Dello scudetto, di Napoli, di sant’Antonio
I nuovi direttori dei giornali non si sono lasciati sfuggire l’occasione. Sono stati i lettori a rimanere un po’ sorpresi, credo felicemente sorpresi, delle loro scelte nel primo giorno del nuovo incarico. Marco Girardo, appena diventato direttore di «Avvenire», giornale di ispirazione cattolica, ha aperto così, su cinque colonne, il suo primo numero: «Vedi Napoli e poi vinci». Da parte sua, Andrea Ruggiero si è trovato a dirigere «Il Riformista» (editore napoletano, giornale laico) assieme a Matteo Renzi, e il suo primo titolo è stato «Miracolo di Spalletti. Napoli Campione». Renzi in persona si è riciclato come intervistatore. Di chi? Del toscano Luciano Spalletti, allenatore del terzo scudetto del Napoli che, alla domanda «cosa provi quando pensi che hai vinto anche senza Maradona», ha risposto: «Penso ai miei ragazzi. Ora sono giovani, ma verrà un giorno in cui non lo saranno più e vorranno avere una storia da raccontare a figli e nipoti. Vincere lo scudetto a Napoli senza avere un Maradona, ma diventare loro stessi – tutti insieme, come squadra – il Maradona che non c’è».
Il trionfo del Napoli, con ben cinque giornate di anticipo sulla fine del campionato, è stato contagioso. Ha acceso emozioni. Non solo tra i tifosi. Per nessuna altra squadra al mondo si sarebbe festeggiato da New York a San Paolo, da Torino a Sidney. Spiegano che il napoletano è la 77^ lingua parlata al mondo da circa undici milioni di persone. I Quartieri Spagnoli e Forcella sono (e saranno per mesi e mesi) l’epicentro di una trasformazione coreografica: nastri bianchi e azzurri allacciano strade e vicoli, finestre e finestre, balconi a balconi. Il cielo è diventato a strisce dai colori del Napoli, mentre Khvicha Kvaratskhelia, fino a otto mesi fa sconosciuto georgiano dal nome impronunciabile, fantastica ala sinistra, rende omaggio, sui muri della città, a Maradona e ne raccoglie il testimone.
Molti anni fa, andai a trovare Marco Rossi-Doria nei Quartieri Spagnoli, quando era un «maestro di strada». Fu prudente e mi disse: «Mando a prenderla, è più sicuro». Oggi ritrovo nei quartieri una nuova geografia del turismo: B&B e sfilata di ristoranti. Tutta l’attenzione di Rossi-Doria è sempre stata per i ragazzi della città. È stato sotto-segretario all’istruzione in due governi. Oggi, dopo aver partecipato alla festa nella piazza dedicata a Maradona nel cuore del suo quartiere, esalta la vittoria napoletana: «Il pallone è diventato un’occasione per crescere». Il Napoli dello scudetto è stato un lavoro di squadra (non c’è stato un supercampione-condottiero a guidare verso la vittoria), un’attesa costruita, con ostinata pazienza, ogni giorno. Sono state compiute scelte coraggiose e impopolari: cambiare giocatori formidabili e amatissimi in città per altri sconosciuti ai tifosi. «Lo scudetto è un segnale di speranza – dice Rossi-Doria –. I ragazzi ora sanno di aver possibilità per la propria vita».
A Brusciano, periferia di Napoli, grande paese di 16 mila abitanti, queste sono le settimane in cui si prepara la grande festa di sant’Antonio. In suo onore, e in ricordo di un miracolo, si innalzeranno i colossali «gigli», obelischi di legno alti 25 metri: saranno portati a spalla nel giorno sacro del Santo. Il paese, ogni domenica, da qui al 13 giugno, sarà percorso da processioni. L’immagine di sant’Antonio, così, si unisce nel cielo di Brusciano ai lunghi nastri bianchi e azzurri, alle grandi fotografie di Victor Osimhen e del coreano Kim Min-jae. La fede religiosa «si rafforza» nel «miracolo» di uno scudetto.
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