alcuni degli elementi che fanno parte della mia attenzione teologica, come la cura del Creato, la dimensione del dialogo. Ma responsabilità del direttore è anche quella di mantenere uno sguardo ampio e dunque «Credere oggi» continuerà a essere un osservatorio teologico a 360 gradi. Per mantenere questo stile che ci contraddistingue, conto molto sui collaboratori – storici e nuovi –, affinché continuino a portare diverse sensibilità disciplinari. In fondo lo spazio della teologia è un mondo che ha bisogno di competenze varie e diverse: da quella storica a quella liturgica, a quella biblica e così via. Irrinunciabile, comunque, sarà l’opera di alta divulgazione teologica di qualità che «Credere oggi» ha sempre svolto: non siamo e non saremo mai una rivista per specialisti.
Ci presenta la redazione di «Credere oggi»?
La redazione si caratterizza per una varietà di competenze e una pluralità di età, e per essere composta sia da laici che da religiosi. Nel tempo alcune figure che molto si sono spese hanno chiesto di lasciare, come per esempio monsignor Trentin, sostituito dal giovane e brillante moralista Roberto Massaro. Abbiamo sentito l’esigenza di riprendere il tema liturgico con una specialista come Morena Baldacci, di risvegliare l’attenzione per la tradizione del cristianesimo orientale invitando Jean Paul Lieggi, esperto di cristianesimo d’Oriente. Sono solo alcuni esempi; abbiamo voluto costruire una redazione piuttosto nutrita e vivace, con una capacità di elaborazione feconda che confidiamo ci aiuterà a progettare una rivista stimolante e frizzante.
In un mondo sempre più complesso qual è oggi il compito della teologia?
La teologia ha in realtà molti compiti in questo senso. C’è una teologia che è dedita a esplorare il mistero di Dio e a presentarlo nelle categorie tipiche di questo nostro tempo. C’è una teologia che si volge più direttamente ai comportamenti e alle pratiche, sia alle pratiche ecclesiali (il versante pastorale, assolutamente fondamentale), sia alla dimensione etica, con interrogativi inquietanti che attraversano il tempo, la storia, le nostre vite personali. Teologia è tutto questo. C’è anche un versante «pop», che cerca di cogliere i significati teologici, spesso nascosti, in alcune delle opere cult del nostro tempo: penso, per esempio, alla rilettura cristiana di Tolkien. Teologia è una parola che va declinata al plurale, con rigore, con qualità, mettendosi in ascolto della Parola e di questo tempo, con discernimento spirituale.
Ai giovani di oggi interessa ancora la teologia?
La realtà giovanile è una realtà plurale. Detto questo, certamente sì, ci sono e sono molti i giovani laici che vivono l’esperienza di fede con un’esigenza di approfondimento e di comprensione. Forse al giorno di oggi in cui essere credenti non è più un’opzione di default per i ragazzi, chi vive l’esperienza di fede avverte anche la necessità di chiedersene le ragioni, di dotarsi di strumenti per misurarsi in modo cosciente, alla luce del Vangelo, con gli interrogativi di questo tempo. Per cui io penso che «Credere oggi» sia davvero uno strumento importante per i giovani, perché si pone dinanzi ai temi con la volontà di approfondimento, ma anche con la ricerca di uno stile comunicativo efficace. Certo è una rivista cartacea, e alcuni preferiscono l’immediatezza di un blog o di un sito, ma a breve «Credere oggi» sarà presente anche sui social.
Dopo i tempi dell’euforia post-conciliare dei laici per il mondo teologico, perché oggi un laico dovrebbe interessarsi di teologia?
Per molti motivi. Forse il più forte è che in una Chiesa sinodale come quella che stiamo cercando di costruire anche grazie a papa Francesco, non è più pensabile essere membri passivi di una comunità. Siamo dunque chiamati a vivere l’esperienza di fede in modo consapevole, con la capacità di partecipare attivamente a quella sinodalità nella quale si cercano le vie per rendere ragione di quanto si vive e si celebra. In una comunità sinodale c’è bisogno di capacità diffuse di misurarsi, pensare, ascoltare il proprio tempo, di fare discernimento, inventare prospettive pastorali. Questo è teologia: l’offerta di strumenti per un servizio ecclesiale diffuso, per una sapienza che ci aiuti a vivere il Vangelo nel nostro tempo difficile.
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