Il quarto d'ora di notorietà
Ultimamente sono sulla bocca di tutti. Basta che mi si nomini e s’impenna lo share. Scateno la fantasia dei titolisti. Ho un forte ascendente sugli editorialisti. E, come se non bastasse questo profluvio di primi piani e di prime pagine, per bookmaker più scafati sono già il vincitore morale del festival di Sanremo.
Ma forse è ora che sveli il mistero: io sono il migrante. Questa è la versione base. Ma mi potete trovare anche nella versione «migrante economico» oppure in quella più aggiornata di «migrante climatico». Ma queste sono pignolerie da addetti ai lavori.
La destra, stando alla sinistra, non è che mi voglia granché bene. Interpellata in proposito, si difende: non è che ce l’abbiamo con te, anzi, vorremmo pure aiutarti, ma preferiamo farlo a casa tua. La sinistra, a detta della destra, specula sulle mie disgrazie e fa arricchire le coop rosse. Io mi godo l’inattesa notorietà e non controbatto. Non ho modo, perché si parlano tra di loro. A dire il vero, sul web potrei anche dire la mia. Ma mi astengo. Perché mi sono montato la testa. D’altronde, se persino il capo di Stato nel suo discorso di fine anno trova il tempo di rivolgerti un pensiero, la massa indistinta del web la snobbi.
Ma non tutti nel web sono canaglie. Una signora, ad esempio, ha sempre una parola per me. Mi difende da «quei buzzurri della Lega» (parole sue). Mi chiama «fratello» o «amico». E non dimentica mai di ricordare che anch’io sono pur sempre umano come lei. Non è buonista. No, lei è oltre: nei pressi della santità.
Ora non vorrei sembrare irriverente, ma secondo me qui stanno esagerando un po’ tutti. Forse non hanno ben chiaro chi io sia davvero. Io sono il kebabbaro pakistano vicino a casa, la coppia di domestici filippini, la badante… Insomma, non sono un tipo avvezzo alle luci della ribalta. Ma mi godo il quarto d’ora di notorietà. Perché, come si dice: «bene o male, purché se ne parli». Magari, anch’io come tutti i vip ho le mie pretese, tenendo bassi i toni e le mani in tasca.