Cervello ribelle
«Siamo i ribelli della montagna / viviam di stenti e di patimenti / ma quella fede che ci accompagna / sarà la legge dell’avvennir». Così il cantautore Cisco, storica voce del gruppo rock Modena City Ramblers, ricordava i giovani partigiani che si opposero al regime nazifascista durante la Seconda Guerra Mondiale.
«Ribelle« è un termine di grande fascino e capita spesso di incontrarlo associato a eroi ed eroine, oppure a chi, come i partigiani cantati da Cisco, si oppone con coraggio alle ingiustizie. Quasi mai, diciamocelo, associamo il termine alla disabilità. Mesi fa, però, ho incontrato questa parola in un contesto diverso dal solito, all’interno di un programma televisivo molto seguito e da poco entrato nelle nostre case.
Sto parlando di Nemo. Nessuno escluso, una delle ultime novità di Rai2, che affronta il tema della diversità attraverso molteplici angolazioni e punti di vista, a partire dalla voce di chi ne fa esperienza. Ad affrontare la sfida con grande stile è stato il giornalista Gianluca Nicoletti, speaker di Radio24 e padre di Tommy, un ragazzo di 18 anni con autismo.
Non entro nel merito del suo sferzante discorso – che tuttavia vi esorto a guardare sui canali di Raiplay – se non attraverso alcuni concetti chiave che credo meritino un approfondimento.
Nicoletti definisce il cervello di Tommaso un »cervello ribelle«, un cervello, cioè, che non segue le regole, le direzioni consuete, ma che percorre una strada propria. Una definizione che viene immediato associare al cosiddetto «pensiero divergente» che tutti conosciamo, quel pensiero, cioè, che di fronte alla difficoltà sa scorgere non solo la soluzione ma anche la creatività.
Eppure papà Gianluca non si ferma qui. Introduce e condivide con noi un altro concetto fondamentale, l’idea cioè che i cervelli ribelli siano in grado di provocare cambiamenti, movimenti e scombussolamenti in una nuova ridefinizione della realtà e della società nel suo insieme. Si tratta di un fatto piuttosto semplice da comprendere, meno da mettere in atto con coerenza. Nicoletti fa un esempio chiaro: »Mio figlio ha compiuto 18 anni. Gli abbiamo fatto una bella festa e anche lo Stato gliel’ha fatta. Tommy, infatti, ha smesso di essere autistico«.
L'ironia qui centra un altro punto fondamentale: l’invisibilità. Una volta divenuti adulti, il ragazzo o la ragazza disabili cessano di essere seguiti dai servizi e, soprattutto, se la disabilità non è prettamente motoria, si trovano di fatto davanti a poche possibilità di scelta, spesso onerose e con ridotti margini di autonomia. Il giornalista non ci sta, questo per suo figlio non lo può proprio tollerare, e va avanti nella sua arringa, accattivante come un attore e credibile come solo un papà può essere, tirando così in campo il suo e il nostro cervello.
Capace di evolversi, modificarsi, riplasmarsi e rifondare il nostro modo di guardare il mondo, il cervello è personale, appartiene a tutti ma non ce ne sarà mai uno completamente uguale all’altro. Che mondo sarebbe se no? La risposta, ci dice Nicoletti, sarebbe un mondo immobile. Ecco qui un bel modo per guardare alle nostre sinapsi e ai loro viaggi. Ecco qui un bel modo per ripensare l’autismo.
E voi, avete dei cervelli ribelli? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina facebook.