20 Febbraio 2018

La logica imperscrutabile del miracolo

Perché Dio ad alcuni concede un miracolo e ad altri no? E dunque: perché permette la sofferenza?
Sant''Antonio e il miracolo del giovane annegato
Sant'Antonio e il miracolo del giovane annegato

«Ho letto gli articoli Questo è tuo figlio e Verità per mio fratello pubblicati sul numero di gennaio del “Messaggero di sant’Antonio” e vorrei esprimere alcune mie considerazioni. Quando, nel primo scritto, si sottolinea la disponibilità del frate confessore al dialogo con il penitente mi sono chiesto: quanti sono i frati che si interessano a te come persona e non solamente alle tue vere o presunte mancanze? Ne ho incontrati molto pochi... Poi, sempre in questo articolo, leggendo del sogno in cui sant’Antonio chiede al protagonista della storia di avere fiducia, e il figlio che costui attende nasce sano nonostante le previsioni nefaste dei medici, mi sono domandato: perché a lui sì e a tantissimi altri no? (…) A quanti umani appare in sogno un santo che li rassicura e risana ciò che era malato? (...) A mio modesto parere se ci guardiamo in giro,molto pochi. Io credo che la vera fede non sia quella di credere di poter ottenere un miracolo a scapito di tutti gli altri sfortunati, ma quello di accettare gli eventi, anche i più tragici, “abitandoli” e dando la stura a tutte le nostre energie per viverli cristianamente.

Leggo poi l’altro articolo, nel quale viene sottolineato lo strazio dei famigliari per la scomparsa e la morte di Santiago, difensore dei diritti degli ultimi in Patagonia, e mi dico: non poteva sant’Antonio o qualche suo simile salvarlo? Non avevano forse sperato, pregato, supplicato anche i suoi familiari? In questo caso, invece, il fratello, a seguito della morte, sta agendo tutta una serie di iniziative, aiutato dalle madri di Plaza de Mayo, per trasformare il suo dolore in una protesta collettiva contro il regime per ottenere giustizia. Perché un santo non è apparso in sogno a mia madre rimasta vedova a 44 anni con quattro figli, salvandole il marito? E perché non ha impedito successivamente la morte del più piccolo? La mamma non si è disperata ma con la sua fede è riuscita a crescerci e a farci studiare: anche queste sono storie da far conoscere.

La mia non vuole essere una sterile polemica, ma un invito a mettere in evidenza il coraggio e la volontà di chi non ottiene dal santo di riferimento un salvacondotto per una vita in discesa, ma chiede la capacità di esercitare tutte le proprie energie per vivere bene in questo nostro mondo in ogni circostanza, anche la più difficile».

G. M. - Treviso

 

Cara lettrice, grazie per il suo scritto. Ho scelto di pubblicarlo, tra i tanti che riceviamo ogni giorno, proprio per accogliere la sua giusta richiesta di far conoscere anche storie come la sua, quelle in apparenza non a lieto fine (e sono la maggioranza!), ma nelle quali si mostra il coraggio e la forza della fede di tante persone che «hanno combattuto la buona battaglia e hanno conservato la fede» (cfr. 2Timoteo 4,6-7).

Passo brevemente sulla prima questione da lei posta («quanti frati…») non perché voglia evitarla, ma perché, in base alla mia esperienza, credo che ce ne siano davvero molti di frati sinceramente interessati ad accogliere e ad ascoltare le persone. Ma, come capita sempre, ciò che fa fede è il vissuto personale e mi dispiace molto che il suo l’abbia portata a incontrare religiosi poco disponibili (anche noi siamo dei «poveracci» a cui può capitare la giornata difficile, nella quale non riusciamo proprio a dare il meglio...).

Vengo invece alla domanda cruciale che mi pare sottenda tutta la sua lettera: perché Dio ad alcuni concede un miracolo e ad altri no? E dunque: perché permette la sofferenza? La prima risposta che mi sento di darle è: non lo so e come me non lo sa nessuno, in realtà. Tante parole sono state spese per spiegare quello che in fondo resta uno dei quesiti più inspiegabili dell’esistenza. Ciò che mi sento di dirle, quindi, nel poco spazio che uno scritto consente, è che ogni atto di Dio è funzionale al progetto salvifico che Egli ha per ciascuno di noi.

Per alcuni la salvezza passa attraverso una grazia speciale «visibile» per così dire; per altri passa, come lei ha già sottolineato nel suo scritto, attraverso una grazia meno visibile, ma altrettanto forte, che consente di affrontare le prove più difficili della vita senza perdere mai la fiducia nel Suo amore, riuscendo a dare testimonianza di un bene più grande.

Se ci pensa, la nostra fede sta tutta qui: credere che Dio ci ama e vuole solo il nostro bene. A quanti non ricevono il «miracolo» come comunemente lo intendiamo, dunque, Dio non riserva il suo silenzio ma un amore infinito, «la vicinanza incomprensibile della croce, il mistero carico di speranza della resurrezione. Egli continua ad essere il “Dio con noi” (Mt 1,23), il Dio che “ascolta il grido del povero” (Sal 33), il Dio che ha promesso: “Non vi lascerò, non vi abbandonerò” (Eb 13,5)» (cfr. A. Pangrazzi, Perché proprio a me?, Paoline).

 

Data di aggiornamento: 20 Febbraio 2018
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