Vivere con i Caminanti
Un colorato album di fotografie, che racconta storie di vita familiare. Ma Ephemeral Freedom è sicuramente molto di più: è un temporaneo cambio di vita all’interno di un coinvolgente esperimento socio-culturale. A catapultarsi in una quotidianità lontana dalle proprie abitudini è stata Arianna Todisco, giovane fotografa pugliese, che ha messo in risalto l’effimera libertà dei «Caminanti» di Noto, una minoranza etnica ben radicata nella cittadina barocca. Quella di Arianna è stata una scelta insolita, ma efficace: per dare il via a questo progetto antropologico, ha deciso di trasferirsi per quattro mesi a casa di una famiglia di nomadi, imparando a vivere alla loro maniera. Gli attimi di relazioni familiari sono stati poi immortalati attraverso una serie di fotografie schiette e spontanee, volte a cogliere la parte sensibile e le antiche usanze ancora in voga tra i Caminanti. Legami di clan rinsaldati da matrimoni tra cugini primi, ma anche presenza di un capogruppo anziano e forte senso di mobilità sono alcune delle caratteristiche che assimilano questo gruppo ai rom. Al contrario, però, sono proprio i girovaghi siciliani a desiderare di spogliarsi da questa etichetta che li descrive principalmente in maniera dispregiativa, come ladri e scippatori, una macchia nera indelebile appiccicata dalla società. Durante la sua permanenza in uno dei villaggi-mobili siciliani, Arianna è riuscita a cogliere il senso di disagio e un bisogno profondo di riscatto, sentito soprattutto dai più giovani, stanchi di essere considerati come degli «invisibili» dall’esistenza «effimera» e, di norma, persone da cui «stare alla larga».
Emarginati in casa propria
La storia di questi «siciliani erranti» non è presente in nessun documento etnografico, pur rappresentando a oggi gli ultimi eredi di una cultura basata essenzialmente sul movimento. Nomadi nell’indole, ma legati alle tradizioni meridionali in ogni gesto quotidiano: dal culto della campagna all’abito di panno «buono» indossato per la Messa domenicale, al modo di disossare la carne in casa, fino alla gestualità tipica di chi ha conosciuto l’alternanza di dominazioni diverse. Arianna ne ha colto il mimetismo colorato, derivato proprio dalla loro essenza girovaga, senza però tralasciare il bisogno costante di grande stabilità. Arrotini, stagnini, uomini e donne di fiducia, ma soprattutto venditori ambulanti di palloncini nelle fiere di paese: i Caminanti sono i primi «commercianti» di gioia per i bambini che sognano a occhi aperti quando vedono svolazzare dall’altro capo del filo quei personaggi bizzarri dei cartoni animati, che sembrano sorridere loro dall’alto. «Quando ero piccola e vivevo in Puglia, durante le feste patronali il corso centrale di Barletta era pieno di questi ambulanti. Mio papà mi comprava sempre un palloncino, ma io ricordo la diffidenza degli adulti nei confronti di quei venditori. Da lì è nato il desiderio di partire per incontrarli», spiega Arianna, il cui progetto si è trasformato subito in un mezzo istantaneo per raffigurare la verità di questo popolo.
«I Caminanti sono stati riconosciuti come cittadini di Noto a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, quando uno dei sindaci di quegli anni faceva parte della loro comunità, riuscendo così a veicolare il riconoscimento dei loro diritti», continua l’antropologa. Un principio di coesistenza e intesa lega oggi questo «popolo» ai locali, ma non si tratta ancora di un’effettiva integrazione, tanto che all’inizio di quest’avventura non è stato semplice per Arianna trovare tra i netini qualcuno disposto a indicarle l’abitazione di una famiglia di nomadi. Dopo non poche difficoltà per localizzare una piccola comunità, Arianna ha bussato a una di quelle porte, spiegando con sincerità il desiderio di documentare dal vivo un po’ della loro quotidianità. Con grande entusiasmo, i Caminanti hanno permesso ai suoi scatti di diventare il veicolo della loro voce per tanto tempo zittita, un mezzo forte e genuino, privo di artifici, per mostrare a tutti la loro dura realtà fatta di isolamento ed emarginazione. A scuola, per esempio, i bambini più piccoli sono spesso vittime di bullismo e, nella maggioranza dei casi, i genitori preferiscono non affrontare questo problema, lasciando i figli a casa, privandoli così della possibilità di completare gli studi, senza ascoltare le loro aspirazioni, ma indirizzandoli piuttosto a svolgere il mestiere di ambulanti.
«Durante la mia esperienza, ho vissuto anche molti episodi divertenti insieme a loro, scoprendo che, rispetto a noi stanziali, i Caminanti sono ancora capaci di gioire per le piccole cose – continua Arianna –. Un momento buffo del mio soggiorno, per esempio, è stato quando al mare ho deciso, per rispetto, di fare il bagno con il vestito lungo. Nonostante fossi completamente coperta, presi ugualmente un’insolazione, rimanendo due giorni a letto. In quell’occasione, tutto il gruppo si preoccupò per me, prendendomi anche un po’ in giro».
Effimeri come i palloncini
Vivendo a contatto diretto con i nomadi, Arianna è riuscita a trovare una chiave di lettura che potesse bene rappresentarli, innalzando a icona proprio il palloncino che incarna perfettamente la loro effimera condizione, un misto di spensieratezza e malinconia. Quella dei girovaghi siciliani è infatti un’identità fratturata, che oscilla tra l’ideale di una vita mobile e il desiderio delle nuove generazioni di rimanere stabilmente fermi in un territorio, al quale alla fine non sentono ancora di appartenere. «Sono le stesse sensazioni provate da un bambino quando perde il palloncino appena acquistato, il quale, per la sua innata volatilità, cerca di vagare verso altri luoghi», prosegue Arianna. La freschezza di un’esperienza di vita, ma anche il forte e inaspettato legame di amicizia sono stati i due principali risultati di Ephemeral Freedom che, da un lato, ha arricchito Arianna come artista e donna e, dall’altro, i Caminanti stessi che hanno avuto la possibilità di innalzare la loro voce, senza essere per una volta giudicati. Illuminata da un flash, l’immagine assopita di un’identità oppressa nel tempo è diventata il racconto di una cultura viva, che non ha affatto intenzione di scomparire tra le nuvole come un palloncino volato via.
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