Con gli occhi di Maria
A dicembre i vicoli dei paesini del Molise, solitamente silenti e vuoti, brulicano di vita. È la magia del presepe vivente che porta le famiglie a organizzarsi. Tutti sono coinvolti, piccoli e grandi. Un vero oratorio invernale. Si guarda il paese con occhi nuovi per decidere gli itinerari, il luogo della grotta o chi farà Gesù Bambino. Ognuno si concentra sull’obiettivo di organizzare quel presepe con gli occhi di Maria. Il piccolo e la mamma sono scelti con tenerezza. Ancora una volta si ripete il mistero più grande della storia: Maria contempla il figlio, la creatura guarda con stupore il creatore, nato dal suo ventre. Non riusciremo mai a cogliere fino in fondo la profondità di quella meraviglia. La liturgia lo ha ben descritto quello sguardo, con una serie di antifone che si cantano durante la novena di Natale, dal 17 al 23 dicembre. Ve ne cito una, quella del 20 dicembre, che tanto mi piace: «O Chiave di Davide, scettro della casa di Israele, che apri e nessuno può chiudere; chiudi, e nessuno può aprire: vieni, libera l’uomo prigioniero, che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte!». È una delle sette, cantate al Magnificat dei Vespri solenni – chiamate antifone «O», perché tutte cominciano con un’espressione di meraviglia –, capaci di far germogliare anche in noi la bellezza della poesia pregata: «O Sapienza», «O Adonai», «O Germoglio», «O Chiave», «O Astro che sorgi», «O Re delle genti», «O Emmanuele». Sette capolavori letterari. Un piccolo trattato di cristologia, per descrivere tutta la grandezza del Padre celeste, nel darci il suo Figlio Gesù.
Ma per ben capire il grande mistero del Natale, rileggo un libro di un mio sacerdote, don Domenico Di Franco, che in un suo saggio, Il peccato nascosto da portare alla luce, espone la tesi secondo la quale il peccato originale è superato dal Natale. Nel giardino dell’Eden il serpente riesce a sedurre Eva e Adamo con un trucco: li spinge a vedere Dio con gli occhi del diavolo. Davanti all’albero «carico di frutti, buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza» (Gen 4,6) il serpente falsifica la verità su Dio. Toglie lo stupore dell’incanto creaturale, insinuando un mortale dubbio: Dio ti è nemico! Ti frega sempre! Ti ha creato, certo, ma poi non ti lascia libero di decidere della tua vita. Negli occhi di Eva lo stupore si tramuta in tristezza e paura. Allora Adamo fugge e si nasconde, perché sente di essere nudo. Cioè senza dignità e senza speranza. Chi potrà restituire la luce vera a quegli occhi? Soltanto Maria. E proprio nel presepe. Davanti al bambinello, Figlio suo e insieme Figlio di Dio, gli occhi dell’umanità ritornano allo stupore, perché Maria è stata riempita di Spirito Santo. Il diavolo seduce; lo Spirito conduce. Il diavolo occulta; lo Spirito svela. Eva, con gli occhi del diavolo; Maria, con lo sguardo dello Spirito. Questa è la storia della salvezza! Uno sguardo opposto, che arriva fino a noi e chiede chiarezza: io, con quali occhi vedo la mia vita e il mio prossimo? Con gli occhi di Eva o di Maria? Il presepe parla, contempla, purifica i nostri occhi. Perché è stupore intatto e verginale, restituito all’umanità con gratitudine.
Nulla è più dolce del miracolo che si compie per noi a Natale. San Bernardo lo riassume con questo monito: «Edifichiamo la nostra fede, in modo che se non possiamo vedere le cose meravigliose che sono riservate per noi, possiamo contemplare almeno un poco le cose meravigliose che sono avvenute sulla terra a causa nostra. Quell’onnipotente maestà ha compiuto, nell’assunzione della nostra carne, tre opere, tre unioni così meravigliosamente eccezionali e così eccezionalmente meravigliose che non sono mai avvenute, né mai avverranno cose simili sulla Terra. Si sono uniti insieme Dio e l’uomo, la Madre e la Vergine, la fede e il cuore dell’uomo». Stupiamoci ancora. Sempre.