Dentro e fuori
Vi sembrerà strano e un po’ demodè, ma sto scrivendo da uno dei posti più «inutili», «improduttivi» e «senza senso» che ci possa essere su questa terra (e ci domandiamo esterrefatti come facciano ad esistere ancora posti del genere: ma la nostra non è l’epoca dell’efficientismo e della produttività, del libero mercato e dei sondaggi, del progresso inesorabile e della scienza che tutto può basta che sia in grado di farlo? Non è il nostro il festival delle apparenze, dove ognuno conta per ciò che può mostrare, e possibilmente se può mostrare ovunque il suo faccione sorridente? Non siamo ormai arrivati al capitolo del consumismo, nel senso che chi consuma è e chi no non è?).
Non ci crederete, ma sto tra le persone più «fuori tempo massimo», più «anonime», meno di «successo» e meno «famose» che abbia mai incontrato nella mia vita (ma, dico io, sono ancora tollerabili questi rimasugli medievali, questo anonimato e questo nascondimento quando invece l’importante è emergere, dimostrare quanto si vale, correre a destra e a sinistra per essere qualcuno: stanco, senza forze, ma pur qualcuno?
Si può ancora sopravvivere senza titoli blasonati e universalmente riconosciuti, che ci rendano meno pesante il nome, e la storia, che ci portiamo dietro? È possibile sopravvivere ai giorni nostri senza «far notizia», in qualunque modo ciò si intenda, senza essere protagonisti di qualche scandalo, senza aver lasciato il proprio partner, senza che il foruncolo sul proprio naso non diventi ogni volta un affare mondiale sui social?).
Sarà anche incredibile, ma trascorrono giornate… vuote. Senza far nulla di particolare: in silenzio ma anche parlando, cercando di ascoltarsi profondamente, di ascoltare altrettanto profondamente chi ci sta accanto e, perché no?, cercando di sintonizzarsi con quel Dio che tutti dicono essere un inutile orpello e un fastidioso retaggio dei tempi oscuri che furono.
Mi trovo tra persone che da una vita vivono in questo luogo, da cui se ne escono solo per motivi gravi, e che ciononostante si sentono di casa nel mondo (ma, e la libertà di movimento? e il mondo che aspetta di essere scoperto e goduto? e lo spirito d’avventura? e gli scambi culturali?).
Mi trovo tra persone, per l’esattezza tra donne, che non si ricordano neanche più come si fa a fare shopping nelle boutique. Perché hanno rinunciato a stivare di cose la propria vita (siamo onesti: il più delle volte assolutamente inutili del resto…), per riempirsi di aria, luce, colori, profumi, bellezza, amicizia, ascolto: presso di loro quest’anno è di moda l’essenzialità. Ma anche l’anno scorso e l’altr’anno e l’altr’anno ancora…
Mi trovo in un convento di clausura abitato da alcune sorelle clarisse. E non riesco, davvero non riesco, a capacitarmi se sono loro «chiuse dentro» o siamo noi «chiusi fuori»…