Le toppe di Arlecchino
Caro Arlecchino, quando inizio ad «annusare» i colori del Carnevale mi ritorni sempre in mente tu. Forse perché sei la maschera più famosa della Commedia dell’arte o forse perché le nostre storie si assomigliano più di quanto credi.
Sull’origine della tua figura aneddoti, storie e leggende si sprecano. Di certo sappiamo che sei nato a Bergamo nel XVI secolo e che eri particolarmente povero. Questo ti ha costretto a provare a cambiare, a metterti in gioco per uscire da una situazione negativa.
Così, mentre inizialmente eri considerato poco più di un servo sciocco, piano piano sei diventato la maschera che tutti noi amiamo e conosciamo. Così famoso che, ancora oggi, il costume più diffuso tra i bambini nel giorno di Carnevale è proprio il tuo.
Come hai creato il tuo mito partendo da quei bassifondi polverosi, tra tante difficoltà? Io forse lo so, e probabilmente lo sanno anche altri con una storia simile alla nostra. Prima di tutto hai utilizzato l’astuzia.
Non sto parlando di furbizia, un sostantivo con un’accezione tutt’altro che positiva e che, troppo spesso, danneggia gli altri. Sto parlando di intelligenza e arguzia che hanno contribuito a costruirti un’identità consolidata, precisa e riconosciuta.
Sicuramente hai utilizzato tantissima creatività, un ingrediente fondamentale. Questa è evidente anche nel tuo costume. Forse non tutti sanno che, in origine, la tua maschera nasce di colore totalmente bianco, proprio come quella del tuo amico napoletano Pulcinella.
Col tempo, però, hai iniziato a rattoppare il tuo vestito con toppe romboidali di ogni colore, abbinandole in maniera casuale, tanto pratica quanto divertente. A furia di rattoppare hai creato qualcosa di unico, di inconfondibile proprio come il tuo carattere ironico, scherzoso e in certi casi, diciamolo pure, molto dispettoso.
Pensa un po’ che oggi alcuni noti stilisti utilizzano vestiti molto simili al tuo per creare costosi capi d’abbigliamento all’ultima moda. D’altra parte, il mondo si divide tra chi la moda la segue e chi la moda la fa!
Ti scrivo perché meriti di essere ricordato non solo per il tuo abito o per i tuoi scherzi, tanto che, devo ammetterlo, esiste un modo di dire poco carino su di te: «Non fare l’Arlecchino!» ovvero non fare il buffone. Io infatti so che tu sei molto altro. Per emanciparti dall’anonimato è stato fondamentale il tuo modo di rapportarti con i poteri forti, che tu non hai mai amato.
Sappiamo però quanto sia importante, dal punto di vista economico e da quello del riconoscimento dei diritti, fare «buon viso a cattivo gioco» con chi tiene in mano i fili del nostro mondo. Avere il coraggio e la faccia tosta di pretendere ciò che ci spetta è necessario per prenderci il nostro posto nel mondo.
In fondo la tua storia, caro amico, ci racconta di una bellissima possibilità, quella di poter fuggire dall’emarginazione e dalla sofferenza per realizzare i nostri desideri o, almeno, per migliorare il nostro quotidiano. E questa possibilità è data a ciascuno di noi. Perché, se guardiamo bene, chi ci appare solamente come un insieme di toppe colorate, in realtà è colui che può insegnarci a vivere a colori. Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.
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