Una luce da Arundel
«Oh Lord, hear my voice, when I call...». Salmo 27: «Signore, ascolta la mia voce, quando ti chiamo». Il canto è avvolto da un suono etereo, delicato, quasi evanescente, come una carezza che sembra provenire da molto lontano, o semplicemente da dentro di noi. È un invito a rivolgersi al Signore con amicizia e con fiducia: Lui saprà dare sollievo e ristoro alle nostre paure e alle nostre fatiche. All who labour, dal Vangelo di Matteo: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi», dice Gesù. Ma la voce che innalza queste preghiere a Dio non è soltanto una: è un coro, un ensemble, un concerto di voci, quelle delle Poor Clares of Arundel, le clarisse di Arundel, un villaggio del West Sussex nel sud dell’Inghilterra, a 100 chilometri da Londra.
L’antico convento, dove ventitré suore vivono, lavorano e pregano in semplicità e fraternità, secondo la regola di santa Chiara d’Assisi, è divenuto il cuore di un piccolo miracolo. Con un impegno paziente, intessuto di esercizi, prove di canto e sessioni di registrazione, le religiose inglesi hanno realizzato un album in cui inni sacri, echi del gregoriano e testi di san Francesco e santa Chiara incontrano suoni, atmosfere ed elaborazioni contemporanee: un disco che – come recita il titolo – vuole essere Light for the world, ovvero «Luce per il mondo», soprattutto in questi tempi complicati e spesso dolorosi. Pubblicato dalla Decca, il cd è balzato in vetta a tutte le classifiche inglesi (perfino a quella pop), portando il «messaggio» delle clarisse di Arundel in ogni angolo del Paese: da qualche giorno l’album è disponibile anche in Italia, e possiamo dunque nutrirci dell’abbraccio di pace e di gioia che promana dai sedici brani della selezione.
Una «carriera» imprevista
Il convento di Arundel venne fondato nel 1886 su richiesta della duchessa di Norfolk, Flora, il cui marito mise a disposizione un terreno: fu proprio lei ad accompagnare in treno le prime dieci clarisse, provenienti dalla comunità di Notting Hill a Londra. Gli inizi furono difficili, anche perché la nobildonna morì proprio l’anno successivo, e le suore si trovarono senza mezzi di sussistenza. La fede, la forza, la preghiera furono il sostegno delle sorelle di Arundel, che negli anni riuscirono a far germogliare e crescere la loro comunità. Oggi come allora, la giornata delle suore è scandita dai tempi della preghiera, dal risveglio alle 5.30 fino alla Compieta delle 20: «Da sempre il canto è parte della nostra vita comunitaria – spiega suor Aelred –. La musica rende più profonda la nostra preghiera, e ci unisce maggiormente».
Un paio d’anni fa, così, le clarisse hanno ricevuto una proposta dai produttori e compositori James Morgan e Juliette Pochin che nutrivano il progetto di unire la musica sacra a un suono più vicino ai nostri tempi, sposando il canto medievale a qualche raffinatezza elettronica. «Abbiamo invitato Morgan a uno dei nostri Vespri: sinceramente pensavamo che, dopo averci ascoltato, avrebbe cambiato idea – racconta suor Gabriel –. Invece, lui ci disse di aver apprezzato moltissimo il tono del nostro canto». Incidere un disco era lontano anni luce dai pensieri delle suore di Arundel: «Inizialmente nutrivamo molti timori, ci sentivamo insicure nel rendere pubblici i nostri canti, ma l’aiuto di questi esperti ci ha sostenuto», rivelano. «Non l’abbiamo fatto certamente per diventare famose – aggiunge suor Gabriel –. Ci piace che tutti possano conoscere l’essenza delle nostre vite, quello in cui crediamo e quello che ci porta gioia. E ci ha incoraggiato pensare che ci sia un grande bisogno di aiutare le persone a trovare un senso di pace interiore, e perfino la bellezza dentro di sé».
