Coppie giovani: lontane dalle famiglie d'origine
«Cari Edoardo e Chiara sono una mamma di due figli ormai grandi, un maschio di 33 anni e una femmina di 29. Mia figlia ormai convive da un anno con il suo ragazzo in un appartamento in affitto a qualche chilometro da casa nostra e il loro progetto è di sposarsi e, nell’attesa di avere dei figli, costruirsi la loro abitazione definitiva. La questione nasce dal fatto che, assieme, hanno partecipato a un corso fidanzati e in una delle serate il relatore dell’incontro ha detto loro che non è mai bene andare ad abitare vicino ai propri genitori e che sarebbe meglio averli a distanza di automobile. Noi avremmo la possibilità di far costruire per loro una casa adiacente alla nostra e io e mio marito li potremmo sostenere economicamente in questo, ma se vanno ad abitare lontano da noi allora dovrebbero comprarsi anche il terreno e sarebbe una spesa molto più importante. Comunque non condivido questo suggerimento: non capisco perché non dovrebbero venire vicini a noi: quando avranno dei figli li potrei aiutare tenendoglieli, ci si potrebbe vedere molto più agevolmente e non mi sembra di essere una mamma impicciona. Volevo sapere che cosa ne pensavate voi al riguardo».Una mamma preoccupata
Carissima signora, grazie per la possibilità di riflessione che ci dà rispetto a un tema così delicato, ma al contempo fondamentale. Cominciamo con un paio di premesse, per contestualizzare meglio la questione.
La prima è che, come scriveva in un famosissimo testo il poeta Gibran: «I tuoi figli non sono figli tuoi. Sono i figli e le figlie della vita stessa». Se i figli non sono una nostra proprietà, allora non è possibile pensare di tenerli vicini a noi per poter continuare a godere della loro presenza. Noi genitori siamo solo dei collaboratori del Dio della vita, ma la loro patria non siamo noi, è il mondo e, nell’accezione della vita realizzata, il Regno di Dio.
Una seconda premessa è legata alla tappa del ciclo vitale di due giovani che stanno formando la propria «membrana di coppia», cioè quella nuova identità che non li caratterizza più socialmente come figli ma come compagni e prossimamente come coniugi. Questa giovane coppia ha, appunto, come primo obiettivo del proprio tempo di vita quello di plasmare una «membrana» sufficientemente spessa da non far entrare nella propria relazione troppi elementi estranei, ma anche sufficientemente permeabile, in modo da permettere un’interazione della coppia con elementi sani della realtà, rendendola di fatto sufficientemente aperta. Per permettere il costituirsi di questa semipermeabilità i due giovani dovranno trovare delle nuove distanze con le proprie origini, quindi con i propri genitori. Non troppo lontani per non rischiare di perdere quella trasmissione di sapere e di affetto che i propri genitori continuano a garantire, ma neppure troppo vicini rischiando un’intrusività che non permetta alla coppia di formare una nuova e originale famiglia che mescoli il meglio delle due stirpi con spazi di creatività.
Siamo d’accordo con lei, signora, sul fatto che non si debba generalizzare, che non tutte le suocere sono delle vipere ficcanaso, ma è anche vero che, quando si parla a un pubblico di coppie che si apprestano a fare un passaggio definitivo nella loro vita, vige il principio di prudenzialità: è sempre meglio fare una scelta prudente piuttosto che sottovalutare alcune dinamiche, rischiando poi di trovarsi in una situazione scomoda e difficile da gestire per tutti.
Le possiamo assicurare che sono veramente molte le coppie che ci hanno raccontato loro difficoltà causate dalla vicinanza con le famiglie di origine. Una scelta che spesso ha creato solo tensioni e fatiche, azzerando qualsiasi vantaggio legato all’avere chi tiene i propri figli gratuitamente e con amore. Le situazioni peggiori sono quelle in cui il novello sposo (o la novella sposa) che abita vicino ai propri genitori continua a fare il figlio (o la figlia) come se non si fosse mai sposato; oppure quelle in cui il figlio (o la figlia) giustifica sempre e comunque i propri genitori e patteggia per loro anche se non rispettano i confini della nuova famiglia. Oppure ci sono altre situazioni in cui il figlio (o la figlia) che vive vicino ai propri genitori si rende conto della loro invadenza o intrusività e, pentendosi della scelta abitativa, vorrebbe trovare una soluzione più idonea per tutelare la propria famiglia, ma non può farlo a causa dell’investimento economico compiuto e dello strappo doloroso che causerebbe ai propri genitori con la scelta di andarsene.
Lo so benissimo che le intenzioni dei genitori delle giovani coppie nascono da buonissimi propositi; nessuna famiglia che poi concretamente ha guastato il matrimonio del proprio figlio (o figlia) lo voleva fare, anzi, quasi sempre voleva essere di aiuto, essere presente, ma poi le cose non sono andate a buon fine proprio per la delicatezza degli equilibri in gioco.
Carissima mamma preoccupata, lo avrà già capito: siamo d’accordo con quanto è stato detto al corso. Quei pochi chilometri di distanza, che pur da soli non bastano, possono di certo facilitare un processo di costruzione dell’identità di coppia che non è assolutamente semplice.
Sappiamo di averle scritto cose «scomode», ma solo chi «ti scomoda» un po’ spesso vuole il tuo bene. Un figlio che onora il padre e la madre non è un figlio che fa quello che piacerebbe ai propri genitori, ma è un figlio che trova la propria libera e creativa strada verso una felicità adulta.
Edoardo e Chiara Vian
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