La scelta dei brani ha spaziato dagli inni sacri in latino che esprimono i valori più profondi, come il Veni creator Spiritus, l’eucaristico Pange Lingua e il toccante In Paradisum che apre lo sguardo alla Vita futura. «Ma noi siamo una comunità francescana e abbiamo dunque suggerito ai produttori alcuni scritti di san Francesco e santa Chiara, che sono stati messi in musica», proseguono le clarisse inglesi. Ecco allora che le Lodi al Dio altissimo del Poverello di Assisi, «Tu sei amore e carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà. Tu sei pazienza», diventano You are love, mentre i tre verbi dell’ultima lettera di santa Chiara, «Guarda la povertà di Colui che è posto in una mangiatoia... Considera l’umiltà santa, la beata povertà... Contempla l’ineffabile carità...», sono l’esortazione di Gaze, Consider, Contemplate. Alle parole di santa Chiara si ispirano anche Love Him («Ama Lui») o Let the love that dwells in your heart («Lascia che l’amore dimori nel tuo cuore»). Tra le varie tracce dell’album, troviamo anche un’inedita Ave Maria, un Agnus Dei e l’Attende Domine.
Tutti i mercoledì pomeriggio, per otto mesi, le clarisse di Arundel hanno provato questo repertorio sotto la guida di Juliette Pochin, mezzosoprano, e hanno poi registrato i brani, completando l’opera in marzo, poco prima che nel mondo esplodesse il dramma della pandemia. Per incidere il cd, le religiose hanno posto una condizione: che tutte le consorelle potessero partecipare al coro e nessuna fosse esclusa, neppure quelle con meno «orecchio» musicale. Il nucleo del coro è stato dunque composto da una ventina di clarisse, e una di loro ha compiuto 90 anni proprio al termine delle sessioni di incisione. In ossequio al voto di povertà, la comunità religiosa di Arundel è stata d’accordo nel decidere che i proventi dell’album venissero destinati a opere di solidarietà. «Realizzare tutto questo è stata una grande avventura – ammettono le suore –. Troviamo una gioia profonda in questa musica, e ora speriamo che possa raggiungere molte vite, portando pace, amore e un senso di benessere a tutti coloro che ascoltano, e non soltanto a chi crede: la bellezza può toccare l’anima di tutti».
Le clarisse di Arundel svolgono anche online una missione di direzione spirituale: in questi mesi di pandemia e lockdown hanno raccolto spesso i pensieri, i timori, le difficoltà, e soprattutto il senso di solitudine di quanti si sono rivolti a loro. Molti hanno paura del silenzio, e vivono terrorizzati dal futuro. «Ma noi dobbiamo ricordare che, come ci insegnano san Francesco e santa Chiara, nella vita tutto è dono, e quindi anche le sofferenze e le pene che attraversiamo possono essere trasformate e diventare i nostri più grandi maestri», osserva suor Gabriel. A volte è necessario anche trovare spazi per ascoltare la «voce di dentro», per aprirsi alla riflessione. Queste musiche – nelle intenzioni delle sorelle di Arundel – si pongono anche questo intento: «Ci piacerebbe che ognuno potesse coglierne il mistero, e immaginare qualcosa di più grande», dice suor Gabriel. «E io spero che chi ascolta l’album possa fare esperienza di Dio, e capire quanto ognuno di noi è amato da Dio», aggiunge una consorella.
Il desiderio delle clarisse è di arrivare soprattutto ai ragazzi delle nuove generazioni: «Sarei felice se un giovane, senza fondamento di fede, ascoltando questi brani potesse comprendere che tutti siamo circondati da Amore, e nessuno è solo in questo mondo difficile», commenta suor Aelred.
Evidentemente il messaggio è arrivato, al punto che l’album delle Poor Clares of Arundel si è piazzato addirittura a ridosso di quelli di star come Bruce Springsteen o Tailor Swift, «e questo ci ha divertito moltissimo», ammette sorridendo una delle suore. Il 18 marzo esce anche una versione speciale della durata di otto ore, con diverse variazioni. La Luce accesa ad Arundel ormai fa il giro del mondo. Per far «brillare» tante anime.
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